Il caso DeepSeek sta diventando una parabola esemplare di come l’hype nell’intelligenza artificiale sia ormai un asset tanto volatile quanto il capitale di rischio che lo alimenta. L’azienda, salutata pochi mesi fa come il volto più ambizioso dell’AI cinese, sembra ora bloccata in un limbo strategico che ricorda certe IPO annunciate e mai decollate. Da dicembre, con il lancio del V3, e da gennaio con l’R1, il ritmo era stato da cronometro olimpico. Poi, il silenzio. Due aggiornamenti minori in otto mesi e un’assenza di roadmap che, per un mercato drogato di release, è quasi un sacrilegio. Il contesto non è solo tecnico: è una questione di posizionamento, di narrativa e di capacità di mantenere l’attenzione quando i competitor ti superano a destra e a sinistra con demo multimodali scintillanti.

Il Financial Times ha fatto filtrare un dettaglio che vale oro per chi legge tra le righe: la difficoltà di addestrare R2 con i chip Ascend di Huawei. Nella retorica ufficiale, le GPU Nvidia sono ancora il benchmark emotivo della comunità AI, ma la realtà geopolitica cinese impone alternative domestiche. Le Ascend hanno fatto bella figura nei test sul modello R1, ma l’addestramento di un sistema di ragionamento avanzato è un’altra partita. La stabilità di calcolo, la compatibilità con le librerie ottimizzate e le pipeline di training distribuito sono variabili che non si risolvono con un white paper e una conferenza stampa. A rendere più teatrale il quadro c’è il confronto implicito con OpenAI, che ha impiegato due anni e mezzo per passare da GPT-4 a GPT-5. Solo che DeepSeek non ha il lusso di un mercato captive occidentale, e soprattutto non può permettersi che il pubblico la percepisca come lenta o reattiva, anziché proattiva.

Il crollo del traffico sul sito chatbot di DeepSeek, meno 40% in cinque mesi, è la cartina al tornasole di questa erosione percettiva. Non è solo un problema di velocità di esecuzione o di feature mancanti, ma di attrattività intrinseca del brand tecnologico. Quando Alibaba e Moonshot AI ti sfilano il primato negli open source e persino lo Stato cinese attraverso Z.ai ti affianca in classifica, significa che il tuo vantaggio competitivo è evaporato più in fretta di quanto tu possa ricostruirlo. Il mercato interno non perdona: passare dal 99% all’80% di share in tre mesi su una piattaforma cloud nazionale è un messaggio chiaro. E non lo si corregge con una minor release numerata come se fosse un aggiornamento firmware di un router.

La questione più spinosa è che DeepSeek continua a operare in modalità text-only, mentre i concorrenti integrano audio, video e immagini. L’assenza di multimodalità, oggi, non è una semplice lacuna tecnica, ma un difetto strutturale nella percezione di valore. Baidu, con Ernie 4.5 open source, ha ridefinito l’asticella di ciò che è “di base” nel 2025. L’R2, anche se venisse rilasciato domani, rischierebbe di sembrare un aggiornamento incrementale travestito da salto generazionale. E il mercato odia i falsi salti generazionali più di quanto odi i ritardi.

Si intravede un paradosso: DeepSeek, sostenuta da uno dei più grandi fondi quantitativi cinesi, non ha alcuna pressione finanziaria immediata per rilasciare a tamburo battente nuovi modelli. Eppure è prigioniera della stessa dinamica psicologica che ha creato: un’audience di sviluppatori e investitori che associano il valore all’output visibile, non alla ricerca invisibile. Se non nutri il ciclo dell’attenzione, il ciclo dell’attenzione ti dimentica. L’R2, a questo punto, non può semplicemente arrivare; deve essere in grado di riposizionare l’azienda come front runner. In mancanza di rivoluzioni tecniche, questo richiede storytelling, marketing ingegnerizzato e forse qualche azzardo.

Gli esperti più cinici già preparano il terreno per una reazione tiepida. L’accoglienza a GPT-5, definito “privo di caratteristiche memorabili”, ha mostrato che il pubblico si sta assuefacendo ai salti prestazionali lineari. Questo significa che l’R2 dovrà essere venduto non per quello che fa, ma per quello che promette di poter fare in un orizzonte temporale futuro. Un’arte che Silicon Valley ha perfezionato e che la scena AI cinese deve ancora metabolizzare. In un mercato globale dove l’hype è valuta e il tempo di attenzione è asset, il rischio non è solo arrivare tardi, ma arrivare irrilevanti.