Quando il più grande produttore di semiconduttori al mondo decide di alzare le previsioni di crescita, gli investitori non chiedono spiegazioni, applaudono. TSMC ora parla di un incremento del 30 per cento dei ricavi in dollari per il 2025, un bel salto rispetto alle stime precedenti. È l’ennesima conferma che l’ossessione globale per l’intelligenza artificiale non si sta sgonfiando, anzi continua a drogare i bilanci di chi fabbrica i mattoni su cui si costruisce questa nuova economia cognitiva. Perché è esattamente questo che sono i chip di TSMC, i neuroni artificiali senza i quali nessun modello generativo esisterebbe. Meta, Google, Amazon, tutti continuano a bruciare miliardi per riempire data center, e Nasdaq festeggia come un bambino a Natale.

Ma non facciamoci abbagliare dalle percentuali. La domanda di chip ad alte prestazioni, quelli firmati Nvidia e AMD, sta superando la capacità produttiva disponibile. Questo significa una cosa molto semplice: il collo di bottiglia tecnologico non è ancora stato risolto. C.C. Wei, CEO di TSMC, ha ripetuto che gli ordini AI restano caldi e che non c’è alcun segnale di rallentamento. Bene, ma è davvero tutto così lineare? La sua dichiarazione, pronunciata quasi con tono difensivo, suona più come un messaggio agli azionisti che come un’analisi fredda dei rischi. Se la crescita è così esplosiva, perché ASML, il colosso olandese delle macchine litografiche, ha appena tagliato le sue previsioni per il 2026, evocando “incertezze geopolitiche” e “economia globale instabile”?

La verità è che questo mercato, pompato da una narrativa quasi messianica sull’AI, vive di aspettative più che di dati certi. Nvidia, fresca del titolo di prima azienda della storia a superare i 4 trilioni di dollari di capitalizzazione, è il simbolo perfetto di questa bolla razionale: una valutazione che si regge su un presupposto, cioè che i big tech continueranno a spendere senza sosta per costruire infrastrutture cognitive. Ma quante volte abbiamo sentito questo ritornello in passato? Le dot-com degli anni ’90 applaudirebbero dal loro cimitero.

C’è un dettaglio che molti fingono di ignorare. La spinta all’AI value chain non è infinita, e i segnali di fatica cominciano a vedersi. La questione dei dazi USA, il rafforzamento del dollaro taiwanese, le tensioni tra Washington e Pechino, sono mine nascoste sotto la superficie. Wei stesso ha ammesso, quasi tra le righe, che ci sono “rischi e incertezze” legati a possibili tariffe. Tradotto: se Trump deciderà di alzare la posta nella sua guerra commerciale, il castello di proiezioni ottimistiche potrebbe incrinarsi più velocemente di quanto Wall Street voglia credere.

Eppure i numeri attuali restano impressionanti. Un utile netto di 13,5 miliardi di dollari nel solo secondo trimestre, con una crescita del 61 per cento, e un fatturato che ormai per tre quinti arriva dall’high-performance computing. Il vecchio TSMC dei chip per smartphone è morto e sepolto, quello che rinasce è un gigante che fabbrica cervelli artificiali per data center e server. È qui che si gioca la vera partita geopolitica, più che tecnologica. Ogni nuovo stabilimento, che sia in Arizona, in Giappone o in Germania, è un pezzo di sovranità strategica travestito da investimento industriale. Non è un caso che la società abbia già messo sul piatto altri 100 miliardi di dollari per espandere la produzione fuori da Taiwan.

Quello che nessuno dice apertamente è che questa corsa ha una natura quasi paradossale. L’AI che oggi spinge TSMC verso una crescita record è la stessa che, nel medio termine, potrebbe ridurre la dipendenza dai chip tradizionali grazie a nuove architetture più efficienti. Una citazione di Billy Leung, investment strategist di Global X ETFs, fotografa bene l’euforia collettiva: “supporting the AI value chain, and AI optimism still holds”. Tradotto in linguaggio non edulcorato: il mercato si comporta come se questa catena del valore fosse indistruttibile. Peccato che nessuna catena lo sia.

Se vogliamo un indizio su come questo film potrebbe finire, basta guardare ASML. Quando il principale fornitore di macchine per produrre chip annuncia che le sue stime di crescita vacillano, non sta solo parlando del proprio bilancio, sta mandando un messaggio: la festa potrebbe non durare per sempre. Ma gli investitori, come sempre, preferiscono il rumore delle casse di champagne al suono della ragione.