
Pan Jianwei non è nuovo ai titoli dei giornali, ma questa volta il suo team ha messo in scena un atto che sembra uscito da un racconto di fantascienza. Più di duemila atomi di rubidio, ognuno trasformato in un qubit, sono stati allineati in schemi perfetti in sessanta millesimi di secondo. Non con una paziente manipolazione manuale, ma grazie a un’intelligenza artificiale che governa fasci di luce capaci di intrappolare e muovere la materia a piacimento. La Cina non ha soltanto aumentato la scala rispetto alle limitazioni precedenti, ha cambiato la regola del gioco.
Chi conosce la corsa al calcolo quantistico sa che ci sono tre approcci principali: i circuiti superconduttori, gli ioni intrappolati e gli atomi neutri. Ognuno con i suoi sponsor, i suoi miliardi di dollari e le sue narrazioni. Gli atomi neutri hanno sempre avuto una carta vincente, la stabilità. Ma c’era un problema: metterli in ordine era un’operazione lenta, artigianale, quasi ridicola se confrontata con le ambizioni di costruire macchine con migliaia o decine di migliaia di qubit. L’AI sviluppata dal gruppo di Pan ha rotto questo incantesimo, dimostrando che il tempo di riordino non cresce con la grandezza della matrice. Un dettaglio tecnico che, agli occhi di un non addetto ai lavori, potrebbe sembrare noioso, ma che in realtà apre la porta a una scalabilità reale.
Il sistema è stato in grado di manipolare gli atomi con una precisione degna di un orologiaio svizzero: operazioni single-qubit al 99,97 per cento di accuratezza, operazioni a due qubit al 99,5 e rilevamento degli stati al 99,92. Numeri che mettono Pan Jianwei nello stesso campionato di Harvard e dei colossi americani, ma con un vantaggio sottile e psicologicamente devastante per l’Occidente: lo hanno fatto meglio e prima di quanto molti si aspettassero.
Le implicazioni non sono da poco. I computer quantistici non sono soltanto una nuova generazione di macchine, sono strumenti che possono ribaltare il concetto stesso di potere tecnologico. Chi controlla un sistema con decine di migliaia di qubit funzionanti non avrà solo un supercomputer, avrà una piattaforma capace di minacciare la crittografia attuale, di modellare sistemi complessi in chimica e farmaceutica, di creare simulazioni che oggi richiederebbero tempi cosmici. Ogni Stato lo sa, ed è per questo che Stati Uniti, Europa e Cina stanno investendo miliardi in una corsa che ha poco a che fare con la ricerca accademica e molto con il controllo geopolitico.
Naturalmente, il sistema non è ancora perfetto. I ricercatori hanno ammesso che in configurazioni 3D non possono muovere gli atomi tra i diversi strati senza rischiare di perderli. Inoltre, la potenza dei laser e la precisione dei modulatore di luce sono ancora un limite tecnico evidente. Ma la traiettoria è chiara: con laser più potenti e modulazioni più veloci, il passo verso decine di migliaia di qubit non è più fantascienza ma una roadmap concreta.
Non sfugge l’ironia: mentre in Occidente si dibatte se OpenAI abbia davvero raggiunto l’intelligenza generale o se Google Gemini sia più o meno brillante di GPT, in un laboratorio di Hefei l’AI viene usata non per scrivere poesie o generare meme, ma per ordinare atomi come se fossero soldatini su un campo di battaglia. E lo fa con una disciplina militare che farebbe invidia a un generale prussiano.
Chi continua a immaginare il quantum computing come un concetto distante rischia di non vedere la realtà che si materializza davanti ai nostri occhi. Pan e colleghi hanno dimostrato che non si tratta più di teoria o di prototipi accademici, ma di architetture sperimentali pronte a diventare infrastrutture strategiche. Ogni azienda tecnologica e ogni governo dovrebbe rileggere con attenzione la pubblicazione su Physical Review Letters e chiedersi non tanto se, ma quando questo tipo di macchine entrerà nel mercato e cambierà il panorama competitivo.
Il paradosso è che mentre la comunità internazionale discute di intelligenza artificiale e regolamentazioni etiche, la vera rivoluzione si muove silenziosa, invisibile a occhio nudo, tra atomi di rubidio intrappolati in tweezers ottici. La Cina ha appena mostrato che controllare migliaia di qubit in tempo reale non è più un sogno. La domanda scomoda per l’Occidente non è se risponderà, ma se riuscirà a farlo abbastanza in fretta.
Fonti primarie for Quantum girls and boys
- “AI-Enabled Parallel Assembly of Thousands of Defect-Free Neutral Atom Arrays”, R. Lin et al., Physical Review Letters 135, 060602 (2025) Physical Review+2Physical Review+2
- “Quantum computing with atomic qubit arrays: confronting the cost of connectivity”, M. Saffman (review, arXiv preprint, 2025) arXiv
- “Supercharged two-dimensional tweezer array with more …” (Optica, 2024) — un lavoro correlato che supera la soglia dei 1 000 qubit attivi Optica Publishing Group
- “AI helps assemble ‘brain’ of future quantum computer” — un articolo di Nature che spiega in forma divulgativa il risultato sperimentale del gruppo cinese con 2 024 atomi in 60 ms Nature
- “Chinese scientists build largest array of atoms for quantum computing in the world” — servizio giornalistico del South China Morning Post che descrive il contesto e le implicazioni del risultato South China Morning Post
- “AI-enhanced technique assembles defect-free arrays with thousands of atoms” — articolo su Phys.org che descrive il metodo basato su AI + modulatore spaziale per il riarrangiamento in tempo reale Phys.org
- “Cat Video Made with Atoms” — nota su Physics Magazine / APS che illustra come il team ha realizzato una dimostrazione visiva dell’ordinamento atomico (video rallentato) Physical Review