Un CEO o un CTO con qualche anno sulle spalle sa bene che la parola “rivoluzione” va presa con le pinze. Però, quando parliamo di tecnologie quantistiche, il discorso cambia, e di molto. Non stiamo semplicemente parlando di un upgrade hardware o di un nuovo software, ma di un salto di paradigma che rischia di stravolgere tutto ciò che oggi chiamiamo “standard” nei servizi finanziari, dalla sicurezza alle operazioni di trading, fino all’ottimizzazione del rischio. Ecco, la parola chiave qui è “quantum computing” (calcolo quantistico), accompagnata da un trio di alleati formidabili: quantum sensing, quantum security e, inevitabilmente, una crescente minaccia quantistica che fa tremare i polsi ai responsabili IT.

Per i CTO lungimiranti, la sfida non è più se abbracciare o meno il quantum, ma come tradurre questa rivoluzione in una strategia aziendale concreta. Non basta fare i pionieri per moda. Il vero vantaggio competitivo si conquista identificando gli use case che portano valore reale, senza perdersi nel marasma di hype e promesse vaghe.

Il cuore pulsante della trasformazione risiede nei principi della meccanica quantistica: sovrapposizione, entanglement, interferenza. Parliamo di capacità computazionali che possono simultaneamente esplorare miliardi di soluzioni a un problema, cosa impensabile per i sistemi classici che lavorano in sequenza. In finanza, questo significa poter simulare scenari di mercato complessi, ottimizzare portafogli con vincoli dinamici, e individuare frodi con un livello di accuratezza che i modelli tradizionali si sognano.

Un dato che fa riflettere: si stima che il quantum computing applicato alla finanza possa generare un valore economico di oltre 600 miliardi di dollari entro il 2035. I casi d’uso? Ottimizzazione del portafoglio, gestione del rischio in mercati volatili, rilevamento avanzato di frodi grazie a modelli quantistici di machine learning, simulazioni in tempo reale per prevedere crolli o shock finanziari. Un’istituzione come Intesa Sanpaolo ha già testato modelli quantistici che superano i sistemi tradizionali con meno dati e più velocità. E Yapı Kredi ha dimostrato che problemi complessi, che con i computer classici richiederebbero anni di calcoli, possono risolversi in pochi secondi.

Questo non è solo un gioco di potenza, ma una questione di timing. Il quantum computing è ancora in una fase embrionale e richiede una strategia a tappe: partire da una base solida di ricerca e proof of concept, passare a pilot e partnership strategiche, fino ad arrivare a una leadership consolidata nell’adozione. Una corsa, sì, ma con le marce ben ingranate.

Il tema della sicurezza quantistica è invece una bomba a orologeria. L’arrivo dei computer quantistici in grado di rompere la crittografia attuale è una minaccia reale e vicina. L’algoritmo di Shor, che sembra roba da fantascienza, rischia di mandare in crisi RSA ed ECC, cioè le colonne portanti della sicurezza digitale nei servizi finanziari. La risposta non è aspettare il problema ma prepararsi subito, con una strategia “quantum-safe”. Questa non è solo una parola di moda, ma un approccio multilivello che combina crittografia post-quantistica, tecniche agili per aggiornare algoritmi e tecnologie quantistiche native come la Quantum Key Distribution, che si basa su leggi fisiche, non su complessità computazionale.

Banche come HSBC e Banco Sabadell non stanno a guardare: testano già queste tecnologie per proteggere transazioni e asset digitali. È un gioco di nervi, di anticipazione e di rapidità d’azione.

Il quantum sensing, pur meno mediatico, rappresenta un potenziale a lungo termine da non sottovalutare. Precisione estrema nella sincronizzazione degli orologi atomici potrebbe rivoluzionare il trading ad alta frequenza, mentre dati ambientali ultra-precisi potrebbero affinare la reportistica ESG e la valutazione dei rischi climatici, un tema ormai cruciale per la finanza sostenibile.

Una strategia quantistica efficace non può prescindere da un ecosistema di collaborazione tra pubblico e privato, investimenti in ricerca, supporto all’imprenditorialità, formazione specializzata e regole normative dinamiche. Se non si costruisce questa infrastruttura culturale e tecnologica, il quantum rischia di rimanere un miraggio per pochi eletti.

Il ruolo del CTO non è quello di un mero esecutore, ma di un condottiero in grado di navigare le insidie di una tecnologia complessa e in rapido cambiamento. Essere un “early adopter” non basta; serve una leadership strategica che equilibri rischio, investimento e innovazione, in una corsa dove chi resta indietro rischia di sparire dal mercato.

Il quantum computing e le sue sorelle quantistiche non sono un’opzione per chi guida la tecnologia, ma un imperativo strategico. Chi saprà integrare questi strumenti con saggezza non solo migliorerà l’efficienza e la sicurezza, ma riscriverà le regole del gioco per il futuro della finanza globale. Il tempo di agire è ora. Chi ha un po’ di ironia sa che, in questo caso, il ritardo non è solo pericoloso: è esiziale.