Per decenni il quantum computing è stato la barzelletta preferita nei corridoi dei laboratori di ricerca e dei boardroom finanziati a debito. Sempre cinque anni nel futuro, sempre un miraggio, un eterno “sta arrivando” che non arrivava mai. Oggi però l’aria è cambiata. Non sono più solo paper accademici e PowerPoint per investitori annoiati.
Microsoft ha creato un nuovo stato della materia, Google ha fatto girare un algoritmo in cinque minuti che avrebbe richiesto all’universo più tempo di quello che gli serve per invecchiare, IBM promette un computer quantistico fault tolerant entro il 2029. Questa non è più fantascienza, è un conto alla rovescia che pochi stanno ascoltando.
Il paradosso è che mentre il mondo corporate si riempie la bocca di intelligenza artificiale e machine learning, mentre i reparti marketing pompano loghi con la scritta “AI-powered” come se fosse una certificazione FDA, nessuno sembra avere un piano credibile per affrontare il vero terremoto che i computer quantistici scateneranno. Siamo circondati da executive che si agitano per la compliance ESG, che si fanno selfie nei metaversi falliti, ma che non hanno un piano B per quando la crittografia RSA cadrà come un castello di sabbia di fronte a un algoritmo quantistico ben orchestrato.
Il quantum computing non è semplicemente un upgrade di potenza, come passare da un processore Intel i7 a un i9. È un cambio di paradigma che riscrive le regole del calcolo. Significa affrontare problemi che i computer classici non potranno mai risolvere, dalla modellazione molecolare per scoprire farmaci in poche ore, all’ottimizzazione logistica su scala globale, fino alla capacità di spezzare le fondamenta della sicurezza digitale su cui oggi poggia ogni transazione finanziaria, ogni comunicazione criptata, ogni identità digitale. Ed è qui che nasce l’ironia amara: le aziende spendono miliardi per difendersi da hacker russi o ransomware in Python, e intanto ignorano la bomba a orologeria che ticchetta silenziosa nel laboratorio di Google o IBM.
Jensen Huang, CEO di Nvidia, non è noto per vendere sogni sottocosto. Quando lui afferma che “il quantum computing sta raggiungendo un punto di inflessione e siamo a portata di mano”, sarebbe il caso di ascoltarlo. Perché Nvidia non gioca con la metafisica, gioca con i mercati. E i mercati, appena annusano che il quantum è reale, non daranno tregua a chi si è fatto trovare con le difese abbassate. Pensare che si possa affrontare questa rivoluzione con lo stesso approccio superficiale con cui oggi le aziende implementano chatbot o algoritmi di raccomandazione è un suicidio strategico.
Molti CEO si nascondono dietro la solita scusa: “troppo lontano, ci penseremo quando sarà maturo”. È la stessa frase che gli editori pronunciarono davanti al web negli anni Novanta, o che le telco dissero dello smartphone poco prima che Apple le facesse a pezzi. Il quantum computing non è maturo, ma sta accelerando. E quando la curva diventa esponenziale, non c’è margine di recupero. È come giocare a scacchi con Kasparov e pensare di studiare le regole mentre lui muove i pezzi.
Un altro aspetto che le aziende fingono di ignorare è la questione della sicurezza dei dati. L’attuale impianto di crittografia che protegge le banche, le transazioni e i segreti industriali poggia su un presupposto semplice: certi calcoli richiederebbero troppo tempo ai computer classici. Ma un computer quantistico sufficientemente potente distruggerà questo presupposto in poche ore. La corsa al cosiddetto quantum safe cryptography non è un esercizio accademico, è l’unico argine contro la catastrofe. Eppure, nelle boardroom americane, la priorità sembra ancora essere la nuova campagna TikTok.
Il quantum computing non sarà solo una minaccia, ma anche la più grande opportunità di business degli ultimi decenni. Chi saprà sfruttarlo potrà ridisegnare modelli di simulazione finanziaria con precisione maniacale, prevedere scenari macroeconomici e gestire rischi come nessun hedge fund ha mai potuto fare. Potrà reinventare il design di materiali, trovare cure a malattie finora inaffrontabili, comprimere tempi e costi di ricerca da anni a giorni. È un campo da gioco in cui i primi mover diventeranno imperi e i follower saranno poco più che statisti in un teatro già occupato.
Il problema è che prepararsi richiede una visione che oggi manca. Non basta aprire un laboratorio di innovazione o fare un paio di partnership con startup quantistiche per mostrarsi sui giornali di settore. Servono strategie di lungo periodo, roadmap tecnologiche, investimenti in competenze che oggi non esistono sul mercato. Un ingegnere quantistico non si improvvisa, e quando la domanda esploderà, i pochi talenti disponibili verranno catturati dalle big tech che stanno già posizionando le trappole. Il resto del mercato si dovrà accontentare dei corsi online sponsorizzati da LinkedIn.
Il quantum computing non è solo una tecnologia, è una lente crudele che mostrerà quali aziende hanno davvero una cultura dell’innovazione e quali si limitano a recitare la parte. E qui sta il punto più ironico: le stesse corporation che si dichiarano “digital first” finiranno probabilmente preda del prossimo reshuffle tecnologico, perché non hanno capito che la vera discontinuità non è il machine learning che corregge ortografie o genera immagini di gatti, ma il salto quantistico che cambierà le regole del gioco.
Per chi guida aziende, la scelta non è se il quantum computing arriverà, ma come reagire quando il primo competitor lo userà per battere previsioni di mercato, ottimizzare supply chain globali o violare la sicurezza della concorrenza. La differenza tra preparati e impreparati non sarà di qualche punto percentuale nel bilancio, ma di sopravvivenza. E quando la storia tecnologica decide chi resta e chi sparisce, non guarda in faccia nessuno, nemmeno le fortune di Wall Street.
Il futuro è meno lontano di quanto si voglia credere. Non siamo più nel regno delle promesse da conferenza stampa. Microsoft, Google e IBM non stanno cercando titoli accademici, stanno costruendo la prossima arma di distruzione creativa. Se oggi il quantum computing resta confinato ai laboratori, domani sarà lo strumento con cui pochi attori globali ridisegneranno l’economia. Ed è proprio questo che dovrebbe togliere il sonno ai CEO americani, più di qualsiasi recessione o crisi geopolitica. Perché quando il quantum entrerà nella realtà quotidiana, non ci sarà tempo per le scuse.