Amazon sta ammassando emissioni come fossero pacchi sotto Natale, con un bel +6 % nel 2024 rispetto all’anno precedente, toccando 68,25 milioni di tonnellate di CO₂eq, secondo il report ufficiale pubblicato il 17 luglio 2025 . È un’inversione di tendenza, dopo due anni di cali, che dimostra quanto il boom dell’intelligenza artificiale sia stato finora un match vinto dal Pianeta ma perso dall’ambizione ambientale.

La crescita delle emissioni coinvolge tutto lo spettro Scope 1, 2 e 3. Le emissioni dirette (Scope 1) – principalmente dovute alla logistica – sono cresciute del 6 %, per via di forniture in ritardo di veicoli elettrici e carburanti a bassa emissione. Quelle indirette da elettricità acquistata (Scope 2) sono salite dell’1 %, causate dall’enorme richiesta energetica dei data center che alimentano le operazioni AI. Infine, le emissioni indirette da terze parti (Scope 3) sono aumentate anch’esse del 6 %, spinte dalla costruzione di data center e dai partner logistici.

Se confrontiamo il 2024 al 2019, anno di spinta della Climate Pledge, il trend complessivo è un +33 %, mentre le emissioni dirette sono schizzate del 162%. È curioso come le percentuali colpiscono, ma la narrazione ufficiale preferisca parlare di “carbon intensity”, diminuita del 4 % nel 2024 (72,6 gCO₂e per US$ di fatturato), presentata come un indice di progresso. Tradotto: producono più ricavi in proporzione all’impatto CO₂… ma l’impatto assoluto cresce.

Amazon rivendica con orgoglio di aver “bilanciato” il 100 % dell’elettricità consumata con fonti rinnovabili – un record di caparbietà nella sostenibilità aziendale. Peccato che la metà di quei numeri risieda nei REC – certificati che spesso rappresentano energia già prodotta altrove; un trucco da greenwashing denunciato dagli analisti e da gruppi interni come Amazon Employees for Climate Justice. In sostanza: una scommessa a distanza, non un’immediata decarbonizzazione.

La costruzione stessa dei data center in forni di acciaio e cemento genera CO₂ che nemmeno la più verde delle megafabbriche di pannelli solari cancella. Numeri della Bloomberg descrivono la lotta al nucleare e le infrastrutture energetiche fossili strapagate dai governi locali per alimentare il boom AI di Amazon e concorrenti .

Questa voracità energetica non è un’eccezione di Amazon. Il rapporto ITU di giugno 2025 segnala che le emissioni indirette di big tech sono aumentate in media del 150 % tra il 2020 e il 2023, con Amazon al primo posto con un +182 %. Google ha fatto +138 %, Microsoft +155 %, Meta +145 %. Il cielo è il limite – anzi, il recinto del consumo energetico.

Sul fronte della salute e dei costi esterni, Business Insider documenta come il boom dell’infrastruttura IT stia causando l’aumento di malattie, decessi prematuri, asma e spese mediche da 5,7 a 9,2 miliardi di dollari annui . Utilities locali hanno preferito erigere centrali a gas e carbone piuttosto che attendere impianti rinnovabili per alimentare le new entry come data center.

Amazon risponde con tecnicalità: ha un PUE (Power Usage Effectiveness) di 1,15 – migliore della media di 1,25 nel cloud – grazie a server personalizzati e sistemi di raffreddamento a minor consumo energetico, riducendo il picco di consumo del 46 % nei nuovi siti e inaugurando 124 nuovi progetti di energie rinnovabili per un totale di 34 GW di capacità in portafoglio. Ha anche investito nei reattori SMR (Small Modular Reactors), firmato accordi con impianti nucleari tradizionali e persino sostenuto la riapertura di Three Mile Island — follow della strategia nucleare iniziata anche da Google e Microsoft.

Eppure permane un cortocircuito etico: la capacità di generare energia pulita esiste, ma non basta per controbilanciare la fame vertiginosa di watt di un’AI che diventa sempre più onnipresente. Le criticità politiche sono dietro l’angolo: nel 2023 Amazon ha contribuito a fermare una legge in Oregon che avrebbe imposto data center solo alimentati da fonti rinnovabili entro il 2040. Inoltre il ricorso massivo ai REC resta un grigio compromesso tra efficienza e buzzword di marketing.

Curiosità tecnica: secondo uno studio UN del 2024, i data center negli Stati Uniti hanno consumato oltre 105 MtCO₂e, rappresentando il 4 % del consumo elettrico nazionale, con il 56 % derivante da combustibili fossili. Un altro riferimento globale, l’OCSE, mette l’industria data center al 3,5 % delle emissioni GHG mondiali, con enormi fabbisogni di acqua che superano i 5 milioni di galloni al giorno per sito.

Nel mezzo, la domanda cresce: è possibile reggere un’espansione globale dell’AI senza fare la festa del CO₂? Le aziende rispondono potenziando efficienze, nucleare e compensazioni, ma il Pianeta, i politici e i cittadini chiedono più – ché di trucchetti semantici, ormai, ne abbiamo fin troppi.

Il vero rebus è tecnologico, finanziario e morale insieme. Le IA consumano corrente, i data center consumano cemento e acciaio, le reti elettriche gridano già aiuto. Amazon ha fatto passi avanti nella decarbonizzazione energetica, ma il suo stesso successo nella AI la trascina fuori rotta. Non basta la retorica del +4% di intensità emittente se l’impatto totale schizza verso l’alto come un grafico di consumi.

La saga di Amazon è un gioco di contraddizioni: una compagnia che dichiara guerra alle emissioni, sponsorizza il nucleare e nel frattempo costruisce edifici digitali enormi alimentati – indirettamente – da carbone e gas. Nel raccontare il futuro dell’AI, la domanda non è più “Come farla funzionare?” ma “A che prezzo”? Il Pianeta aspetta risposte concrete, non solo certificati verdi.

In questo mismatch fra promesse e realtà si gioca la credibilità: perché se un colosso come Amazon non riesce a fermare la marea carbonifera, quanto spazio resta alle startup green e alle città che vogliono fare policy davvero sostenibili? Il modello di sviluppo tecnologico cresce, ma l’etica ambientale arranca dietro. E in questa scacchiera globale, l’AI si trova chiamata a risolvere un problema… che è anche causata da lei stessa.

Ecco la sfida: trasformare un’architettura digitale planetaria in un’architettura carbon neutral. Se ci riuscirà, sarà la rivoluzione più silenziosa e poderosa di sempre. Se no, rischiamo di avere un cervello artificiale che guarda al cielo… mentre sotto di sé continua ad incendiare il mondo.