Il tempo delle dichiarazioni di superiorità assoluta, delle IA blindate e delle presentazioni pirotecniche è finito. Baidu, il gigante di Pechino che fino a ieri si atteggiava a custode geloso del proprio tesoro algoritmico, ha compiuto una virata spettacolare quanto inevitabile: ha rilasciato in open source dieci varianti del suo modello Ernie 4.5 su Hugging Face, con taglie che vanno da una snella 0.3 miliardi di parametri fino al mastodonte da 424 miliardi. È come se Microsoft si mettesse a regalare copie di Windows, con tanto di codice sorgente e manuale d’uso allegato.
Eppure, meno di un anno fa, Robin Li, CEO di Baidu, dichiarava pubblicamente che “gli LLM open source non potranno mai eguagliare la potenza dei nostri modelli proprietari”. Chissà se oggi rilegge quelle frasi con un sorriso ironico o con l’amaro in bocca. Ma una cosa è certa: nel panorama AI cinese si è rotto un argine, e la diga dell’open source ora travolge anche chi voleva dominare la partita a porte chiuse.
Il colpo di grazia alla strategia di chiusura lo ha dato DeepSeek, lo start-up ribelle di Hangzhou che a inizio 2025 ha scombussolato le gerarchie pubblicando modelli come V3 e R1 capaci di battere in performance colossi molto più pesanti, sia in senso computazionale che burocratico. Baidu ha dovuto fare i conti con la nuova realtà: l’AI cinese è entrata nella fase “open race”, dove chi non condivide, scompare. E mentre Alibaba continua a macinare successi con la serie Qwen, diventata una delle più utilizzate al mondo, anche Huawei ha aperto le gabbie e rilasciato i suoi Pangu, rincarando la dose di trasparenza.
Il modello Ernie 4.5 da 300 miliardi di parametri ha già ottenuto risultati superiori rispetto a DeepSeek V3 in diversi benchmark, dimostrando che il potere non sta tanto nelle dimensioni del modello, ma nella qualità delle sue connessioni, nei pesi ben calibrati e nella struttura architettonica. Non si tratta solo di NLP: Baidu ha costruito un’architettura multimodale, un heterogeneous mixture-of-experts capace di spaziare dalla comprensione testuale alla visione artificiale, fino al ragionamento intermodale. Insomma, un Ernie più maturo, più snello, ma decisamente più furbo.
Interessante notare come la strategia “open” di Baidu non sia solo un atto di trasparenza tecnica, ma anche un tentativo deliberato di riallinearsi agli standard internazionali, specie in un momento in cui l’AI occidentale sembra sempre più in preda al caos regolamentare e al monopolio di poche mani. Con la licenza Apache 2.0, chiunque potrà integrare, modificare e persino rivendere Ernie 4.5. Una mossa azzardata? Forse. Ma in un’epoca in cui i modelli vengono “fine-tunati” come motori da Formula 1 e il vero vantaggio competitivo sta nel prompt engineering e nel deployment, l’algoritmo nudo non è più un vantaggio strategico, è solo l’inizio della partita.
Il passaggio all’open source rappresenta anche una scelta culturale. In Cina, dove la competizione tra giganti digitali è da sempre alimentata da un’ideologia di autosufficienza e sovranismo tecnologico, questa apertura segna un cambio di paradigma. Il controllo centralizzato dell’innovazione non funziona più. Se Alibaba, Huawei, Baidu, Moonshot AI e MiniMax hanno tutti smesso di chiudere il codice, vuol dire che la nuova moneta di scambio è la reputazione scientifica, la fiducia della community e la diffusione virale dei modelli.
Quello che Baidu ha capito troppo tardi è che trattenere la conoscenza oggi equivale a rallentarne il valore. Le intelligenze artificiali open source sono diventate i nuovi blockchain: strumenti trasparenti, replicabili e, soprattutto, auditabili. Ed è proprio l’auditabilità che diventa l’asset principale in un contesto globale in cui la regolazione dell’AI si muove sempre più verso la tracciabilità, l’accountability e la sicurezza dei modelli.
Ma andiamo oltre la facciata tecnica. Dietro la decisione di Baidu c’è anche la consapevolezza amara che l’epoca dei walled garden è finita. Oggi chiudersi significa uscire dai radar degli sviluppatori, e restare fuori dai circuiti di diffusione dei modelli è una condanna a morte per qualunque player AI. Hugging Face non è più solo un repository: è il Google degli LLM. Non esserci equivale a non esistere.
Ciò che però colpisce è che questo passaggio epocale non è stato celebrato con fanfare. Niente conferenze stampa, niente roboanti annunci governativi. Solo un aggiornamento su Hugging Face e un documento tecnico denso, ricco di dettagli architetturali, ma privo di storytelling. È come se Baidu volesse quasi far passare sotto traccia un atto rivoluzionario, timoroso di ammettere che l’ha fatto perché costretto.
D’altro canto, la concorrenza interna brucia. MiniMax e Moonshot AI, i due giovani leoni dell’AI cinese, stanno giocando una partita tutta diversa: open, agile, senza zavorre corporative. Mentre Baidu e Huawei arrancano sotto il peso delle loro infrastrutture legacy, i nuovi player spingono sulla ricerca pura, pubblicano su arXiv, conquistano la scena internazionale, e sì, guadagnano anche un’aura di legittimità scientifica che ai giganti manca.
In questo scenario, il rilascio open source di Ernie 4.5 può sembrare una capitolazione, ma in realtà è un rilancio. Baidu ha ancora le carte giuste: un team tecnico competente, una solida base infrastrutturale e una posizione privilegiata nell’ecosistema cinese. Ma ora deve dimostrare di saper giocare a un nuovo gioco: quello della collaborazione, della trasparenza e del valore distribuito. Non sarà facile per chi ha passato anni a costruire muri, abituato a ragionare in termini di vantaggio competitivo chiuso.
Il paradosso è che, mentre l’Occidente si dibatte tra il controllo dei modelli open (vedi il caso Meta con Llama 3) e le ansie da sicurezza, la Cina ha imboccato una strada che potrebbe paradossalmente renderla più influente. Perché chi controlla l’open source, controlla il futuro. E Baidu, con la sua sterzata tardiva ma potente, potrebbe essersi appena assicurato un posto nel motore del mondo.
Ma attenzione: l’open source non è una panacea. È un’arma a doppio taglio. Rilasciare un modello significa anche esporsi a critiche, fork ostili, e soprattutto, a un mercato in cui la qualità tecnica da sola non basta. Ora che Ernie 4.5 è tra noi, Baidu dovrà rispondere a una domanda molto semplice: sei davvero pronto a essere giudicato dal codice?
E in fondo, forse è proprio questo il vero turning point. Non la scelta di aprire. Ma quella di accettare il giudizio della comunità. Il vero deep learning non è nei modelli, ma nella capacità di imparare dai propri errori. Anche se li hai fatti in pubblico. Anche se ti chiami Baidu.