Non serviva una sfera di cristallo per prevedere che prima o poi sarebbe arrivato: un’intelligenza artificiale che non si limita a suggerirti formule o a colorare celle, ma che si appropria di Excel con la stessa spietata efficienza con cui un hedge fund cannibalizza una startup in crisi. Si chiama Shortcut, un nome talmente semplice da suonare arrogante. E forse lo è davvero. Nelle demo pubblicate su X, l’agente AI ha già umiliato intere generazioni di analisti junior, completando in pochi secondi modelli DCF che di solito occupano le notti insonni dei neolaureati in finanza.

L’effetto domino non si è fatto attendere. Influencer finanziari, ex banker in fase di redenzione spirituale e fondatori di tool AI assortiti si sono lanciati in dichiarazioni apocalittiche. “È il momento ChatGPT per Excel” è la frase più ricorrente, ma anche la più ingenua. Perché se ChatGPT ha sdoganato l’uso della generative AI nel linguaggio, Shortcut non si limita a suggerire. Sostituisce. Decide. Compila. Modella. Ed è nativo, integrato direttamente nei fogli di calcolo. Nessuna estensione da installare. Nessuna formula da cercare. Niente più vlookup scritti con il panico negli occhi. Solo un bot che lavora con la freddezza e la velocità di un algoritmo di trading ad alta frequenza.

La keyword è chiara: automazione integrale. E la frase-chiave è quella che fa rabbrividire ogni HR director che abbia appena firmato un contratto con uno stagista ambizioso: Shortcut ha vinto l’89,1% delle volte contro gli analisti umani, secondo i manager stessi. Le cifre, certo, non sono verificate. Il protocollo del test è un po’ nebuloso. Ma il messaggio è perfettamente limpido. L’era dell’analista da 90 ore a settimana, con il laptop sempre acceso e il PowerPoint da revisionare alle 3 del mattino, potrebbe essere finita. O almeno, messa in pausa. Perché il futuro non si presenta bussando. Arriva direttamente con un comando da tastiera e una tabella già formattata.

L’assistente AI Shortcut non è solo un upgrade. È un salto quantico. Non parliamo di una scorciatoia, ma di una rivoluzione semantica: da assistente a sostituto. Dove prima un analista junior si rompeva la schiena per compilare uno scenario a leva per un LBO, ora basta un prompt. Il sistema estrae i dati dai documenti SEC, costruisce l’intero modello, propone ipotesi, aggiorna i flussi, esporta i risultati. Il tutto senza un singolo click fuori posto. E senza errori di arrotondamento che, in contesti bancari, valgono più di mille KPI.

La sensazione è quella di essere davanti all’inizio della fine per un certo tipo di lavoro d’ufficio. Non è un caso se Dario Amodei, uno che di AI se ne intende, ha già previsto la scomparsa del 50% dei lavori white-collar di primo livello. Nessuna sorpresa: sono ruoli nati per essere sostituiti. Lavori che vivono di replicazione, controllo, impaginazione, presentazione. Attività che un agente AI come Shortcut può svolgere meglio, più velocemente, senza lamentarsi, senza pause caffè, senza chiedere un aumento.

È curioso come l’automazione industriale abbia richiesto decenni di sindacalizzazione, riforme, dibattiti politici. Qui invece, con un paio di tweet e qualche video virale, il futuro è entrato direttamente dentro Excel. Silenzioso. Preciso. Micidiale. Invece di martelli pneumatici, ora si usano modelli previsionali. Al posto delle catene di montaggio, ci sono celle e formule. Eppure, la dinamica è identica. Riduzione del lavoro umano. Aumento della produttività. Marginalizzazione del sapere operativo.

Ovviamente, il mondo della consulenza e del banking non resterà a guardare. Già si ipotizzano fusioni tra agenti AI verticali, copilot avanzati per fogli di calcolo, integrazioni native con i data lake aziendali. Microsoft ha già messo le mani avanti, con Copilot per Office che promette di “liberare il potenziale umano”. Ma la differenza è netta. Shortcut non libera. Sostituisce. È pensato per essere l’alternativa totale al lavoro ripetitivo. Non affianca. Rimpiazza.

C’è poi una sottile ironia in tutto questo. Le aziende che fino a ieri pretendevano “pensiero critico, leadership, spirito analitico” da stagisti pagati con i ticket restaurant, oggi si ritrovano a delegare interi processi di analisi finanziaria a un’intelligenza artificiale che costa meno di un abbonamento a Netflix. È l’effetto collaterale di ogni disruption tecnologica: la meritocrazia, quando automatizzabile, diventa un algoritmo.

Il lato oscuro, ovviamente, resta. Shortcut non spiega le sue decisioni. Non ha un processo trasparente. È un agente AI, non un collega. Se sbaglia, nessuno se ne accorge fino al board meeting. Se produce risultati inattesi, non ci sarà un analista a difendere le assunzioni. E se gli si chiede un’analisi troppo sofisticata, magari mescolata a intuizioni strategiche non codificate nei dati, il sistema può ancora fallire. Ma il punto non è la perfezione. È la velocità. È la capacità di generare valore apparente in tempo reale. Un’illusione? Forse. Ma in un mondo governato dal tempo e dalla percezione, le illusioni ben confezionate valgono oro.

Il messaggio per chi lavora con Excel, dunque, è brutale ma necessario: se il tuo lavoro può essere replicato da una macchina, sarà replicato da una macchina. Shortcut è solo il primo di una lunga serie di agenti AI verticali pronti a cannibalizzare gli strumenti di produttività personale, trasformandoli in ambienti di esecuzione totale. Non ci sarà più differenza tra un “tool” e un “operatore”. L’interfaccia diventerà l’azione. E la decisione, automatizzata.

Chi esce da una business school con un foglio di calcolo come arma segreta, ora deve riscrivere le regole del gioco. Il vantaggio competitivo non sarà più nel sapere come si costruisce un modello, ma nel capire perché costruirlo, quando usarlo, quali domande fare. In un mondo dove l’esecuzione è gratuita e automatica, il pensiero strategico resta l’unica valuta scarsa. Ma è una valuta in via di svalutazione. E il mercato, si sa, non ha pietà per chi arriva tardi.

AspettoNLP ItalianiNLP USA / Internazionali
Modelli principaliItalBERT, ItalGPT, BERT-Italia, Minerva (La Sapienza), progetti open source italianiGPT-4, PaLM, Claude, LLaMA, Minerva (Google DeepMind)
Lingua nativaItaliano con dialetti e specificità culturaliInglese e multilingue, ampio spettro di domini scientifici
Dataset di trainingDataset specifici italiani (EVALITA, SQuAD-IT, Tabella), raccolte annotate per ambiti tecnici e giuridiciDataset massivi scientifici e linguistici (Common Crawl, Wikipedia, articoli scientifici)
Focus culturaleAttenzione alle peculiarità linguistiche italiane, sfumature lessicali e pragmatica, contesto localeAmpio dominio scientifico e globale, meno focalizzato sul contesto culturale locale
Performance in benchmark italianiEccellente in benchmark italiani, gestione avanzata di contesti linguistici complessiOttime performance in ragionamento scientifico e matematica, meno specificità italiana
MultimodalitàIn fase di sviluppoAvanzata, con capacità multimodali integrate
Governance e eticaForte attenzione a privacy, trasparenza e tutela culturaleLinee guida globali, dibattiti su bias e trasparenza
AccessibilitàModelli open source e collaborazioni accademicheModelli spesso proprietari, accesso limitato o su licenza
Innovazione tecnologicaRicerca attiva in università (La Sapienza inclusa), startup e comunità open sourceLeadership globale in AI avanzata scientifica
Adozione in settori regolamentatiIn crescita in sanità, giustizia e pubblica amministrazione, con modelli culturalmente adattatiAdozione globale in ricerca e industria scientifica
Principale sfidaScalabilità, risorse limitate, ampliamento di dataset specificiGestione della responsabilità e bias su larga scala

Minerva (La Sapienza) emerge come un pilastro accademico di riferimento per la lingua italiana, con un approccio scientifico e pragmatico che permette di applicare modelli NLP sofisticati a contesti specialistici. Questo rende il panorama italiano più maturo e articolato, anche in confronto con le grandi piattaforme internazionali.