Torino non è più la città che inventa il futuro. La notizia della chiusura dell’ex Cselt il centro che negli anni ’90 ha dato i natali all’MP3, al riconoscimento vocale e alle tecnologie oggi alla base dei modelli di intelligenza artificiale segna uno spartiacque per l’ecosistema dell’innovazione italiano.

La multinazionale americana Cerence AI, erede di una lunga catena di acquisizioni che dal 2010 ha portato fuori dall’Italia il cuore della ricerca torinese, ha deciso di spegnere i laboratori e licenziare 53 ingegneri altamente specializzati.

Da pionieri globali a ennesima delocalizzazione

Nato nel 1961 come Cselt sotto l’ombrello di Telecom, il centro di ricerca era stato un riferimento mondiale per le tecnologie di compressione audio e per il linguaggio macchina-uomo. Negli anni 2000 aveva sviluppato Loquendo, diventata leader nei comandi vocali per l’automotive, fino all’acquisizione da parte di Nuance e successivamente del suo spin-off Cerence, specializzato in soluzioni AI per l’automobile con oltre 1.200 dipendenti globali.

Oggi, paradossalmente, proprio nel momento in cui l’intelligenza artificiale è al centro delle strategie industriali globali, Torino si trova a perdere proprio i laboratori che avevano anticipato il futuro.

Razionalizzazione o miopia strategica?

Cerence motiva la decisione con un piano di razionalizzazione, aggravato dal ridimensionamento di Stellantis, che ha ridotto la domanda di soluzioni vocali integrate. Ma i conti dell’azienda restano solidi e la chiusura torinese sembra rientrare in una logica di semplificazione dei costi più che di reale crisi. Il problema, come sottolineano osservatori e sindacati, è sistemico: la proprietà delle aziende strategiche del territorio è sempre più lontana. Dopo la cessione di Iveco all’indiana Tata Motors e la possibile vendita di Italdesign da parte di Volkswagen, il tessuto tecnologico italiano rischia di svuotarsi progressivamente.

Un effetto domino sull’industria locale

Il caso Cerence si inserisce in un quadro più ampio di difficoltà: lo stabilimento Algo di Orbassano, specializzato in componentistica automotive, ferma la produzione e lascia a casa 26 lavoratori. Alla Maclog di Tortona, altri 30 posti sono a rischio. La filiera tecnologica e industriale torinese, già provata dalla transizione dell’auto, appare sotto pressione crescente.

Il nodo delle politiche industriali

Il vero interrogativo riguarda la capacità del Paese di difendere e rilanciare le proprie eccellenze. Mentre Stati Uniti, Cina e Unione Europea stanno investendo miliardi per attrarre competenze AI e sviluppare filiere strategiche, l’Italia continua a perdere centri di ricerca avanzata senza un piano di sostegno o riconversione.

La chiusura dell’ex Cselt non è soltanto una questione occupazionale.

È il simbolo di un’Italia che ha contribuito a scrivere la storia dell’innovazione, ma che oggi rischia di restare spettatrice mentre altri ne raccolgono i frutti.