È desolante, come ha detto papa Leone XIV, che la forza del diritto internazionale e del diritto umanitario venga oggi calpestata o sostituita da un cinico “diritto di obbligare con la forza”. Questa denuncia, pronunciata durante l’udienza all’Assemblea plenaria della Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali, non è un semplice atto di fede religiosa o un richiamo morale astratto: risuona come un grido che molti giornali internazionali hanno colto con crescente preoccupazione. Il Financial Times ha definito questo fenomeno “un punto di rottura nella governance globale”, evidenziando come l’era post-Westfalia stia sfumando nel caos delle potenze che ignorano le regole e si arroccano dietro interessi geopolitici e armamenti. Nel suo editoriale, il NYT sottolinea che “la diplomazia è ormai schiacciata dall’onnipresenza militare e dalla propaganda che cerca di giustificare l’injustificabile”, mentre The Guardian evidenzia come “le popolazioni soffrono per un sistema internazionale che sembra incapace di fermare la corsa al riarmo, drenando risorse essenziali”.

La citazione del Papa, in particolare, mette a nudo una verità scomoda e universalmente ignorata: la perversa illusione che la supremazia militare possa sostituire la giustizia e la pace. Le riviste come Foreign Policy hanno analizzato come questo “mito del potere risolutore” alimenti un circolo vizioso di odio e vendetta, con un impatto devastante sulle società civili, e in particolar modo sui popoli più vulnerabili. Non è un segreto che enormi quantità di denaro finiscono nelle mani di mercanti d’armi senza scrupoli, un aspetto su cui The Economist ha costruito più di un reportage, evidenziando come questi capitali siano “la linfa nera di un sistema che distrugge ciò che dovrebbe costruire”.

L’osservazione del Papa circa la gente “sempre meno ignara” su questi flussi finanziari fa eco a quanto documentato da Transparency International e vari think tank: una parte significativa dei bilanci militari nazionali si perde in circuiti opachi, mentre infrastrutture fondamentali come ospedali e scuole vengono lasciate al loro destino o addirittura bombardate. Il Washington Post ha riportato storie di comunità devastate dalla distruzione, dove “il diritto alla salute e all’istruzione è diventato un privilegio di pochi, mentre la guerra e il riarmo continuano a mietere vittime”.

Questa denuncia papale, con la sua vena quasi profetica, non può essere relegata a un semplice discorso religioso, ma deve essere letta come un monito severo a un sistema globale che ha smarrito la bussola morale e pratica. Da Parigi a New York, da Londra a Berlino, si moltiplicano le analisi che confermano come la pace non possa essere il risultato di armi più sofisticate, ma di una volontà politica e culturale che metta al centro la dignità umana e la giustizia internazionale. Finché questa speranza rimarrà soffocata da egoismi nazionali e profitti di guerra, il rischio è di una deriva che non ha più bisogno di giustificazioni se non la forza bruta, appunto quel “diritto” che il Papa definisce indegno e vergognoso.