Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

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Impatti e prospettive dell’ intelligenza artificiale generativa per l’italia e il made in italy

Maria Chiara Carrozza, l’ingegnera che programmava il futuro IA e Parlamento

Che Maria Chiara Carrozza sia una delle menti più brillanti della scena scientifica e politica italiana è un fatto. Che il Paese non se ne sia ancora accorto, è la parte interessante. In una nazione dove il termine “innovazione” viene usato come il prezzemolo nei talk show domenicali, Carrozza rappresenta quel tipo di cervello che ti aspetteresti in un think tank del MIT, e che invece si ritrova a parlare di neuro-robotica davanti a parlamentari distratti da WhatsApp. Una donna che non solo ha progettato protesi robotiche che sembrano uscite da un episodio di MIB, ma ha anche avuto l’ardire di fare il Ministro dell’Istruzione in un Paese dove i docenti universitari devono ancora chiedere permesso per installare un software.

​Le assemblee rappresentative nell’era dell’intelligenza artificiale – Ascani

Quando si parla di Italia e tecnologia, la prima immagine che affiora è quella di un Paese genuflesso di fronte al futuro, sempre pronto a rincorrerlo con un fiatone normativo e un’andatura da maratoneta disidratato. È quasi un luogo comune dire che siamo in ritardo: lo siamo sul digitale, sull’AI, sull’alfabetizzazione tecnologica di massa, sulle infrastrutture cognitive. Ma ciò che sorprende, in questo scenario, è che a marcare un’accelerazione netta non siano i soliti innovatori della Silicon Valley in salsa tricolore, né le startup visionarie che spuntano come funghi nel sottobosco del venture capital, ma proprio lei: la Camera dei Deputati.

Sì, avete letto bene. Il Parlamento italiano, spesso percepito come la roccaforte dell’immobilismo procedurale, si sta muovendo con una rapidità e una lucidità che smentiscono qualsiasi pregiudizio. In una fase in cui il governo annaspa tra disegni di legge incagliati e un dibattito pubblico che ha la profondità di un tweet, Montecitorio sta plasmando un laboratorio di intelligenza artificiale applicata alle istituzioni, senza nascondersi dietro a retoriche vuote o a dichiarazioni di principio. Lo fa con metodo, ascolto, e una dose non trascurabile di coraggio politico.

L’intelligenza artificiale entra in Parlamento per aiutare i deputati italiani a scrivere le leggi. Anna Ascani ci racconta come

IA e Parlamento

Immaginate un Parlamento in cui le discussioni interminabili non sono più ostacolate da montagne di dossier impolverati o da testi legislativi pieni di duplicazioni e incoerenze, ma in cui un’intelligenza artificiale intelligente, ma soprattutto vigilata da umani, faccia da copilota nella scrittura delle leggi. Sembra fantascienza, vero? E invece è la nuova frontiera di Montecitorio.

La vicepresidente della Camera, Anna Ascani, ci guida dietro le quinte di un progetto che, con la sua ironia da politica navigata, definisce «intelligenza aumentata» e non sostitutiva: un intervento triplice di AI pensato per semplificare la vita dei deputati e, perché no, anche quella dei cittadini.

Italia prima della classe nell’AI? il DDL sull’intelligenza artificiale è una scommessa da un miliardo che le aziende non possono permettersi di perdere

L’Italia ha fatto qualcosa di inaspettato. Per una volta, non è arrivata ultima. Il 25 giugno 2025, la Camera dei Deputati ha approvato il DDL 2316 sull’intelligenza artificiale, rendendo il Bel Paese il primo in Europa a dotarsi di una legge nazionale organica sull’AI. Sì, proprio l’Italia, quel laboratorio instabile dove le leggi spesso si scrivono per non essere applicate, ha anticipato Bruxelles. E ha pure infilato dentro un fondo da un miliardo di euro. Ora, tra entusiasmi da ufficio stampa e panico da compliance, c’è una domanda a cui nessuno ha ancora risposto seriamente: questa legge fa nascere un ecosistema o lo stermina?

Italia capitale dell’algoritmo: chi comanda davvero il venture capital tricolore

Non chiamateli influencer. Anzi sì, ma fatelo con un certo rispetto. Perché dietro ogni post su LinkedIn, ogni thread apparentemente casuale su quanto sia figo il nuovo fondo pre-seed “climate & quantum aware”, si nasconde un’aristocrazia silenziosa del capitale di rischio italiano che ha finalmente capito che visibilità è potere. Non nel senso hollywoodiano del termine, ma in quello brutalmente operativo: deal flow, selezione, attrazione di LP. Nel 2025 il venture capital in Italia non si muove più solo dietro le quinte. Si espone. E la classifica di Favikon lo conferma: 20 nomi che contano più di una policy di Invitalia e di cinque pitch a SMAU messi insieme.

L’intelligenza Artificiale per il sistema Italia Report 2025

Italia, algoritmo zoppo: perché l’intelligenza artificiale fatica a entrare nel sistema produttivo

Italia, 2025. Otto imprese su cento hanno adottato almeno una tecnologia di intelligenza artificiale. Meno di una su tre tra quelle che ne hanno sentito parlare è riuscita a integrarla in modo concreto. In un’epoca in cui anche il panettiere sotto casa usa ChatGPT per controllare l’ortografia del cartello “chiuso per ferie”, il nostro tessuto produttivo arranca come un modem 56k nel bel mezzo del 5G.

AI Act, ovvero il sogno europeo di regolare l’incontrollabile

In fondo, è tutto lì: Bruxelles ha creato un mostro normativo e ora sta scoprendo che non sa più da che lato afferrarlo senza farsi male. L’AI Act, celebrato come la risposta europea all’anarchia algoritmica globale, si sta inceppando proprio nel momento in cui dovrebbe cominciare a funzionare. La data simbolo è il 2 agosto 2026, quando le aziende dovrebbero allinearsi agli standard per immettere legalmente sul mercato software di intelligenza artificiale. Ma ora, sorpresa: gli organismi incaricati di definire quegli standard non sono pronti.

Vitruvian-Smart-12B, la nostra ragazza in gamba che batte i fratelli maggiori (e senza nemmeno alzare la voce)

Alziamo le bandierine, sì, ma non quelle sventolate dai soliti giganti americani. Stavolta si celebra una nativa europea, una creatura di silicio e sintassi che non ha bisogno di server-fattorie in Arizona per brillare. Si chiama Vitruvian-Smart-12B, nome da diva cyborg ma con la testa da prima della classe. Non urla, non spreca, non invade la privacy. E già si è fatta valere.

Intelligenza artificiale e Parlamento: Il Premio Nobel Giorgio Parisi – le cose bisogne vederle in anticipo

Splendida cornice di Vicolo Valdina, dove il tempo sembra scorrere più lentamente ma i pensieri accelerano. Un luogo che oggi si fa teatro di un confronto necessario, urgente, direi quasi inevitabile. Inauguriamo qui un ciclo di seminari che abbiamo voluto intitolare “La Tecne e la Polis”, un’espressione che richiama non solo l’antica tensione tra il fare e il governare, ma anche il cuore pulsante delle sfide che ci aspettano. Quattro lezioni, quattro traiettorie critiche per esplorare l’attualità e, soprattutto, per immaginare il futuro con occhi più consapevoli e strumenti più affilati.

La Prima Tappa è affidata al professor Giorgio Parisi, Premio Nobel per la Fisica, mente lucida e voce critica nel panorama scientifico e culturale internazionale, già presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei. La sua presenza oggi è più di un contributo accademico: è un segnale, una chiamata a non separare mai la complessità del pensiero scientifico dalla responsabilità civica.

Ecco, se la Tecne rappresenta la nostra capacità di intervenire sul mondo, di modificarlo, di piegarlo ai nostri scopi attraverso l’ingegno, la Polis è lo spazio dove decidiamo collettivamente che uso farne. L’una senza l’altra genera mostri: tecnica senza etica, politica senza visione. O peggio ancora, algoritmi al servizio del consenso cieco, reti neurali che sostituiscono il dibattito, intelligenze artificiali che diventano i nuovi oracoli, idolatrate come fossero dèi postmoderni.

Questo ciclo nasce dal bisogno di rompere la narrazione anestetizzata del progresso. Basta con l’ottimismo da brochure, con le slides patinate che raccontano un futuro digitale come fosse un destino inevitabile. Non lo è. Nulla lo è, se ci assumiamo la responsabilità di pensare, discutere, dissentire. E chi meglio di un fisico teorico come Parisi, che ha insegnato al mondo come l’ordine possa emergere dal disordine, può aiutarci a decifrare le forme della complessità che ci avvolge?

In un’epoca in cui tutto è accelerazione, fermarsi a pensare è l’atto più rivoluzionario. La velocità con cui le tecnologie si insinuano nelle pieghe della nostra vita civile, culturale, economica, non ha precedenti. Ma questo non significa che dobbiamo abbandonare la riflessione, anzi. Significa che dobbiamo moltiplicare gli spazi di confronto, aprire fessure nel racconto dominante, riprenderci il tempo lungo del pensiero critico. Perché senza pensiero non c’è progetto, solo reazione. E la reattività, si sa, è il terreno su cui prosperano il populismo digitale e la tecnica priva di scopo.

La Tecne e la Polis, quindi, non è un titolo accademico. È una provocazione. È un invito a riscoprire la cittadinanza come esercizio della mente. È una sfida, anche, perché ci obbliga a riconoscere che i nostri strumenti sono imperfetti, le nostre previsioni fragili, ma che è proprio da questa fragilità che può nascere una nuova etica della responsabilità. Non quella moralistica, da salotto, ma quella strutturale, che tiene insieme codice e Costituzione, calcolo e cultura.

La sua ricerca sui sistemi complessi ci parla in modo diretto: ci dice che non esistono soluzioni semplici per problemi complessi, che il caos non è assenza di ordine ma prefigurazione di una nuova grammatica. Una lezione che la politica dovrebbe tatuarsi sulla pelle. E che anche noi, come cittadini, dovremmo interiorizzare ogni volta che ci illudiamo che basti un’app per risolvere una crisi o un algoritmo per capire una società.

Oggi più che mai abbiamo bisogno di pensatori che sappiano coniugare rigore e immaginazione, scienziati che parlino al di là delle formule, intellettuali che non si nascondano dietro la neutralità. E se c’è una figura che incarna questo modello, è proprio Parisi. Con il suo lavoro, con le sue parole pubbliche, con il suo impegno civile. Non si tratta solo di divulgare, ma di assumere una postura etica di fronte al sapere: non basta capire il mondo, bisogna anche decidere da che parte stare.

Ed è questa, forse, la posta in gioco più alta di questo ciclo. Non spiegare la tecnologia, ma scegliere come e dove farla vivere. Non temere il futuro, ma costruirlo in modo tale da non tradire il presente. Non cedere alla seduzione della semplificazione, ma addestrarsi al pensiero complesso come unico antidoto alla deriva tecnocratica.

Vicolo Valdina non è solo un luogo fisico, oggi. È una soglia. Un punto di passaggio tra ciò che siamo stati e ciò che potremmo diventare. È uno spazio in cui l’intelligenza quella umana, troppo umana – si riappropria della parola, del dialogo, del conflitto costruttivo. E se saremo capaci, insieme, di far vivere questo spazio anche fuori da queste mura, allora avremo davvero iniziato a costruire quella Polis nuova di cui tanto parliamo e poco ci occupiamo.

Con questo spirito, con questa tensione, l’On. Anna Ascani ha aperto “La Tecne e la Polis”. E lo ha fatto con la consapevolezza che non c’è tempo da perdere, ma anche con la convinzione che il tempo, se usato bene, può ancora essere nostro alleato.

Il primo incontro del ciclo di seminari a Vicolo Valdina ha messo in scena una narrazione che, con sobrietà istituzionale e una certa tensione epistemologica, ha attraversato decenni di storia dell’intelligenza artificiale, sfiorando le sue vette concettuali e le sue ombre più torbide. A guidare il pubblico in questo viaggio è stato Giorgio Parisi, Premio Nobel per la Fisica e voce sempre più centrale nel dibattito contemporaneo sull’IA, con un intervento che ha evitato gli entusiasmi da Silicon Valley per rimanere ancorato a ciò che l’IA è davvero: un’architettura che rielabora il passato più che prefigurare il futuro.

Non una macchina del tempo, insomma, ma un frullatore semantico travestito da profeta. Parisi ha ricordato che le reti neurali, oggi protagoniste assolute del palcoscenico tecnologico, non sono nate ieri. La loro genealogia affonda le radici nei decenni passati, tra intuizioni teoriche e sviluppi sperimentali, ma ciò che oggi cambia tutto è l’enorme disponibilità di dati e la potenza computazionale. È qui che l’illusione si insinua: credere che un sistema, per quanto sofisticato, possa produrre vera creatività quando in realtà sta solo ricombinando pattern già visti, compressi in modo elegante ma sempre derivativi. L’IA, per Parisi, non ha immaginazione. Ha solo memoria, e una memoria che non dimentica mai è spesso una prigione.

A fare da contrappunto, l’introduzione di Anna Ascani, Vicepresidente della Camera, che ha invocato un approccio etico e consapevole, sottolineando il bisogno di mettere l’essere umano al centro della rivoluzione tecnologica. Una formula che suona bene, certo, ma che rischia di perdersi nel rumore di fondo se non si accompagna a decisioni politiche concrete, competenti e soprattutto tempestive. L’IA non aspetta i tempi parlamentari.

Il problema è che mentre discutiamo se sia giusto o meno far scrivere poesie a un algoritmo, l’algoritmo sta già scrivendo codici, generando immagini, elaborando scenari finanziari, pilotando veicoli, valutando profili creditizi, influenzando campagne elettorali. È un paradosso tipico delle tecnologie dirompenti: ci sorprendono mentre sono già operative. E ci illudono che siano ancora in fase sperimentale, mentre invece siamo noi a essere sotto esame.

L’intervento di Parisi ha avuto il merito di restituire complessità al dibattito. Nessun tecno-entusiasmo, nessuna apocalisse. Solo l’invito a riconoscere la natura profonda degli algoritmi come strumenti. Potenti, sì, ma strumenti. Non entità senzienti, non soggetti morali, non nuovi demiurghi digitali. È la governance, non la tecnologia in sé, a determinare se l’IA sarà un moltiplicatore di disuguaglianze o una leva per redistribuire conoscenza e potere. Detto altrimenti: non sarà ChatGPT a decidere il nostro destino, ma come e da chi sarà addestrato, impiegato, regolato.

Naturalmente, questo approccio razionale è molto meno sexy della narrativa dominante, che alterna visioni utopiche e distopie hollywoodiane. Ma forse è proprio per questo che è necessario. L’IA non è un oracolo, ma una funzione matematica. Non ci dice ciò che è giusto, ma ciò che è probabile. E in un’epoca che confonde il consenso con la verità, questo dovrebbe preoccuparci.

L’altro aspetto interessante del dibattito è la costante tensione tra innovazione e umanità. Parisi, da scienziato, sa bene che ogni salto tecnologico comporta rischi. Ma sa anche che ogni resistenza aprioristica è futile. Non si tratta di fermare l’intelligenza artificiale, ma di guidarne lo sviluppo in modo che serva l’interesse collettivo. Il che, tradotto in termini politici, significa decidere a chi appartengono i dati, chi scrive gli algoritmi, chi stabilisce le priorità. In altre parole, chi ha il potere.

Il rischio, oggi, è che l’IA diventi una nuova forma di colonizzazione cognitiva, dove pochi attori privati detengono le chiavi dell’intelligenza globale, mentre il resto del mondo si limita a consumare output. Un mondo dove il codice è legge, ma la legge non conosce il codice. Dove l’opacità degli algoritmi diventa una cortina di fumo dietro cui si esercitano forme inedite di controllo sociale, sorveglianza e manipolazione. E tutto questo nel nome dell’efficienza.

“Gli algoritmi non inventano il futuro”, ha detto Parisi, e la frase ha il sapore della provocazione necessaria. In un’epoca ossessionata dalla disruption, ricordare che il futuro non si genera per via computazionale ma per volontà politica è quasi un atto rivoluzionario. Serve a ribaltare la retorica dominante, che vede l’essere umano come una variabile secondaria in un processo ineluttabile. Al contrario: l’IA non è destino, è progetto. E ogni progetto ha bisogno di architetti responsabili.

In questo senso, la riflessione proposta nel seminario di Vicolo Valdina non è stata solo accademica. È stata politica, nel senso più alto del termine. Perché ha messo al centro la questione cruciale: chi decide? La tecnologia non è neutra, e chi lo ripete continua a confondere la matematica con l’ideologia. Gli algoritmi sono scritti da persone, addestrati su dati che riflettono pregiudizi, ombre, errori sistemici. Credere che il machine learning sia imparziale è come pensare che un tribunale possa essere giusto solo perché recita il codice.

Il dibattito sull’IA ha oggi bisogno urgente di voci competenti, e ancor più di teste pensanti che sappiano sottrarsi alla fascinazione dell’automazione totale. Servono scienziati, certo, ma anche filosofi, sociologi, giuristi, linguisti, urbanisti, artisti. Perché l’intelligenza artificiale tocca tutto: dalla produzione al desiderio, dall’identità alla cittadinanza. È una questione culturale prima che tecnologica.

Se c’è una speranza, in questo scenario, è che eventi come quello di Vicolo Valdina diventino la regola e non l’eccezione. Che la politica torni a essere un luogo di elaborazione e non solo di rincorsa. Che si torni a parlare di IA come di una questione pubblica e non come di un prodotto privato. E soprattutto che si comprenda, una volta per tutte, che governare l’intelligenza artificiale non significa solo proteggerci dai suoi rischi, ma anche difendere la nostra libertà di scegliere il tipo di futuro che vogliamo.

O, come direbbe Parisi, “ricombinare il passato va bene, purché qualcuno si prenda la briga di immaginare davvero il domani”. Ma questa, purtroppo, non è un’attività che si può delegare a un algoritmo.

Italia, startup e intelligenza artificiale

C’è un’Italia che parla di intelligenza artificiale come se fosse a cena con Elon Musk e c’è un’altra Italia che, più realisticamente, cerca ancora di capire come configurare il Wi-Fi aziendale. In mezzo ci sono loro: le startup AI italiane, una fauna affascinante quanto rara, spesso invocata nei panel dei convegni con tono salvifico, ma ignorata dai capitali che contano.

Secondo Anitec-Assinform, metà delle oltre 600 imprese digitali innovative italiane si fregia dell’etichetta “AI-enabled”. Ma definirle startup di intelligenza artificiale è come dire che chi ha una Tesla è un esperto di energie rinnovabili. L’uso della tecnologia, nella maggior parte dei casi, è decorativo, marginale, ornamentale. Non guida, non decide, non cambia il modello di business. È là per fare scena, come un’insegna a LED su un ristorante vuoto.

Babelscape Intelligenza artificiale multilingue: come trasformare la complessità linguistica in vantaggio competitivo globale

Nel vasto universo dell’intelligenza artificiale, il multilinguismo non è più un’opzione decorativa: è diventato il cuore pulsante di ogni strategia realmente globale. L’ultimo aggiornamento di Babelscape, che porta a 28 le lingue coperte dal suo set di dati avanzato, non è solo un salto quantitativo, ma un’evoluzione qualitativa che ridefinisce le regole del gioco per chi lavora con i modelli linguistici su scala internazionale.

In un mondo iperconnesso, dove ogni parola può avere mille sfumature, saper gestire il linguaggio significa saper gestire il rischio, l’identità e la fiducia. Ecco perché l’ampliamento del dataset multilingue, arricchito da annotazioni semantiche dettagliate e indicatori di rischio interculturale, rappresenta un asset strategico per le organizzazioni che operano nei settori più esposti: dalla finanza regolamentata al marketing globale, dalla compliance legale alla comunicazione istituzionale.

Il cortocircuito della fiducia: perché l’Italia ha competenze, ma non ha mercato

Aspettiamo. Sempre. È una delle poche cose che in Italia sappiamo fare con una certa costanza. Aspettiamo che la tecnologia “si colleghi”, che la lettura “diventi meno ricercosa”, che qualcun altro abbia già comprato prima di noi. È un paese dove l’adozione è sempre in seconda battuta, mai per convinzione, sempre per imitazione. Così si uccide l’innovazione. Non con la censura, non con la repressione. Ma con l’attesa.

Il succo dell’intro di Antonio Baldassarra CEO SeeWeb e molto altro.. che mi ha aperto come sempre la mente al convegno: “I dati tra le nuvole” organizzato dal consorzio Italia Cloud all’evento sul Cloud Italiano promosso ovviamente dal Consorzio Italia Cloud , a Palazzo Ripetta oggi a Roma.

Il punto dolente non è la mancanza di competenze. È semmai il mancato assorbimento delle competenze. Le PMI italiane non sono ignoranti per mancanza di offerta, ma per assenza di domanda strutturale. Non cercano, non investono, non formano. Perché vivono in apnea, e tutto ciò che non è fatturabile entro il trimestre diventa automaticamente superfluo. La cultura del “fare” è stata sostituita dalla gestione del galleggiamento, dove ogni decisione è filtrata dalla paura.

L’Europa si prepara a combattere il cyberattacco con la sua armatura legale: strategia EU, NIS2 e Cyber Resilience Act in azione

Se c’è un settore dove l’Europa ha storicamente arrancato — tra proclami vaghi e mille “strategia comuni” mai implementate — è proprio la cybersicurezza. Troppa frammentazione, troppe gelosie nazionali, troppi piani che si fermavano alla slide. Ma nel 2023 qualcosa è cambiato. E stavolta non si tratta solo di un fondo da annunciare a Davos.

Parliamo di 27 Centri Nazionali di Coordinamento per la Cybersicurezza, uno per ogni Stato Membro UE. Non centri “di facciata” piazzati in qualche capoluogo per dare una carezza alla politica locale, ma strutture operative, tecniche, integrate in una rete continentale che punta a un obiettivo tanto ambizioso quanto necessario: la difesa digitale coordinata e distribuita.

Digital Europe Programme L’Europa digitale che non esiste ancora ma su cui stiamo mettendo miliardi

Il Digital Europe Programme, come lo chiama Bruxelles in uno slancio di creatività anglofona, è l’ennesima colata di miliardi che l’Unione Europea decide di investire per scrollarsi di dosso l’etichetta di vecchia zia lenta della trasformazione digitale. È stato pensato per rendere l’Europa meno dipendente dai cugini americani (Big Tech) e meno vulnerabile alle grinfie digitali di chi, come la Russia, ha capito prima e meglio come si combattono le guerre anche nei cavi di rete.

Parliamo di un pacchetto da oltre 8,1 miliardi di euro, già stanziati all’interno del bilancio pluriennale 2021-2027. Roba seria, in teoria. In pratica, stiamo cercando di correre dietro a un treno che è già passato. Il programma si concentra su cinque aree strategiche: supercalcolo, intelligenza artificiale, cybersicurezza, competenze digitali avanzate e diffusione massiva delle tecnologie digitali, anche e soprattutto tra le PMI e le pubbliche amministrazioni. Esattamente quei settori dove l’Europa ha sempre balbettato tra mille progetti pilota e piani strategici con acronimi inquietanti.

Key Figures. / The DIGITAL Dashboard / Programme in a Nutshell

FS Research Center Prevedere o costruire il futuro? L’illusione del cigno nero e il risveglio del planner visionario

Nel panorama rarefatto della pianificazione infrastrutturale italiana, Mario Tartaglia Lead del Research Center lancia una provocazione tanto elegante quanto velenosa: “To Predict or to Build the Future?”. Una domanda che non è un semplice invito alla riflessione, ma un’accusa neanche troppo velata verso la cronica miopia decisionale di chi dovrebbe disegnare il nostro domani su rotaie, asfalto e reti digitali.

Tartaglia non gioca sul banale ottimismo futurista. Mette in fila quarant’anni di incoerenza istituzionale – dal primo Piano dei Trasporti del 1985 alla tragicomica sequela di liste della spesa strategiche della cosiddetta Legge Obiettivo del 2001 per farci capire che il vero cigno nero non è la pandemia, né il cambiamento climatico. Il vero Black Swan è l’incapacità sistemica di pianificare con visione. E, come suggerisce il buon Nassim Taleb, il COVID non era nemmeno un cigno nero: era un elefante nella stanza, annunciato da Gates, Quammen e mezzo mondo scientifico. Ma come al solito, nessuno ha ascoltato Cassandra.

Cercasi mecenati digitali: tra datacenter, AI e la solita italianissima miopia normativa, Mario Nobile AGID

Al Festival dell’Innovability quel teatro vicino al Bar dei Daini, a metà tra marketing ambientale e fiolosofia tecnologica Mario Nobile (un Illuminato), direttore dell’AGID, ha sparato tre cartucce apparentemente innocue ma potenzialmente esplosive se solo avessimo la polvere da sparo (leggasi: visione, capitale, coraggio).

La prima riguarda la semplificazione delle regole. E qui viene da chiedersi: com’è possibile che nel 2025 dobbiamo ancora parlare di “snellire la burocrazia”? In realtà, la normativa italiana è progettata come una ragnatela per bloccare sul nascere ciò che non si riesce a controllare. Ogni innovatore che ha provato a scalare un progetto in Italia si è ritrovato a combattere con mille regolamenti incrociati, interpretazioni divergenti tra enti locali, e una PA in cui il cloud è ancora percepito come una minaccia alla “custodia” dei faldoni cartacei. Se semplificare le regole diventa il primo punto di un’agenda digitale, significa che siamo ancora in pre-produzione, mentre il resto del mondo ha già caricato la V2 in beta pubblica.

Microsoft AI Tour 2025: l’AI Generativa e Agentica tra marketing, investimenti e realtà

Il Microsoft AI Tour 2025 ha portato a Milano il futuro dell’Intelligenza Artificiale, confezionato in un evento che ha visto la partecipazione di oltre 2.000 tra imprenditori, manager, sviluppatori e professionisti IT. L’appuntamento del 26 marzo al Palazzo del Ghiaccio ha trasformato Milano in un hub tecnologico, con Microsoft che ha sfoderato la sua visione dell’AI Generativa e Agentica come motore di crescita economica.

Asha Sharma, Corporate Vice President di Microsoft AI Platform, ha ribadito il messaggio chiave: l’AI non è solo una promessa, ma un acceleratore concreto per i modelli di business.

Parole d’ordine? Triplicare il ROI e rendere le aziende competitive. Non è una dichiarazione astratta: Microsoft ha già messo sul piatto 4,3 miliardi di euro per potenziare le infrastrutture AI in Italia.

AI Generativa e Agentica: moda del momento o rivoluzione strutturale?

Intelligenza artificiale in Parlamento: Anna Ascani interviene alla Sapienza

Oggi 27 marzo, alle ore 8.45, presso l’Aula Magna del Dipartimento di Ingegneria informatica, automatica e gestionale dell’Università la Sapienza di Roma, la vicepresidente della Camera, Anna Ascani, è intervenura alla lezione “Intelligenza artificiale e Parlamento” , accolta dal Dipartimento di Ingegneria informatica, automatica e gestionale “Antonio Ruberti” e dal Direttore e il Prof. Navigli dove è anche direttore del gruppo di ricerca Sapienza NLP (Minerva LLM).

L’Italia e l’Europa hanno nel capitale umano un punto di forza che dobbiamo potenziare e promuovere. Investiamo sulla formazione per fronteggiare la sfida epocale che l’IA rappresenta da protagonisti.

On. Ascani

L’intelligenza artificiale è ormai una rivoluzione che sta trasformando gli equilibri economici e tecnologici globali. Il lancio di DeepSeek, il modello cinese alternativo ai colossi dell’IA, mostra che il monopolio occidentale può essere sfidato con investimenti strategici. Questo dimostra che il dominio di pochi attori non è inevitabile, ma modificabile con scelte mirate.

La domanda chiave è: e l’Europa?

Mentre Stati Uniti e Cina avanzano con modelli sempre più sofisticati, l’Europa resta bloccata in un dibattito su regolamentazione, etica e limiti dell’IA. Un approccio comprensibile ma rischioso. Concentrarsi solo sul regolare tecnologie esterne rischia di ampliare il divario con le potenze tecnologiche. Perdendo il controllo sugli strumenti strategici, discussioni su democrazia, privacy e diritti saranno vane: altri imporranno le regole.

L’IA non è solo un’opportunità economica, ma anche un’arma geopolitica. L’autonomia tecnologica è fondamentale per evitare di diventare una colonia digitale. Servono investimenti rilevanti e un cambio di mentalità: considerare l’IA un’opportunità, non solo un rischio. Se la Cina ha creato un’alternativa valida a OpenAI, perché l’Europa non potrebbe fare lo stesso?

Recuperare terreno richiede scelte rapide: poli di innovazione, collaborazione pubblico-privato, incentivi fiscali e una strategia che vada oltre la regolamentazione, creando infrastrutture e modelli di IA europei competitivi.

Altrimenti il futuro dell’Europa sarà scritto da altri, con algoritmi che neppure comprendiamo e decisioni prese a migliaia di chilometri di distanza.

L’intelligenza artificiale sta entrando nella politica italiana con promesse di efficienza e innovazione. I parlamentari, grazie a strumenti di analisi avanzata, potrebbero gestire le normative con più agilità, mentre i cittadini avranno informazioni istituzionali più accessibili. Ma è vero progresso o solo un’illusione ben mascherata?

Italia e intelligenza artificiale: la legge che promette di regolare l’irregolabile

Con 85 voti favorevoli, 42 contrari e nessuna astensione, il Senato ha approvato il Disegno di Legge 1146 sull’Intelligenza Artificiale (IA). Un testo mastodontico di oltre 1.400 pagine che, sulla carta, dovrebbe fornire regole chiare per l’utilizzo dell’IA nei settori più critici: sanità, lavoro, giustizia, sicurezza e media. In teoria, l’obiettivo è nobile: dare un senso di ordine e trasparenza all’uso degli algoritmi, limitare gli abusi e garantire ai cittadini la possibilità di sapere se e quando stanno interagendo con un’intelligenza artificiale. In pratica, però, si tratta di capire se questa legge sarà davvero in grado di incasellare una tecnologia che cambia più velocemente di quanto il legislatore riesca a scrivere.

L’intelligenza artificiale è un fenomeno in continua evoluzione e qualsiasi regolamento rischia di nascere già obsoleto. Ma il governo italiano sembra aver deciso di provarci comunque, ispirandosi in parte all’AI Act europeo, già approvato lo scorso marzo. Peccato che l’approccio italiano sia ancora più vago e burocratico, con una serie di linee guida che somigliano più a buone intenzioni che a regole effettivamente applicabili.

Adriano, il primo robot dipendente pubblico: innovazione tecnologica al servizio della cultura

Dal 24 marzo, Roma accoglierà Adriano, il primo robot dipendente della Pubblica Amministrazione italiana. Un progetto ambizioso promosso dalla Camera di Commercio di Roma con un investimento di 140mila euro, che punta a unire intelligenza artificiale e patrimonio culturale.

Adriano sarà operativo presso il Tempio di Vibia Sabina e Adriano, accogliendo visitatori e fornendo informazioni storiche in italiano e inglese. Ma non si tratta solo di un assistente digitale: il robot è dotato di mani robotiche avanzate e di una mimica facciale realistica, rendendo l’interazione più coinvolgente e naturale. Inoltre, sarà presto in grado di condurre visite virtuali da remoto, permettendo a chiunque, ovunque nel mondo, di esplorare il sito tramite un visore.

Oracle Cloud World Tour 2025 Almawave insieme per dominare l’IA: accordo strategico su Velvet e OCI

Durante l’Oracle CloudWorld Tour di Milano, Almawave parte del Gruppo Almaviva, ha annunciato una partnership strategica con Oracle, siglando un MoU che definisce la collaborazione sullo sviluppo e l’erogazione di soluzioni di intelligenza artificiale generativa basate su Velvet.

L’accordo mira a rivoluzionare diversi settori verticali, tra cui energia, sanità, industria manifatturiera, pubblica amministrazione e trasporti, combinando la potenza infrastrutturale di Oracle con l’expertise AI di Almawave.

La crescita del venture capital italiano: il futuro è nelle mani della nostra innovazione

Negli ultimi dieci anni, l’Italia ha mostrato un dinamismo incredibile nel panorama del venture capital (VC), con numeri che raccontano una storia di crescente fiducia e ambizione. Un settore che, pur partendo da una base modesta nel 2015, ha registrato un aumento esponenziale, portando l’investimento totale a circa 8,6 miliardi di euro, con un impressionante incremento del 467% rispetto ai 194,3 milioni di euro di dieci anni fa. Questo cambiamento radicale, segnato soprattutto dai 7 miliardi investiti negli ultimi cinque anni, dimostra la crescente attenzione e il potenziale che il nostro Paese ha acquisito a livello globale.

Secondo il report “State of Italian VC”, pubblicato dal fondo di venture capital P101, l’Italia ha conquistato una posizione sempre più rilevante in Europa. Dal 2020 al 2024, infatti, la nostra nazione è riuscita a scalare la classifica europea, arrivando al decimo posto per investimenti in startup, superando realtà come l’Austria (6 miliardi di euro) e il Portogallo (5 miliardi di euro). Seppur lontana dalla Spagna (13,1 miliardi di euro), l’Italia ha mostrato che la sua crescita è solida, pur dovendo ancora recuperare terreno rispetto ai leader del mercato, quali il Regno Unito (114,2 miliardi di euro), la Francia (50,6 miliardi di euro) e la Germania (48,8 miliardi di euro).

L’Europa accelera sull’AI con le nuove AI Factories, ma l’Italia può contare su CINECA ed ENI

L’Europa ha deciso di smettere di giocare in difesa e di entrare a gamba tesa nel mercato dell’intelligenza artificiale con un pacchetto di misure lanciato a gennaio 2024. L’obiettivo? Creare un ecosistema di innovazione e fiducia, in perfetto allineamento con l’AI Act, per supportare le startup e le PMI europee nello sviluppo di un’IA conforme ai valori e alle regole dell’Unione. Tradotto: soldi veri, infrastrutture avanzate e un tentativo di non rimanere schiacciati tra la Silicon Valley e la Cina.

Per farlo, l’UE ha pensato di mettere mano alla regolamentazione di EuroHPC, il consorzio europeo che gestisce i supercomputer, aprendo finalmente l’accesso alla sua potenza di calcolo anche alle startup e al settore dell’innovazione. Questo cambiamento chiave punta a creare vere e proprie “fabbriche dell’IA” (AI Factories), accelerando lo sviluppo di modelli avanzati e garantendo pre-market validation tramite i Testing and Experimentation Facilities (TEFs), una rete di siti di sperimentazione che aiuteranno le aziende a testare e certificare le loro soluzioni IA.

Dietro questa strategia c’è la rete di AI Factories del programma EuroHPC Joint Undertaking (EuroHPC JU) continua a espandersi, con sei nuovi hub strategici in Austria, Bulgaria, Francia, Germania, Polonia e Slovenia. L’obiettivo è chiaro: creare un’architettura digitale potente e capillare, mettendo a disposizione di startup, PMI e ricercatori potenza di calcolo, dataset e supporto tecnico per sviluppare modelli di AI sempre più avanzati.

Seeweb e mii-llm: l’influenza occulta dei bias: strategie politiche e sicurezza nell’era degli LLM

In un contesto globale in cui l’intelligenza artificiale si sta rapidamente affermando come motore di innovazione e trasformazione, Seeweb (CEO Antonio Baldassara) un Cloud Computing Provider italiano ha affidato a (Made in Italy LLM) mii-llm – un collettivo di ricerca italiano d’avanguardia composto da Alessandro Ercolani, Edoardo Federici, Samuele Colombo, Mattia Ferraretto – un compito di straordinaria rilevanza: verificare se e come sia possibile indirizzare l’orientamento politico dei modelli LLM, le “menti digitali” che alimentano chatbot e sistemi di assistenza virtuale.

La ricerca di mii-llm, pioniera nella realizzazione di modelli open source come Zefiro e Maestrale, ha evidenziato un fenomeno sconcertante: questi sistemi, anziché essere entità neutre e asettiche, possono essere facilmente indirizzati verso specifiche ideologie, sollevando interrogativi cruciali in termini di trasparenza, etica e sicurezza.

Data Technology Seminar 2025: La rivoluzione dell’intelligenza artificiale aperta Minerva LLM

L’intelligenza artificiale generativa ha conquistato il mondo, ma la sua evoluzione pone una serie di sfide fondamentali. Da un lato, le grandi aziende tecnologiche stanno monopolizzando il settore con modelli chiusi, dall’altro, cresce la necessità di alternative più trasparenti e accessibili.

Oggi, al Data Technology Seminar 2025 di Ginevra, è stato ufficialmente presentato Minerva LLM l’ultima versione è la 7B con instruction tuning e safety. Stiamo lavorando alla prossima versione, un progetto rivoluzionario nel panorama dell’intelligenza artificiale generativa, un’iniziativa guidata da Roberto Navigli e il suo team presso l’Università Sapienza di Roma.

Minerva si distingue per essere un LLM (Large Language Model) sviluppato da un’istituzione pubblica, con una forte vocazione open-source e un chiaro obiettivo: creare un’intelligenza artificiale che sia controllabile, accessibile e sicura. Questo progetto rappresenta una delle poche iniziative europee che sfida il dominio delle Big Tech nel settore degli LLM, promuovendo un modello di sviluppo alternativo basato sulla trasparenza e sull’innovazione pubblica.

AI Festival 2025, tiriamo le somme

Il 27 febbraio 2025 si è conclusa a Milano la seconda edizione dell’AI Festival, evento internazionale che ha riunito oltre 160 esperti di fama mondiale, aziende leader, istituzioni e startup innovative per discutere delle sfide e delle opportunità offerte dall’intelligenza artificiale (IA). Ideato da Cosmano Lombardo, CEO di Search On Media Group, e organizzato da WMF – We Make Future, il festival si è svolto presso l’edificio Roentgen dell’Università Bocconi, trasformando Milano nel fulcro del dibattito sull’IA.

ChatGPT conquista l’Italia: boom di utenti, ma utilizzo ‘mordi e fuggi’

Negli ultimi anni, ChatGPT si è affermato come una delle soluzioni di Intelligenza Artificiale Generativa più utilizzate al mondo. Il 2024 ha segnato un’accelerazione significativa anche in Italia, dove, secondo i dati di Comscore, a dicembre 6,8 milioni di italiani hanno utilizzato la piattaforma di OpenAI. Questo dato evidenzia una crescita importante nelle abitudini di consumo digitale e una sempre maggiore integrazione dell’AI nei processi quotidiani di studio e lavoro.

Italia e Emirati Arabi Uniti: accordi strategici su energia, difesa e infrastrutture

L’Italia e gli Emirati Arabi Uniti (EAU) hanno recentemente siglato un accordo storico che prevede un investimento di 40 miliardi di dollari da parte degli EAU nel territorio italiano. Questo impegno finanziario rappresenta una delle più significative collaborazioni bilaterali degli ultimi anni e si concentra su settori strategici come l’intelligenza artificiale (IA), le tecnologie avanzate, l’esplorazione spaziale e le energie rinnovabili.

Durante gli incontri ad alto livello a Roma, il Presidente degli EAU, Sua Altezza Sheikh Mohamed bin Zayed Al Nahyan, e il Primo Ministro italiano, l’Onorevole Giorgia Meloni, hanno assistito alla firma di oltre 40 accordi che coprono una vasta gamma di settori. La presenza di entità chiave come MGX e G42 durante le cerimonie di firma sottolinea l’importanza attribuita allo sviluppo dell’IA e l’intenzione di avanzare rapidamente nella realizzazione di infrastrutture digitali all’avanguardia.

Vera di Babelscape: l’arma definitiva contro la disinformazione fact-checking

Nell’era dell’informazione senza confini, la democratizzazione del contenuto attraverso Internet ha rappresentato una rivoluzione epocale, ma ha anche aperto le porte a un problema complesso e insidioso: la disinformazione. Chiunque, con un dispositivo connesso, può creare e diffondere contenuti istantaneamente. Blog, post sui social media e video si propagano a velocità mai viste prima, alimentati da algoritmi che privilegiano la viralità e che, spesso, amplificano titoli sensazionalistici, affermazioni scioccanti e storie emozionalmente cariche.

Questo panorama, già di per sé saturo di informazioni spesso in conflitto tra loro, è stato ulteriormente complicato dall’avvento dell’intelligenza artificiale generativa. Gli stessi sistemi di IA che generano articoli, post, video e immagini possono ingannare gli occhi di un utente medio con contenuti convincenti ma falsi. Il risultato è un pericolo concreto per il dibattito pubblico, la stabilità politica e sociale e la capacità collettiva di distinguere i fatti dalle falsità.

In questo contesto critico, Babelscape presenta Vera, una piattaforma di fact-checking che rappresenta un passo avanti rivoluzionario. Alimentata da modelli linguistici di ampia scala (LLM) e supportata da fonti reali, Vera non si limita a identificare il vero dal falso; essa agisce come un arbitro neutrale e potente in un mare di contenuti incerti.

Rivoluzione Digitale a Costo Zero: Come l’Italia può utilizzare le risorse Europee per potenziare le aziende IT locali

Nel contesto economico attuale, l’Europa è chiamata ad affrontare sfide enormi, tra cui il crescente debito pubblico che, in particolare per l’Italia, ha superato i 3.000 miliardi di euro. Questo rapporto debito/PIL, che ha raggiunto il 136,8%, rappresenta sia un segno tangibile delle difficoltà finanziarie del paese, sia una spinta per cercare soluzioni innovative che possano risollevare l’economia e, allo stesso tempo, risolvere problematiche strutturali. Una via che sta emergendo come fondamentale è l’investimento strategico in tecnologie innovative, soprattutto nel settore IT, un campo in cui l’Italia e l’Europa hanno il potenziale per eccellere, stimolando la crescita economica, l’occupazione e riducendo al contempo la dipendenza da attori esterni, come gli Stati Uniti.

Nicola Grandis, artigiano, sarto su misura Vitrurian-1

In un’epoca in cui la potenza computazionale sembra diventare la nuova valuta del successo, l’idea di un’AI “frugale” come Vitruvian si presenta come la risposta a una domanda che nessuno si era mai posto: è possibile essere innovativi senza sacrificare il pianeta ? Con un sorriso amaro, il continuo sviluppo di modelli linguistici complessi ha trasformato l’energia in un lusso quasi elitario, spingendo il settore o almeno alcuni a interrogarsi sulle proprie priorità etiche e ambientali.

Nel cuore dell’Europa, dove la sostenibilità non è solo un mantra ma una legge scritta a colpi di GDPR e EU AI Act, il team dietro Vitruvian ha deciso di puntare tutto su un approccio che preferisce la logica formale alla statistica massacrante. Sì, perché secondo loro, non serve una valanga di parametri per far “ragionare” un algoritmo: basta emulare quel misterioso processo del pensiero umano, riducendolo a mere regole formali. Un concetto affascinante e, allo stesso tempo, ironico, visto che l’umano ragionamento è noto per essere tutt’altro che lineare e prevedibile.

Stregatto: La Rivoluzione Italiana dell’Intelligenza Artificiale Open Source

L’intelligenza artificiale sta ridefinendo il nostro modo di interagire con la tecnologia, eppure, nel mare magnum di soluzioni offerte dai colossi tech, un progetto italiano sta facendo parlare di sé per la sua semplicità, flessibilità e potenza. Si chiama Stregatto (Cheshire Cat AI) ed è un framework open source pensato per creare agenti conversazionali e applicazioni di intelligenza artificiale altamente personalizzabili. Ma non è solo un software: è una rivoluzione nel modo di pensare l’IA, nata da una community di sviluppatori e imprenditori italiani.

Il Supercomputer Italiano da 1 Miliardo di Dollari: La Sfida di iGenius contro i Giganti dell’AI

L’Italia si trova di fronte a una delle più grandi opportunità tecnologiche della sua storia. iGenius, una startup italiana fondata da Uljan Sharka, sta costruendo il più potente supercomputer per l’intelligenza artificiale mai realizzato in Europa, grazie a una collaborazione strategica con Nvidia. Un progetto da 1 miliardo di dollari, che potrebbe cambiare per sempre il futuro dell’AI nel nostro Paese e posizionare l’Europa come un player globale in una competizione dominata dagli Stati Uniti e dalla Cina.

Uljan Sharka non è un imprenditore tradizionale. Nato in Albania e trasferitosi in Italia, ha scalato il mondo della tecnologia con un percorso fuori dagli schemi, lavorando come autodidatta fino ad arrivare a San Francisco, il cuore pulsante della Silicon Valley. Lì ha capito una cosa fondamentale: il successo delle aziende tecnologiche è legato alla capacità di pensare in grande e di anticipare il futuro di almeno 20 anni. Con questa visione, ha fondato iGenius nel 2016, partendo da un software di analisi dei dati basato sull’AI, fino ad arrivare a raccogliere oltre 70 milioni di euro e stabilire uffici tra New York e l’Italia.

Mattarella e i Neo-Feudatari del Terzo Millennio: l’Europa Sceglierà di Essere Protagonista o Vassallo Felice?

Sergio Mattarella, solitamente pacato e istituzionale, il 6 febbraio 2025 all’Università di Marsiglia ha deciso di abbandonare i toni diplomatici per servire un discorso dal retrogusto amarognolo, con una stoccata elegante ma inequivocabile ai colossi della tecnologia e all’Europa sonnacchiosa.

Ha parlato dei “neo-feudatari del Terzo millennio”, riferendosi a quei simpatici padroni delle grandi aziende tecnologiche che, mentre si proclamano innovatori e filantropi, accumulano un potere che fa impallidire persino i monarchi assoluti del passato.

Il messaggio? Occhio, perché stiamo passando dal feudalesimo storico a una versione aggiornata in cui, invece della terra, controllano dati, informazioni e quindi le nostre vite.

Vitruvian-1: L’Intelligenza Artificiale Italiana che Riscrive i Limiti dell’LLM ASC 27

ASC27 s.r.l., un’azienda italiana fondata nel 2020 e già riconosciuta con il premio WAIC Top 50 nella selezione europea della World Artificial Intelligence Conference di Shanghai nel 2023, ha annunciato il lancio del suo modello linguistico di grandi dimensioni (LLM) denominato Vitruvian-1.

Vitruvian-1 rappresenta un significativo passo avanti nell’ambito dell’intelligenza artificiale in Italia. Attualmente, il modello è alla sua quinta iterazione di training, focalizzandosi su settori cruciali come la medicina, il diritto e le tecniche militari. Questo approccio multidisciplinare mira a creare un modello linguistico versatile e altamente competente in diversi ambiti specialistici.

Un aspetto notevole di Vitruvian-1 è il suo straordinario punteggio ottenuto nel benchmark MATH-500 per un modello da 14 miliardi di parametri, evidenziando le sue avanzate capacità di ragionamento matematico. Durante la quarta iterazione di training, il modello ha raggiunto un punteggio di 93,60 su MATH-500 (tradotto in italiano), che, se fosse stato calcolato con la versione in inglese del benchmark, sarebbe stato significativamente più alto. Questo risultato sottolinea non solo l’abilità tecnica del modello, ma anche l’efficacia di ASC27 nell’adattarlo a contesti linguistici diversi. Attualmente, il team di ASC27 sta preparando l’ambiente per ulteriori benchmark, tra cui AIME e MMLU, per valutare e migliorare ulteriormente le prestazioni del modello.

Il nome “Vitruvian” è un omaggio a Leonardo da Vinci, simbolizzando l’aspirazione a creare un modello che, come il genio rinascimentale con carta e penna, possa raggiungere risultati straordinari con strumenti essenziali. Questo richiamo sottolinea l’obiettivo di Vitruvian-1 di combinare semplicità ed efficacia, offrendo soluzioni innovative nel campo dell’intelligenza artificiale.

ASC27 continua a distinguersi nel panorama dell’IA, contribuendo allo sviluppo di soluzioni avanzate che mirano a colmare il divario tra esseri umani e macchine, promuovendo un progresso tecnologico che valorizza l’interazione umana.

Dalla Rete al Sistema: L’Importanza del Confine Informativo nell’Era dell’AI, Babelscape Knowledge Graph

La differenza tra un grafo e un sistema è sottile ma cruciale. Un grafo è una struttura matematica formale che può modellare un sistema sotto forma di rete. Un sistema, invece, è un’entità più complessa e sfumata, un insieme di elementi interconnessi che si distingue dal suo ambiente circostante. Il passaggio da una rete a un sistema avviene quando si definisce un confine attorno a essa, consentendole di essere percepita come un’unità autonoma.

DeepSeek Bloccato in Italia: La “Minaccia” AI Cinese che Spaventa l’Occidente

Le autorità italiane hanno deciso che DeepSeek, la startup AI cinese che sta facendo tremare Silicon Valley, non può operare in Italia. Il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha sbattuto la porta in faccia alla compagnia, accusandola di non aver fornito risposte sufficienti sulle sue pratiche di raccolta dati. In parole povere: “non ci avete convinto, quindi fuori dai piedi.”

Almawave Lancia Velvet: l’Intelligenza Artificiale italiana Open Source, sostenibile ed efficace

Almawave, azienda italiana specializzata in Data & Artificial Intelligence e quotata su Euronext Growth Milan (AIW), ha presentato ufficialmente Velvet, una nuova famiglia di Large Language Model (LLM) sviluppati interamente in Italia. L’evento, tenutosi presso l’Auditorium della Tecnica di Confindustria a Roma, ha visto la partecipazione di figure di spicco del panorama istituzionale e accademico, consolidando il ruolo di Almawave come protagonista nell’innovazione europea dell’intelligenza artificiale.

Valeria Sandei, Amministratore Delegato di Almawave, ha dichiarato:

«Velvet nasce dalla scelta strategica di investire con determinazione in un ambito tecnologico di vasto potenziale positivo,realizzando una Intelligenza Artificiale progettata per condensare al tempo stesso efficacia, leggerezza nei consumi e grande agilità nell’adattarsi a svolgere compiti mirati nei settori verticali in cui operiamo. Una visione, la nostra, che non è chiamata ad adeguarsi al contesto Europeo, ma lo considera, invece, come valore fondante nella costruzione. Questo sviluppo è frutto del nostro percorso ultradecennale nelle tecnologie del linguaggio, da sempre incentrato sulle competenze tecniche nella IA, che oggi – e sempre più in futuro – possono fare la differenza. Un patrimonio di conoscenza cresciuto in Almawave, sia sul fronte R&D – in sinergia con l’ecosistema accademico italiano -sia nella comprensione dell’uso effettivo di queste tecnologie, grazie a centinaia di progetti concreti realizzati. Il lancio di questi primi modelli generativi è solo l’inizio e ci conferma come un player protagonista in Europa, capace di innovare, pensando che l’IA sia una sfida aperta e che quanto fatto sia la miglior premessa per mettere in campo evoluzioni sempre più rilevanti”.

Velvet si distingue per essere un modello generativo progettato con un forte focus sulla sostenibilità, efficienza e compliance normativa. La famiglia include due modelli: Velvet 14B, con 14 miliardi di parametri, e Velvet 2B, con 2 miliardi di parametri. Entrambi sono stati sviluppati e addestrati sul supercalcolatore Leonardo di Cineca, sfruttando avanzate tecniche di governance dei dati e mitigazione dei bias.

Maserati MC20, l’auto che guida da sola: Perché? Perché no? CES 2025

Chi non ha mai sognato di farsi portare in giro da un’auto che, pur essendo un’icona di lusso, ti evita la noiosa seccatura di dover effettivamente guidare? Maserati, che sicuramente non si è mai accontentata di essere solo una marca di auto, ha finalmente risolto la domanda fondamentale che nessuno si era mai posto: “Perché dovremmo voler una supercar che si guida da sola?”.

La risposta, ovviamente, è nell’ennesima combinazione di intelligenza artificiale e velocità da capogiro, come se il mondo non avesse già abbastanza problemi. La Maserati MC20, presentata al CES 2025, non è solo un’auto super veloce, è una dichiarazione d’intenti: “Non solo ti porto a 300 km/h, ma lo faccio senza che tu faccia nulla. Perché, onestamente, chi ha tempo per il traffico?”

L’MC20 non è una macchina qualunque. Non è una Ferrari o una Bugatti (sì, quelle auto che hai sempre visto nei sogni di chi non ha i soldi per comprarle). La Maserati, però, ha deciso di infondere un po’ di intelligenza artificiale in un’auto che di per sé già era un’ode alla velocità e al lusso.

Su questa vettura fornita da Maserati, il Politecnico di Milano ha integrato tutti i componenti tecnologici di un “robo-driver” (sistemi di attuazione, sensori, computer, sistemi di comunicazione e tutto il software che implementa gli algoritmi dell’AI-driver) per consentire a un’ intelligenza artificiale di guidare.

Mentre i poveri mortali si accapigliano con la routine quotidiana del traffico, la MC20 ti consente di alzare il piede dall’acceleratore e lasciare che l’auto faccia il lavoro sporco per te, ma con classe.

Il Made in Italy al CES 2025: Innovazione e Tecnologie all’Avanguardia Made in Italy

Il CES 2025 di Las Vegas ha rappresentato per l’Italia un’occasione unica per mettere in mostra la propria eccellenza tecnologica e la capacità di innovare su scala globale. Grazie alla presenza di numerose aziende italiane, coordinate dall’Italian Trade Agency (ITA), il padiglione italiano si è distinto per l’impegno a trasformare le sfide del presente in opportunità per il futuro. Ogni partecipante ha portato al CES un contributo unico, che spaziava dall’intelligenza artificiale alla sostenibilità, dalla domotica alla realtà virtuale, passando per l’IoT e la produzione avanzata.

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