Dimenticatevi i missili. Il nuovo arsenale globale si misura in supercomputer AI, e il campo di battaglia è un intreccio di GPU cluster brucianti megawatt e divoratori di miliardi. C’è qualcosa di quasi poetico, e insieme osceno, nell’immaginare questi colossi di silicio come i nuovi carri armati di un conflitto senza sangue ma spietato, dove il premio è il controllo della prossima intelligenza dominante. Chi vince, detta le regole. Chi perde, diventa cliente del vincitore.
Il re incontrastato oggi si chiama Colossus, ed è un mostro di proprietà di xAI. Duecentomila equivalenti di H100 Nvidia. Sì, avete letto bene. È come prendere un’intera popolazione di chip e costringerla a lavorare 24 ore su 24 per un unico scopo: addestrare cervelli artificiali che un giorno decideranno se abbiamo ancora bisogno di programmatori umani. Memphis, non la Silicon Valley, è la nuova capitale dell’intelligenza artificiale. Ironico, no? Una città più famosa per il blues e per Elvis che per la potenza di calcolo diventa l’epicentro del futuro digitale.
Il secondo gradino del podio è affollato. Meta, Microsoft/OpenAI, Oracle e ancora xAI nella sua versione “Phase 1” competono con numeri imbarazzanti per qualsiasi CFO: 100.000 GPU equivalenti ciascuno. Fate due conti, se vi piace soffrire. Il costo di questi GPU cluster raddoppia ogni 13 mesi. Nessun altro settore tecnologico, nemmeno quello aerospaziale negli anni ’60, ha mai bruciato capitale a questa velocità. Forse nemmeno le guerre vere. L’ironia è che l’arma più costosa del pianeta oggi non uccide nessuno, almeno direttamente.
L’America domina, ovviamente. Su venti supercomputer elencati da Epoch AI, dieci appartengono a colossi statunitensi. L’Europa? Fantasma. La Cina? Presente, ma con un imbarazzante anonimato. Un sistema da 30.000 H100 dichiarati, ma senza nome. Forse perché Pechino preferisce il silenzio alla trasparenza occidentale, o forse perché sta preparando qualcosa che farà sembrare Colossus un vecchio Commodore 64. La Russia? Non pervenuta. Il resto del mondo? Irrilevante.
Ciò che sorprende, e che molti analisti fingono di ignorare, è l’assenza di Google e Amazon da questa lista. Non perché non ci siano. Ma perché non parlano. E se c’è una lezione che la storia tecnologica ci ha insegnato è questa: quando un gigante tace, o è irrimediabilmente indietro, o sta per farvi un’imboscata con un’innovazione che cambierà le regole del gioco. Personalmente scommetterei sulla seconda ipotesi.
Il vero paradosso è che questa corsa alla potenza di calcolo non riguarda più solo l’addestramento dei modelli di linguaggio. Questi mostri stanno già lavorando su campi che vanno dalla simulazione proteica per le biotecnologie alle previsioni economiche su scala planetaria. In altre parole, chi controlla queste macchine controlla il futuro del denaro, della salute e, inutile negarlo, della politica globale. Non è un caso che molti governi inizino a considerare i GPU cluster come infrastrutture strategiche al pari del nucleare.
Gli analisti più ottimisti amano dire che l’intelligenza artificiale è “democratica” perché il software è open source e i dati sono ovunque. Sciocchezze. Senza macchine come Colossus, l’open source è poco più di un hobby per nerd. L’AI di frontiera oggi è un gioco per miliardari e governi. Il resto è propaganda.
Quello che dovrebbe preoccuparci davvero non è tanto il costo economico quanto quello energetico. Ogni nuovo cluster è un divoratore di megawatt che rende le discussioni sulla sostenibilità un esercizio di ipocrisia collettiva. Come disse un ingegnere di Oracle, “Addestrare un grande modello linguistico consuma energia quanto far volare mille jet privati per un mese”. Ma evidentemente la Silicon Valley ha deciso che il pianeta può attendere, purché il prossimo GPT parli meglio di un professore di Harvard.
Eppure, nonostante l’assurdità di tutto ciò, nessuno fermerà questa corsa. Perché? Perché chi arriva per primo, detta le regole. E le regole dell’intelligenza artificiale, a differenza di quelle della geopolitica, non si riscrivono facilmente. Chi costruisce oggi i supercomputer AI più potenti non sta solo vincendo una gara di numeri. Sta scrivendo le leggi del prossimo ordine mondiale eMemphis, paradossalmente, potrebbe essere la nuova Yalta.
Ora: Stargate non compare nella top‑20 di Epoch AI (capacità parziale ≈ 65k–100k equiv., sotto i top‑3). Quando completato (≈ 400k equiv.): diventerebbe prima forza assoluta mondiale, superando colossi esistenti.
Stargate non è un cluster GPU qualsiasi. È un ecosistema di data center da oltre 5 gigawatt di potenza di calcolo, l’equivalente di quattro centrali nucleari, con Oracle in prima linea a fornire leasing e infrastruttura per OpenAI. Già operativo il primo sito, Stargate I ad Abilene (Texas), con circa 1,2 GW in funzione e l’obiettivo di arrivare a 2 GW entro il 2026.
Oracle e OpenAI hanno chiuso un accordo da 30 miliardi di dollari l’anno per sviluppare 4,5 GW di data center americani, totalizzando oltre 2 milioni di chip GPU installati su strutture hyperscale dislocate in più stati .
Non solo Nvidia. Oracle sta anche sviluppando cluster basati su AMD Instinct MI355X, fino a 131.072 unità, per offrire opzioni più efficienti e competitive ai carichi di lavoro AI su OCI.
È tutto colossale. Ma non senza attriti: un rapporto del WSJ rivela litigi tra OpenAI e SoftBank che hanno ritardato il progetto e ridotto le ambizioni iniziali per il 2025.
Chi è già sulla cima? xAI con il suo supercomputer Colossus a Memphis, 200.000 equivalenti H100, domina la classifica attuale. Anche Meta, Microsoft/OpenAI su Goodyear e Oracle con i suoi GB200 sono squadre da 100.000 su numeri simili.
Inserire Oracle nel mix non è banale: da provider di database a operatore di infrastrutture per GPU cluster di scala planetaria. Il CEO Larry Ellison ha affermato che Oracle sta costruendo un supercluster liquid‑cooled da 64.000 GPU GB200 e simultaneamente un cluster da 30.000 unità MI355X, aprendo la porta alla cosiddetta AI Zettascale su OCI.
Stargate è una joint venture costituita come Stargate LLC il 21 gennaio 2025, dove SoftBank finanzia, OpenAI opera e Oracle concede infrastruttura. Partner tecnologici: Nvidia, Microsoft, Arm, Cisco.
Il costo energetico? Se 4,5 GW equivalgono a quattro centrali nucleari, l’impatto ambientale è enorme. Anche il Financial Times si interroga sul paradosso della sostenibilità in questa nuova corsa alla potenza di calcolo.
Chi tace, vince. Google e Amazon sono assenti da queste classifiche pubbliche per mancanza di trasparenza. Potrebbe essere strategia o ritardo. Ma come ciliegina sulla torta del capitalismo compute‑centrico, quando un gigante tace, spesso sta preparando un asso nella manica.
Curiosità? Project Stargate prende il nome dal film del ’94: porte verso altri mondi. Qui, il mondo è digitale, e la posta in gioco è un’intelligenza artificiale generale. Larry Ellison ha anche suggerito che questa infrastruttura potrebbe generare vaccini contra il cancro roboticamente progettati in 48 ore.
I numeri fanno venire il mal di testa. Investimenti annui da 30 miliardi, chip conto milioni, data center sognati in dieci gigawatt totali. Se va tutto secondo program