C’è qualcosa di affascinante, quasi surreale, nell’idea che un’azienda di sei anni, con un CEO che si dichiara umile portatore della coscienza artificiale globale, stia trattando per una raccolta fondi da quaranta miliardi di dollari mentre i suoi dipendenti vendono azioni come se fossero opzioni su GameStop nel 2021.
Ma in questo teatro di specchi chiamato Silicon Valley, l’eccezione è la norma. OpenAI, società nata come non profit con un’etica missionaria per “assicurare che l’intelligenza artificiale generale benefici tutta l’umanità”, oggi si muove come un hedge fund che ha appena letto “The Prince” di Machiavelli.