L’iniziativa annunciata oggi, 16 luglio 2025, dal Financial Times (citato da Reuters, Times of India, India Today e altri), conferma che OpenAI sta sviluppando un sistema di pagamento “in‑chat” per permettere acquisti completi senza uscire dall’interfaccia. I commercianti che gestiranno ordini tramite ChatGPT pagheranno una commissione: una sorta di “pedaggio” sulle vendite generate dalla piattaforma.
Perché è un colpo strategico. Finora OpenAI ha fatto cassa soprattutto con abbonamenti a ChatGPT Plus, ma molti utenti restano fedeli alla versione gratuita—un pubblico finora inavvicinabile dal punto di vista del fatturato. Ora, con il checkout integrato, OpenAI monetizza l’atto stesso di scoperta: quel “ho visto, mi piace, compro” che impatta sugli acquisti di tutti i giorni .
Il partner scelto per spingere il progetto è Shopify, che nel 2025 è già protagonista nei pagamenti in app (TikTok, Instagram…). OpenAI ha già mostrato prototipi a marchi interessati e discusso condizioni finanziarie .
L’effetto sul mercato potrebbe essere dirompente. Già si parla di “AIO” — Artificial Intelligence Optimization — ovvero l’analogo SEO pensato per emergere nelle piattaforme AI. Se le aziende investono in contenuti ottimizzati per comparire tra i suggerimenti di ChatGPT, si potrebbe assistere a un cambio radicale delle dinamiche pubblicitarie, declinando il tradizionale search marketing. Il tutto mentre OpenAI, fino a ieri, nega di voler inserire pubblicità esplicita: “Non vi pagheremo per la posizione”, avrebbe detto Sam Altman, ma qualche fee del 2 % su eventuali vendite possibili è già sul tavolo .
Il segmento ecommerce non è un territorio nuovo: ChatGPT già consiglia prodotti, visualizza teaser con recensioni e link esterni, ma non gestisce né prezzi né spedizioni. Con l’introduzione del checkout “embedded”, tutto rimane nel perimetro ChatGPT, riducendo l’attrito per l’utente — che da navigazione diventa acquisto in un tap .
I rischi sono concreti: suona come una sfida aperta a Google (sul search advertising), Amazon e Walmart (sulle vendite dirette). E apre un nuovo fronte competitivo: Anthropic, Perplexity e altri non staranno a guardare .
Dal punto di vista del business model, OpenAI punta a monetizzare il free-tier senza contaminare (almeno per ora) l’esperienza utente con pubblicità invadente: si guadagna sulle commissioni, non sulle impression. Ma l’AIO sarà inevitabile: le aziende dovranno adattarsi a un ranking invisibile, non più trasparente come Google, e una nuova filiera di ottimizzazione nascerà — con implicazioni su antitrust, trasparenza e accessibilità.