Satya Nadella non è mai stato un CEO da cocktail con i ministri né un oratore da conferenza stampa istituzionale. È sempre stato un ingegnere travestito da manager, un uomo che preferisce i diagrammi di architettura software alle foto ufficiali accanto a un capo di stato. La notizia che abbia deciso di spogliarsi di parte delle sue incombenze commerciali per concentrarsi di nuovo sulla parte ingegneristica non è un colpo di scena, è un ritorno a casa. La domanda vera è perché abbia aspettato dieci anni per farlo, dopo aver preso il timone di Microsoft nel 2014 e aver trasformato un colosso stagnante in una macchina da soldi capace di contendere a Apple e Google la supremazia del digitale.
Microsoft oggi non è un’azienda tecnologica qualunque, è il cuore pulsante di un’industria che vive di hype intorno all’intelligenza artificiale. Nadella ha detto chiaramente che il focus sarà sul potenziamento dei data center, sulla scienza AI e sull’innovazione dei prodotti. Tradotto: più chip, più server, più ingegneri chiusi nei bunker climatizzati che fanno girare modelli linguistici grandi come il PIL di una nazione emergente. Non serviva un comunicato stampa per capirlo, bastava guardare gli investimenti miliardari che la società sta riversando su OpenAI, su Nvidia e sulle infrastrutture che reggono questa nuova corsa all’oro digitale.
Il paradosso è che Nadella sembra liberarsi dalle catene della diplomazia con governi e clienti proprio mentre Microsoft deve convincere il mondo a pagare per i suoi strumenti di AI, a partire da Copilot. Qui emerge la crepa nella narrazione: i clienti non sono particolarmente entusiasti. Copilot, alimentato in larga parte dalla tecnologia di OpenAI, promette meraviglie ma spesso si inceppa su dettagli che, per un’azienda, contano più di cento slide visionarie. Nessun CFO vuole pagare per un assistente digitale che scrive report pieni di errori o che “allucina” risposte in una call con gli investitori.
L’ironia sta nel fatto che proprio mentre Microsoft spinge sull’integrazione di modelli di OpenAI nei suoi servizi, ha annunciato che alcuni nuovi strumenti Office useranno i modelli di Anthropic, rivale diretto della creatura di Sam Altman. È come se un ristorante stellato iniziasse a comprare dessert dalla concorrenza perché la propria pasticceria non convince i clienti. Non è esattamente il segnale di fiducia cieca che ci si aspetterebbe in una partnership strategica.
Eppure Nadella sembra a suo agio. Finalmente può tornare a parlare la lingua che preferisce, quella dei fogli Excel pieni di numeri di transistor e delle roadmap ingegneristiche che misurano il successo in nanometri. Che lasci la parte commerciale al suo Chief Commercial Officer Judson Althoff è un atto quasi liberatorio. Qualcuno potrà dire che è un rischio, perché un CEO che si stacca dal fronte clienti rischia di perdere il polso del mercato. Ma forse Nadella ha capito che la battaglia si vince nei laboratori, non nei salotti di Davos.
Microsoft oggi ha bisogno di costruire più che di vendere. I dati parlano chiaro: le big tech bruciano miliardi in GPU e data center per supportare modelli sempre più costosi, mentre i ricavi da AI enterprise sono ancora incerti. La vera moneta non è la narrativa ma la capacità di tenere in piedi infrastrutture mastodontiche senza blackout e senza incidenti di sicurezza. E in questo, un ingegnere che ritorna alle origini può fare la differenza più di qualsiasi campagna marketing.
La sfida più interessante riguarda proprio il rapporto con OpenAI. Dopo aver salvato Altman da un colpo di palazzo degno di un romanzo di Le Carré, Microsoft pensava di avere il controllo della sua gallina dalle uova d’oro. Ma OpenAI sta già progettando i propri data center e riducendo la dipendenza dal partner di Redmond. È una tensione inevitabile: chi controlla il modello controlla il futuro, e Microsoft rischia di ritrovarsi come un inquilino che paga miliardi per vivere in una casa di cui non avrà mai le chiavi definitive.
Il resto è pura dinamica di potere. Nadella sa che se vuole restare al centro del gioco deve spingere Microsoft a non essere solo il braccio infrastrutturale di qualcun altro ma il cervello che innova. I clienti che oggi sbuffano davanti a Copilot potrebbero domani abituarsi a pagare un extra per funzionalità che davvero semplificano la vita lavorativa. Ma per arrivare a quel punto serve raffinare la tecnologia con una precisione chirurgica. E chi meglio di un CEO che si sente ancora ingegnere può farlo?
In fondo, non è la prima volta che Nadella scommette controcorrente. Quando prese in mano Microsoft, l’azienda era ancora ossessionata da Windows. Fu lui a dire che il futuro era il cloud e a trasformare Azure nel core business che oggi traina la capitalizzazione. Oggi sta dicendo la stessa cosa con l’intelligenza artificiale: basta compromessi, bisogna mettere la tecnologia al centro e lasciare che il resto si adatti.
Il tono quasi sarcastico della vicenda è che i governi e i grandi clienti continueranno comunque a pretendere la sua presenza. Un CEO non può davvero sparire nei laboratori. Ma il messaggio lanciato al mercato è chiaro: Microsoft intende vincere la guerra dell’AI giocando da costruttore, non da venditore. Satya Nadella torna ingegnere, e se la storia recente è un’indicazione, questo potrebbe essere il segnale che l’azienda è pronta a scrivere il suo prossimo atto rivoluzionario.