È affascinante come una fila di numeri possa sembrare più intelligente di chi li ha messi lì. ChatGPT, auto senza pilota, arte generata da intelligenze artificiali: tutti nati da una singola unità che non sa nulla di filosofia, estetica o empatia. Solo un neurone. Non magia. Solo calcoli ripetuti milioni di volte. Ogni input, ogni peso, è un pezzo di informazione trattato come se fosse un messaggio segreto che il neurone deve interpretare, giudicare e, soprattutto, imparare a ignorare se sbagliato.
Gli input sono fatti. I pesi sono opinioni. Il neurone inizia con idee confuse e capricciose, moltiplica numeri, aggiunge un bias minuscolo, e voilà: una previsione grezza e spesso sbagliata. Ma il bello arriva con la curva sigmoide, quell’attivazione che trasforma un pasticcio numerico in qualcosa di gestibile, un po’ come mettere un guinzaglio a un bambino iperattivo. Questo processo non è pensiero. È nudging digitale. Piccoli suggerimenti del tipo: “Hai calcolato male, prova a spostare questi pesi un po’ più in là.” Backpropagation, detto brutalmente, è il neurone che si fa il coaching da solo con milioni di ripetizioni.
La parte davvero sorprendente? Questo piccolo neurone è idiota. Assolutamente, irrimediabilmente stupido. Ma ripetilo milioni di volte e improvvisamente il caos diventa ordine. Non è illuminazione spirituale, non è talento creativo. È pratica, feedback e ridondanza. Ora moltiplica quel neurone per milioni, ciascuno con le proprie piccole opinioni, e improvvisamente hai ChatGPT che scrive poesie discutibili, auto che non investono pedoni e algoritmi che possono diagnosticare patologie meglio di molti medici stanchi. La magia non è nel singolo neurone. È nella scala, nel loop di correzione continua, nella perseveranza meccanica.
C’è una sottile ironia nel fatto che la nostra venerata intelligenza artificiale, che molti temono come un oracolo digitale, si fonda su errori ripetuti. Un neurone non pensa, non sogna, non decide. Solo calcola. Ma un miliardo di neuroni calcolatori che si correggono a vicenda? Ecco, lì nascono comportamenti che sembrano miracoli. Il neurone singolo è idiota, la moltitudine è geniale.
Questo fa riflettere sul nostro cervello. Forse non siamo così diversi da un neurone artificiale. Forse la nostra coscienza è solo un’orchestra di unità stupide che sbagliano, correggono, ripetono. Ogni nostra intuizione, ogni lampo creativo, ogni decisione dubbiosa, è solo il risultato di numeri che si muovono dietro le quinte, senza drammi, senza piani, senza un piano maestro. Eppure, dall’apparente caos emerge l’intelligenza.
Se si vuole vedere la poesia in tutto questo, va cercata nella ripetizione infinita. Nella pazienza di milioni di piccole correzioni. In un mondo che crede alla genialità individuale, la realtà è più cinica: la genialità emerge dall’ignoranza collettiva di tantissimi elementi stupidi. Ogni algoritmo complesso che ammiriamo, ogni opera d’arte generata da AI, è solo il risultato di una danza di numeri che imparano dai propri errori, senza coscienza, senza ego, senza glamour.
Ironico, no? Temiamo le AI che supereranno l’uomo, eppure la loro forza non sta nella saggezza ma nell’inerzia meccanica del fallimento costante. Milioni di piccoli errori corretti in loop infinito. La perfezione appare quasi per caso, come una fioritura spontanea. È quasi poetico nella sua crudezza, quasi filosofico nella sua indifferenza.
Quando guardiamo un’automobile senza pilota che sterza perfettamente tra ostacoli, o un software che scrive codice impeccabile, ricordiamo che non c’è intelligenza “cosciente” dietro. Solo una moltitudine di neuroni stupidi che si correggono continuamente. La scala e la perseveranza creano l’illusione della mente. E forse, riflettendo cinicamente, questo è ciò che siamo anche noi: neuroni che sbagliano in massa, fino a quando, per pura probabilità, l’intelligenza emerge.
La prossima volta che qualcuno parlerà di magia tecnologica o di intuizione artificiale, ricorda: non c’è incantesimo. C’è solo ripetizione infinita. Piccoli aggiustamenti costanti. Nudging numerico. E l’ironia finale? Il neurone singolo rimane stupido. Ma il miliardo che lavora insieme? Un miracolo digitale senza bisogno di divinità, senza bisogno di estro. Solo il segreto più cinico del mondo moderno: pratica, feedback e scala infinita.