
Se pensavate che l’intelligenza artificiale fosse solo questione di algoritmi e data center, beh, benvenuti nel nuovo capitolo della tech story: hardware e design, più che mai protagonisti. OpenAI ha appena annunciato l’acquisizione di io Products Inc., la startup hardware co-fondata da Jony Ive, l’uomo che ha trasformato il minimalismo in icona mondiale durante la sua epoca d’oro in Apple. Ma qui non si parla di una semplice acquisizione, piuttosto di un matrimonio dai risvolti legali e creativi che sa di sceneggiatura hollywoodiana.
Inizialmente, la comunicazione ufficiale era un gioco di specchi: nessun riferimento diretto a Jony Ive o LoveFrom, la sua società creativa indipendente. Solo un enigmatico “io Products Inc.”. Poi, il tutto è stato rimosso dal sito OpenAI, in seguito a una battaglia legale con Iyo, startup di dispositivi acustici nata dal Google X lab, il celebre incubatore di idee folli di Google. Doppia “i”, ma sufficiente a scatenare un contenzioso che ha fatto sparire il video social e la pagina blog ufficiale che raccontava il matrimonio tra design e AI.
Ora, la pagina è tornata online, con una nota più esplicita e meno criptica: “Siamo entusiasti di annunciare che il team di io Products, Inc. si è ufficialmente fuso con OpenAI. Jony Ive e LoveFrom rimangono indipendenti e hanno assunto profonde responsabilità nel design e nella creatività di OpenAI”. Tradotto: Ive non si sposa completamente con OpenAI, ma diventa il deus ex machina dietro le quinte del design dei prodotti AI, una specie di Virgilio per il viaggio tecnologico del colosso di San Francisco.
Questo passo segna una svolta significativa nell’approccio di OpenAI: non più solo software, ma un impegno deciso nell’hardware, costruito intorno a un’estetica e a un’esperienza utente curate come un orologio svizzero. È un’ironica rivoluzione se si pensa a quanto la AI sia spesso associata a interfacce spoglie e funzionali, più macchina da guerra che oggetto di desiderio.
L’inclusione di Ive, un architetto del design industriale, che ha scritto pagine indelebili nell’epoca moderna della tecnologia, indica che OpenAI punta a un posizionamento più sofisticato, forse in direzione di dispositivi AI dedicati, che non siano solo strumenti ma anche status symbol, capaci di creare un ecosistema che richiami Apple più che un laboratorio di ricerca pura.
Ecco una curiosità: la rimozione del video social con Altman e Ive, causata da un conflitto di marchi con Iyo, racconta molto del campo minato legale in cui le startup tech si muovono oggi, soprattutto quando si avvicinano ai confini tra hardware, design e software. In un mondo dove anche due lettere possono scatenare cause miliardarie, la prudenza è d’obbligo.
L’approccio di OpenAI con io Products e Ive si può leggere come una sfida: far convivere l’efficienza pura dell’intelligenza artificiale con l’emozione del design, un compito più difficile di quanto sembri. Perché un dispositivo AI che non sappia incantare oltre la sua funzionalità rischia di restare solo uno strumento, mentre se ci riesce può diventare il prossimo oggetto del desiderio di massa, venduto a milioni come un iPhone.
Questo matrimonio, tutto da decifrare nei prossimi mesi, ribadisce che il futuro dell’AI non sarà soltanto nei dati o nei modelli, ma anche nel modo in cui questi ultimi dialogheranno con le persone attraverso oggetti di design pensati per emozionare, non solo per calcolare.
Insomma, se Altman e Ive stanno scrivendo un nuovo capitolo della tecnologia, possiamo aspettarci che quel “io” non sia solo un pronome personale, ma l’inizio di una rivoluzione che parte dal cuore del prodotto, dal gesto del design, per arrivare a una AI che non solo funziona, ma seduce. Per ora, il palco è allestito, la regia è affidata ai migliori. Il copione? Da scrivere.