C’è qualcosa di profondamente inquietante nell’accendere uno schermo e ritrovarsi bombardati da video “deepfake” di disastri naturali inesistenti, animali che suonano il pianoforte con la precisione di un concertista russo, o paesaggi surreali che sembrano il peggior incubo di uno studente di Blender al primo anno. Tutto generato da intelligenza artificiale. Tutto incredibilmente brutto. Eppure, lì sotto, a fare da coro di sirene digitali, trovi centinaia, spesso migliaia di commenti che proclamano: questa è la nuova arte. Il nuovo Rinascimento, ma con più GPU e meno Leonardo.
Eccoci di nuovo: la Silicon Valley, in piena esaltazione messianica, ci dice che l’intelligenza artificiale generativa cambierà tutto. Hollywood morirà, sostituita da prompt testuali e diffusione latente. I film verranno “scritti” in una riga, girati da modelli e renderizzati in 4K mentre ci prepariamo il caffè. Sembra una trama scritta da un algoritmo. In effetti, lo è. La realtà però, come sempre, è meno glamour: la maggior parte di questi video sembrano il risultato di un’interferenza su un vecchio televisore analogico, con l’estetica confusa di una copia corrotta di The Sims e il ritmo narrativo di un video TikTok da tre secondi.