Il mito della diversificazione cade sempre quando ci si sporca le mani con i numeri. Nvidia ha appena chiuso un trimestre da record, 46,7 miliardi di dollari di ricavi con un aumento del 56% su base annua, spinta da quella che tutti ormai chiamano “l’onda lunga” dei data center per l’intelligenza artificiale. Ma poi si va a leggere il dettaglio della SEC filing e scopri che quasi il 40% di quei soldi arriva da due soli clienti. Non partner vaghi o start-up in cerca di GPU: due entità precise, etichettate come “Customer A” e “Customer B”, che insieme hanno scritto l’assegno più pesante della storia recente dei semiconduttori.
Si tratta di vendite dirette, quindi OEM, integratori di sistema o grossi distributori, non i soliti hyperscaler che comprano a pacchi per i loro cloud. Microsoft, Amazon, Google o Oracle non sono qui sulla lista dei nomi segreti, almeno non direttamente. Eppure paradossalmente sono proprio loro a innescare la domanda. La CFO di Nvidia ha ammesso che il 50% dei ricavi dei data center viene da grandi provider cloud, un segmento che rappresenta l’88% del totale. In pratica, la catena del valore è una matrioska: i colossi del cloud alimentano i distributori, i distributori ingrassano Nvidia, e Nvidia mantiene la Borsa in uno stato di euforia permanente.
Il problema, naturalmente, non è che due clienti paghino profumatamente. Il problema è che quando due clienti rappresentano quasi la metà della tua corsa stellare, la tua resilienza inizia a sembrare un po’ meno solida. Dave Novosel di Gimme Credit lo ha detto senza mezzi termini: concentrare il fatturato in così poche mani è un rischio strutturale. Certo, queste mani appartengono a player con cassa infinita e con la smania di costruire data center come fossero nuove cattedrali. Ma la storia finanziaria è piena di colossi che un giorno aprono il portafoglio e il giorno dopo lo chiudono, lasciando i fornitori in apnea.
È quasi ironico che Nvidia, simbolo della nuova economia dell’AI, viva in realtà una condizione da vecchio fornitore automotive, dipendente da pochi grandi committenti. Si vende al miglior offerente, e quando il miglior offerente è uno solo, il margine di manovra si assottiglia. È la classica dinamica del potere contrattuale: oggi sono i chip a scarseggiare e i clienti a inseguire, domani basterà una frenata negli investimenti cloud per trasformare la catena in un cappio.
L’altro lato della medaglia è che finché l’oro digitale dell’AI continua a brillare, Nvidia può permettersi di ignorare le regole di prudenza. I big spender hanno bilanci che somigliano più a banche centrali che a aziende, e la corsa a costruire infrastrutture AI non sembra destinata a fermarsi domani. Il rischio, quindi, non è tanto di default, quanto di concentrazione. Un azzardo strategico che il mercato oggi premia, ma che rende l’azienda vulnerabile a scosse improvvise.
Chi osserva da fuori dovrebbe chiedersi se questo modello sia davvero sostenibile o se siamo di fronte a un déjà vu da bolla tecnologica. La dipendenza da pochi clienti non è una novità, ma quando si intreccia con una crescita esplosiva guidata da una sola narrativa —l’AI come salvezza— diventa difficile distinguere l’opportunità dalla fragilità. Nvidia oggi è l’epicentro della tempesta perfetta di hype, capitali e domanda reale. Ma mettere tutto nelle mani di pochi, anche se ricchissimi, resta sempre una scommessa.