Quando un’azienda tecnologica inizia a distribuire bonus da “alcune centinaia di migliaia a milioni di dollari” a un terzo della propria forza lavoro, il segnale non è semplicemente generosità o crescita: è panico strategico. OpenAI, il semidio creatore di ChatGPT, si sta preparando al lancio del suo prossimo modello GPT-5 e, allo stesso tempo, fronteggia quella che si può definire solo come una guerra asimmetrica del talento. Gli assegni non servono più a motivare, servono a blindare. Perché il vero capitale nell’era dell’intelligenza artificiale non è il software, è chi lo scrive.

L’operazione di retention è chirurgica e selettiva: circa 1.000 dipendenti, tutti dei team di ricerca tecnica e ingegneria, riceveranno bonus strutturati su base trimestrale per i prossimi due anni. Si potrà scegliere tra contanti o azioni, come in ogni buona guerra fredda in cui la valuta è meno importante della fedeltà. È il riflesso di un’industria dove il costo marginale dell’intelligenza è sceso, ma il costo della genialità umana è esploso. La decisione di legare i bonus a performance, ruolo e anzianità racconta una verità scomoda: non tutti i talenti sono uguali e, in questa fase, alcuni valgono più di un chip Nvidia H100.

Ma la mossa di OpenAI non si esaurisce con la busta paga maggiorata. Sullo sfondo, si sta preparando una maxi operazione di secondaria vendita azionaria, rivolta ai dipendenti attuali ed ex. Valutazione stimata: 500 miliardi di dollari. Un numero così surreale da far impallidire anche i benchmark del venture capital californiano. Non è un IPO, non è un’acquisizione, è una fuga in avanti finanziaria per cristallizzare una capitalizzazione teorica prima che arrivi il prossimo terremoto nel settore. Perché tutti, ma proprio tutti, stanno cercando di rubare cervelli.

Meta è stata la più aggressiva nelle ultime settimane. Ha strappato diversi ricercatori da OpenAI, come se stesse costruendo un proprio Manhattan Project dell’AI. Il linguaggio usato da Mark Chen, Chief Research Officer di OpenAI, non lascia spazio all’interpretazione: “risponderemo in modo aggressivo”. Tradotto dal corporate al geopolitico, significa che si sta entrando in una fase in cui la competizione non è più sul prodotto, ma sulle persone che lo creano. I modelli linguistici si allenano su set di dati, ma la guerra si combatte con i badge aziendali.

Il fenomeno è la conseguenza naturale di un mercato che ha smesso di essere un ecosistema collaborativo e ha abbracciato la logica del monopolio intellettuale. L’intelligenza artificiale generativa è diventata troppo potente, troppo strategica, troppo simbolica per essere trattata come una commodity. Gli stipendi a sette cifre e le stock option non sono più benefit, sono armi di deterrenza. E il loro effetto è doppio: fidelizzare i talenti interni e alzare il costo di acquisizione per i concorrenti.

La fragilità del sistema, tuttavia, è palese. OpenAI sta pagando per trattenere le stesse persone che un tempo entravano per passione e visione. Ora il carburante è l’incentivo economico. E mentre l’azienda si muove verso valutazioni monstre da mezzo trilione, le dinamiche interne ricordano sempre più quelle di una startup paranoica sotto assedio. Se i tuoi migliori cervelli sono pronti ad andarsene al primo aumento di Meta, forse non hai costruito un’identità aziendale così solida come pensavi. O forse è la natura stessa del settore a non permetterlo più.

Il fatto che questi bonus siano legati a GPT-5 è particolarmente significativo. Il nuovo modello promette, come sempre, un salto quantico nelle capacità di ragionamento, comprensione e generazione. Ma più il modello diventa potente, più le implicazioni etiche, politiche ed economiche diventano esplosive. Il rischio sistemico aumenta. La reputazione dell’azienda dipende dalla qualità dei suoi ricercatori. E il mercato lo sa.

In questo contesto, la concorrenza non viene solo da Meta. Anche Anthropic, Google DeepMind, xAI di Elon Musk, e un esercito di startup iper-finanziate stanno saccheggiando i ranghi dell’AI con offerte che sfidano la razionalità. Quando un ingegnere AI con due anni di esperienza viene pagato più di un partner di Goldman Sachs, qualcosa è chiaramente fuori scala. Ma nessuno può permettersi di perdere il vantaggio competitivo, quindi la corsa continua.

I bonus di OpenAI, nel breve termine, saranno efficaci. Ma nel lungo termine pongono una domanda fondamentale: che tipo di azienda vuoi essere? Una fabbrica di modelli sempre più potenti alimentata da soldi infiniti, o una comunità di innovatori che crede in una missione? Se scegli la prima strada, ti ritroverai presto a combattere una guerra di salari infiniti che non puoi vincere. Se scegli la seconda, devi essere disposto a perdere battaglie tattiche per una visione strategica.

Nel frattempo, ogni modello rilasciato è una dichiarazione di potenza. Ogni assunzione, un investimento bellico. E ogni bonus, un antidoto contro la diserzione. Benvenuti nella nuova corsa agli armamenti digitali, dove le armi non sono bombe, ma righe di codice. E l’intelligenza, quella artificiale ma anche quella umana, è la nuova valuta globale.

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