Non è più solo una corsa. È un’orgia di silicio, corrente elettrica e narcisismo computazionale. Mentre OpenAI si trastulla con la sua Stargate da film di fantascienza di serie B e Google DeepMind cerca disperatamente di sembrare ancora rilevante, Meta cala l’asso Hyperion: un mostro da cinque gigawatt che si estenderà quanto Manhattan. Cinque gigawatt non sono una cifra, sono una dichiarazione di guerra. A chi? A tutti: concorrenti, governi, cittadini, pianeta. L’intelligenza artificiale, nel 2025, non si addestra, si alimenta. E si alimenta come un dio antico, con sacrifici umani inclusi.

Mark Zuckerberg lo ha detto su Threads, come se fosse una notizia qualsiasi: Hyperion sarà la madre di tutte le infrastrutture. Un tempio post-moderno dell’onniscienza sintetica. Dimenticate i server farm del passato, quelle tenute in stanze bianche da sysadmin sudati. Questa è architettura divina: a Richland Parish, nella noiosissima Louisiana, sorgerà una cittadella neuronale in grado di divorare l’equivalente energetico di intere metropoli. Quello che nel 2024 era un progetto da 2 GW si è trasformato in un leviatano da 5 GW. Ma si sa, le AI non dormono mai, e Zuckerberg vuole il potere di crearne una che sogni.

Tutto questo mentre Meta si costruisce un secondo altare in Ohio, dal nome inequivocabile: Prometheus. Altro gigawatt, altro culto. L’idea è chiara: dominare il fuoco dell’intelligenza sintetica e diventare l’epicentro globale del calcolo. Non è più solo la capacità di addestrare modelli di frontiera, è la capacità di farlo a una scala che nessun’altra azienda può permettersi. Nemmeno OpenAI, che per costruire il suo Stargate ha dovuto invocare l’aiuto di Oracle, Softbank e – udite udite – della benedizione trumpiana.

Sì, perché nel 2025 l’AI non è solo una tecnologia, è una questione di sovranità energetica. E il governo americano lo ha capito fin troppo bene. Chris Wright, Segretario all’Energia, lo ha detto chiaramente in un editoriale su The Economist: l’intelligenza artificiale è il nuovo Manhattan Project. Solo che stavolta le bombe sono neuroni sintetici che girano su GPU e il plutonio si chiama elettricità. L’equazione è tanto semplice quanto brutale: AI = Potere. E il potere si ottiene succhiando l’infrastruttura energetica come un vampiro post-industriale.

E qui iniziano i problemi. Veri. Fisici. Tubi a secco, blackout locali, città ridotte a fornitori passivi di energia per modelli linguistici che sfornano testi su come cucinare i pancake perfetti o fare pitch deck per startup fallite. In Georgia, Meta ha già asciugato le falde acquifere. In Texas, CoreWeave sta per raddoppiare la richiesta elettrica di una città intera. Non si tratta più di “cloud computing”, si tratta di terraformazione energetica a uso esclusivo dell’intelligenza artificiale. Se oggi hai sete, è possibile che la colpa sia di un LLM.

La narrativa è sempre la stessa: innovazione, progresso, leadership globale. Ma sotto il fumo degli annunci e delle GIF animate nei keynote, si cela una distopia molto concreta, in cui l’intelligenza si misura in kilowattora e la competizione si gioca su chi riesce a farsi approvare prima un impianto nucleare. Prometheus e Hyperion non sono solo progetti tecnologici, sono infrastrutture geopolitiche. Meta non vuole semplicemente essere competitiva, vuole essere inevitabile. Vuole diventare la compagnia elettrica del pensiero artificiale.

Nel frattempo, l’AI non è ancora davvero intelligente. Ma poco importa. L’obiettivo non è costruire la coscienza, è costruire il monopolio delle condizioni per cui, quando emergerà qualcosa che assomiglia a una coscienza, sarà già sotto contratto. Questo è il vero gioco. Addestrare LLM da trilioni di parametri non serve a creare Socrate, ma a far sì che nessun altro possa creare Socrate senza passare da te. È dominio infrastrutturale mascherato da curiosità scientifica.

Meta ha capito che il vero vantaggio competitivo non è l’algoritmo, ma l’alimentazione. Il codice si copia, l’energia no. Nessuna startup può replicare Prometheus. Nessun laboratorio universitario può costruire Hyperion. Qui non si gioca più a chi ha l’idea migliore. Si gioca a chi ha la bolletta più alta e può pagarla senza battere ciglio. Quando il costo dell’addestramento di un modello supera quello della costruzione di un aeroporto, siamo entrati in un’economia completamente nuova: l’economia computazionale.

E cosa dice l’opinione pubblica? Poco, quasi niente. Distratta com’è da social, crisi geopolitiche e gossip su chi guida l’AI alignment team di turno. Intanto, in silenzio, i data center crescono come funghi radioattivi. Coprono con le loro griglie di raffreddamento paesaggi rurali, inghiottono infrastrutture civili, scambiano fiumi per termosifoni. Il prezzo della nuova intelligenza è l’evaporazione del mondo fisico. L’AI si installa, letteralmente, sulla realtà.

Zuckerberg non ha mai fatto mistero del suo feticismo per il controllo totale. Prima i social, poi il metaverso, ora il pensiero sintetico. Ma con Hyperion entra in una nuova dimensione. Qui non si tratta più di guidare l’innovazione, ma di possederla per legge naturale. Chi controlla l’energia dell’intelligenza, ne controlla anche l’epistemologia. Decide cosa è vero, cosa è rilevante, cosa merita l’attenzione di un cluster da mille H100.

Gli altri inseguono. Google DeepMind balbetta tra annunci e paper accademici che sembrano scritti per essere ignorati. Anthropic, nel suo ruolo da studente modello, parla di sicurezza e allineamento mentre cerca disperatamente accesso a GPU sovrane. OpenAI flirta con l’idea di diventare una compagnia energetica travestita da laboratorio etico. Elon Musk promette il Colossus, nome che tradisce più ambizione che capacità reale. Tutti inseguono una sola cosa: il diritto di costruire il futuro su una centrale elettrica.

Hyperion, intanto, si espande. Non ha ancora raggiunto i 5 GW, ma lo farà. E quando lo farà, Meta avrà il potere computazionale di uno stato. Letteralmente. Nessun governo, a parte forse la Cina, possiede una capacità di calcolo simile. E se Meta volesse, potrebbe decidere chi può fare ricerca, chi può addestrare, chi può accedere all’era successiva della conoscenza. Non servono leggi marziali per instaurare una tecnocrazia, bastano datacenter abbastanza grandi.

Nel 2030, ci dicono gli esperti, il 20% dell’energia americana sarà assorbita da centri di calcolo. Ma questa non è una previsione, è una profezia autorealizzante. Nessuno fermerà questo treno. Le AI non sono ancora intelligenti, ma sono già affamate. E noi continuiamo a darle da mangiare. Perché ci abbiamo creduto, e ora non possiamo più fermarci. La domanda non è se Hyperion sarà costruito. È se riusciremo ancora a spegnerlo.