Benvenuti nel futuro dell’istruzione, dove le lavagne si trasformano in chatbot, le verifiche si scrivono da sole e l’insegnante è assistito da un’intelligenza artificiale che sa tutto, ma con un’interfaccia amichevole e un sorriso sintetico. Google ha appena lanciato una serie di aggiornamenti per la sua piattaforma Classroom, e il messaggio è chiaro: l’educazione tradizionale è morta, viva l’educazione algoritmica. Al centro dell’evoluzione ci sono le nuove funzionalità di Gemini AI, che non si limitano più a un pubblico adulto, ma aprono ufficialmente le porte ai minori, sdoganando l’idea che anche lo studente delle medie possa avere un assistente cognitivo personale. Chi ha detto che l’AI non è una questione per bambini?

La vera notizia, in realtà, non è tanto che Google voglia migliorare la didattica con strumenti digitali quello è il solito refrain da conferenza educativa quanto il fatto che l’ecosistema di strumenti lanciati trasforma il docente in una figura aumentata, dotata di poteri sovrumani. Con un account Google Workspace, l’insegnante avrà ora a disposizione una scheda Gemini dedicata nel proprio Classroom: un vero e proprio cockpit per generare piani di lezione, problemi di matematica e perfino email amministrative. Non servono più ore di preparazione o brainstorming notturni: l’AI suggerisce, scrive, assembla. La scuola si automatizza e, sorpresa, non si ribella.

La trasformazione è tale da far impallidire la rivoluzione della LIM. E per chi ha accesso all’edizione Education Plus, le lezioni audio generate da Gemini diventano il colpo di grazia alla noia scolastica, con podcast educativi modellati sull’interesse degli studenti e sul contenuto fornito dagli insegnanti. È come avere Spotify, ma con Seneca, Einstein e la prof di scienze che parlano insieme.

Google non si è fermata all’insegnante: anche lo studente diventa protagonista di questa mutazione AI-centric. La novità più potente è infatti l’apertura di NotebookLM agli utenti under 18. Un cambio di paradigma silenzioso, ma dirompente. Questo strumento, originariamente pensato per professionisti e ricercatori, entra ora nella classe media delle scuole, offrendo sintesi interattive, overview audio e assistenza personalizzata basata sui materiali didattici caricati dagli insegnanti. C’è di più: si possono creare “Gems”, agenti AI personalizzati, programmati per diventare tutor digitali su misura. Ogni studente, in teoria, potrebbe avere un proprio AI coach, addestrato sui contenuti delle lezioni. L’epoca dei compiti copiati su Wikipedia è finita: adesso l’AI ti interroga su quanto già sa che dovresti sapere.

La parte interessante è che non si tratta più solo di AI generativa, ma di AI applicata con una precisione chirurgica alla gestione educativa. Con la nuova scheda Analytics, l’insegnante può identificare in tempo reale chi sta migliorando e chi invece sta deragliando, chi ha saltato gli ultimi compiti e chi merita un boost motivazionale. Non servono più colloqui con i genitori o pile di registri da spulciare. L’algoritmo vede tutto. Orwell si sarebbe divertito, o forse spaventato.

Naturalmente, ogni rivoluzione tecnologica arriva con un contorno di effetti collaterali. L’introduzione di strumenti come Google Vids, che permette la creazione automatica di video didattici tramite AI, o del comando “help me create a form”, trasforma la creatività dell’insegnante in una questione di prompt engineering. Chi sa dialogare con Gemini vince. Chi si ostina a scrivere a mano, perde. È l’evoluzione darwiniana della pedagogia, e non ammette nostalgici.

Il pezzo più controverso, tuttavia, riguarda il controllo diretto degli studenti durante le lezioni, tramite i nuovi “Class Tools”. Una dashboard che consente agli insegnanti di bloccare distrazioni, distribuire contenuti, monitorare attività sui Chromebook collegati. Il sogno di ogni preside con manie di controllo: la lezione come flusso programmabile, l’interazione come set di input-output, lo studente come nodo terminale di una rete decisionale centralizzata. È il panopticon educativo, ma con il logo di Google in alto a destra.

C’è un sottotesto in tutto questo, e riguarda la strategia di fondo. Google sta trasformando le scuole in laboratori di intelligenza artificiale, ma lo fa offrendo il tutto gratuitamente — almeno in apparenza. Gemini Education diventa il livello standard per tutti gli account educativi base, portando con sé i modelli Pro 2.5, quelli che girano con meno limiti rispetto alle versioni consumer. È un’operazione di lock-in raffinata: si comincia con lo strumento utile e gratuito, si prosegue con l’abitudine e la dipendenza sistemica, si finisce per non poter più fare lezione senza. L’educazione come servizio gestito, fornito da un’azienda privata che detiene i dati, i modelli, i flussi cognitivi. L’infrastruttura pedagogica diventa piattaforma. E a quel punto, chi possiede la piattaforma possiede anche la mente collettiva.

A fare da contorno hardware ci sono dodici nuovi modelli di Chromebook, Chromebook Plus e dispositivi OPS pensati per la didattica frontale. Tutto perfettamente compatibile con le nuove funzionalità. Non serviva specificarlo, ma lo facciamo per completezza: è la solita integrazione verticale, dove l’hardware serve a vendere l’ecosistema, e l’ecosistema serve a vincolare l’utente. Gli Asus, i Lenovo e i vari display da parete sono l’involucro lucido per un cambiamento molto più profondo: quello della sostituzione progressiva del pensiero critico con l’assistenza predittiva.

Nel complesso, Google non sta semplicemente aggiornando una piattaforma didattica. Sta ridisegnando le fondamenta cognitive su cui si costruisce l’educazione. L’atto del pensare viene ora mediato da un’intelligenza sintetica che suggerisce, corregge, anticipa. E in un mondo dove anticipare significa anche influenzare, il rischio è che l’autonomia intellettuale venga lentamente sostituita da una docilità assistita.

La scuola non sarà più un luogo dove si impara a ragionare, ma un ambiente in cui si impara a usare l’AI per farsi spiegare come ragionare. È una differenza sottile, ma decisiva. E per quanto tutto questo possa sembrare una distopia da romanzo di Neal Stephenson, è già realtà in rollout.