Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

Autore: Redazione Pagina 35 di 91

Europa quantistica, DNA digitale e il ritorno del regolatore: il 2025 sarà il tuo incubo o il tuo jackpot

Benvenuti nel 2025, l’anno in cui l’Unione Europea smette di giocare con i Lego normativi e comincia a costruire un’architettura tecnologica che potrebbe riscrivere le regole del potere digitale. Non è fantascienza, è la fredda cronaca delle prossime mosse: strategia quantistica Q2, Digital Networks Act Q4, regolazione italiana (delibera 55/25/CONS) e sullo sfondo una DAZN che si traveste da Netflix per muscolarsi con DAZN Edge.

La parola chiave è una sola: quantistica. Tutto il resto reti digitali, CDN, edge delivery, regolazione sono le variabili collaterali. Ma il cuore del gioco è qui: il controllo dei bit subatomici e del flusso di dati che scorrerà attraverso le reti di nuova generazione.

Perplexity e la scommessa dell’agente conversazionale che compra per te e si fa pure pagare con PayPal

Non è più solo una gara a chi genera il testo più fluente, il codice più elegante o il riassunto più smart. No, il mercato dell’intelligenza artificiale generativa sta entrando nella fase in cui il chiacchierone digitale deve anche vendere, incassare, spedire e possibilmente non sbagliare un indirizzo. In altre parole, l’AI ora ti vuole anche comprare la roba. Da sola.

E Perplexity, che fino a ieri era l’alternativa nerd a ChatGPT, ha appena rilanciato pesantemente: partnership con PayPal, checkout dentro la chat, e-commerce integrato come fosse una roba naturale. Altro che “motore di risposta”, qui siamo alla nascita dell’agente conversazionale commerciale, o, come la chiamano loro, agentic commerce. Il chatbot non è più un assistente. È il tuo personal shopper con poteri di pagamento.

Nvidia, Trump e l’AI: il capitalismo del silicio fa il saluto romano

Nel far west dorato dell’intelligenza artificiale, la mossa più potente non la fa chi costruisce i chip, ma chi sa farsi amici i pistoleri giusti a Washington. E così, Nvidia che di questi tempi vale quanto l’intero PIL di uno Stato africano medio ha appena incassato il jackpot politico: gli Stati Uniti hanno ritirato in silenzio, senza nemmeno troppo clamore mediatico, quella fastidiosa “AI Diffusion Rule” che avrebbe limitato l’export dei chip AI più avanzati. Tradotto: semaforo verde a vendite ovunque, purché non si parli mandarino o russo.

Nvidia e il nuovo petrolio del Golfo: AI, geopolitica e l’arte di vendere chip a chi paga meglio

Nel 2025, l’oro nero ha cambiato forma: ora è fatto di silicio, transistor e interconnessioni neurali. E chi lo raffina non è più in Texas o in Siberia, ma a Santa Clara, California. Nvidia, il colosso dei chip AI, ha appena siglato un accordo da 18.000 unità GB300 Grace Blackwell con Humain, la startup saudita finanziata dal Public Investment Fund. Questi chip alimenteranno un data center da 500 megawatt, posizionando l’Arabia Saudita come nuovo hub dell’intelligenza artificiale nel Golfo.

Amazon investe 5 miliardi in Arabia Saudita per l’AI: tra geopolitica, cloud e illusioni di grandezza

Amazon Web Services (AWS) ha appena firmato un accordo con HUMAIN, la nuova creatura di Mohammed bin Salman, per investire oltre 5 miliardi di dollari nella creazione di una “AI Zone” in Arabia Saudita. Un progetto che promette infrastrutture di calcolo avanzate, reti UltraCluster, servizi come SageMaker, Bedrock e Amazon Q, e un marketplace unificato per agenti AI.

Copyrightpocalypse: come la guerra per l’AI sta cannibalizzando Washington

Elon Musk voleva mangiarsi la torta e farsela servire dal Congresso. Ma stavolta gli è rimasta di traverso. Il tentativo di prendere il controllo dell’Ufficio Copyright statunitense roba da nerd che scrivono documenti noiosi da 300 pagine che nessuno legge, ma che decidono il futuro dell’intelligenza artificiale si è trasformato in un boomerang politico, giuridico, e pure un po’ esistenziale. Una guerriglia tra oligarchi della Silicon Valley, populisti a caccia di vendette, e funzionari pubblici buttati giù dal treno in corsa senza biglietto di ritorno.

Google vuole comprarsi il futuro

Senza nemmeno suonare il gong, Google entra nella gabbia dell’intelligenza artificiale con l’ennesima trovata, mascherata da filantropia tecnologica: l’AI Futures Fund. Un nome da romanzo cyberpunk di serie B, ma con dentro il solito schema di colonizzazione strategica: capitali, risorse, controllo. Questa volta però non si parla di acquisizioni muscolari alla “dammi la tua startup e ti compro pure il cane”, ma di una seduzione più sottile. Il fondo non ha scadenze, non segue coorti, non chiede pitch al minuto. È sempre aperto, sempre pronto. Tipo l’occhio di Sauron, ma con badge di Google Cloud.

Manus ai spalanca le porte: l’elite degli agenti artificiali è ora alla portata di tutti

È finita l’epoca delle liste d’attesa e degli inviti esclusivi. Manus AI, la creatura semi-mitologica partorita da un gruppo di imprenditori cinesi in cerca di gloria e capitali americani, è finalmente accessibile a chiunque. Bastano una mail, una password e la voglia di giocare con qualcosa che promette di essere molto più di un chatbot con l’ego gonfiato. Un’agente AI generalista, capace di svolgere compiti complessi, con l’ambizione di diventare il nuovo standard nel settore emergente (ma già iperaffollato) degli agenti intelligenti.

Il potere nascosto dei piccoli modelli: Maestrale, l’LLM Italiano che scompiglia le carte

Ogni tanto, nel mondo iper-lubricato degli LLM, dove tutto sembra deciso da boardroom americane, arriva un vento diverso. Non parlo per caso di un “maestrale”, ma di Maestrale lo SLM (Small Language Model) fine-tuned italiano che sta mettendo in discussione molte certezze dell’AI globale.

Mentre tutti inseguono la scia dei GPT-4o e dei Claude 3 Opus, e i ranking di LLM Arena sembrano riflettere una gara a chi ha più GPU o budget marketing, in sordina Maestrale si è guadagnato uno dei podi nella versione italiana di LLM Arena. Sì, proprio lui, un modello da 7B parametri (Mistral7B), rimaneggiato da due italiani Mattia Ferraretto ed Edoardo Federici con una cura quasi artigianale.

E qui casca il palco.

HealthBench: l’intelligenza artificiale medica si misura con 49 lingue e nuove sfide globali

OpenAI ha appena alzato il livello della sfida, portando il mondo dell’intelligenza artificiale medica verso un nuovo orizzonte con il lancio di HealthBench, un benchmark open source progettato per testare le capacità degli LLM (modelli linguistici di grandi dimensioni) nel rispondere a domande mediche. Ma non stiamo parlando di un generico set di dati o di un sistema che si limita a rispondere in modo aleatorio: HealthBench si distingue per un approccio sofisticato e mirato, con criteri medici rigorosi e la capacità di analizzare risposte in ben 49 lingue diverse. Questo non è solo un passo in avanti nel campo dell’AI, è una vera e propria rivoluzione nella valutazione della competenza medica delle AI, che rischia di cambiare per sempre il modo in cui interagiamo con le tecnologie sanitarie.

Ma chi sta davvero vincendo in questa partita? Gli LLM? O siamo solo spettatori di un gioco dove l’umanità si trova a fare da semplice comparsa? La risposta, ovviamente, non è semplice.

Alibaba accelera l’adozione globale dei modelli AI Qwen3 attraverso le piattaforme di sviluppo online

Alibaba ha deciso di aprire i suoi modelli AI Qwen3 a una serie di nuove piattaforme di linguaggio, un passo strategico che punta non solo a rafforzare la sua posizione sul mercato, ma a spingere anche l’adozione globale dei suoi modelli open-source. L’iniziativa è tanto interessante quanto provocatoria, poiché non si tratta solo di una semplice mossa commerciale, ma di un vero e proprio tentativo di fare il salto di qualità nella comunità open-source internazionale, dove Alibaba sta velocemente costruendo una leadership che non può essere ignorata.

Il ritorno del sottile: Galaxy S25 Edge e l’illusione della leggerezza intelligente

Samsung lo fa sottile. Di nuovo. Ma questa volta ci prova con la faccia seria, tirando fuori il Galaxy S25 Edge, una lama di silicio da 5,8 mm e 163 grammi, che vuole sembrare premium, elegante e – ovviamente – “AI-powered”. Il messaggio è chiaro: meno peso, più status. E una nuova generazione di consumatori (o meglio: utenti-appendice) da convincere che più sottile significhi più avanzato. E magari anche più intelligente.

La keyword qui è Galaxy S25 Edge, naturalmente. Ma i veri protagonisti sono due concetti usati e abusati: leggerezza e intelligenza artificiale. Due concetti che, nel mercato smartphone 2025, sembrano diventati sinonimi di innovazione, ma che rischiano di essere solo un modo più elegante per dire “abbiamo finito le idee”.

La tua faccia ti sta tradendo: FaceAge l’AI può dire quanto vivrai, meglio del tuo oncologo

Mettiti comodo, apri la fotocamera, sorridi… e preparati a sapere se morirai prima del previsto. No, non è un nuovo filtro di TikTok, è FaceAge, l’ultima creatura partorita dai cervelli (e server) del Mass General Brigham. Un algoritmo che guarda una tua semplice selfie e ti sussurra all’orecchio non solo quanti anni sembri, ma quanti te ne restano. Spoiler: spesso meno di quanto pensi.

Non è fantascienza, è biologia computazionale servita con un bel contorno di machine learning. L’idea è elegante quanto brutale: il tuo volto non racconta solo l’età anagrafica, ma quella biologica. Cioè: quanto stai invecchiando davvero, dentro le tue cellule, i tuoi mitocondri, i tuoi telomeri stanchi. E già che ci siamo, dice anche se risponderai bene a un trattamento oncologico, o se faresti meglio a iniziare a sistemare le questioni in sospeso.

La nuova era della pubblicità su Amazon: un esperimento inquietante nell’intelligenza artificiale

Immagina di essere incollato alla TV, completamente immerso in una serie che ti sta tenendo col fiato sospeso. L’inseguimento in auto è al culmine, e proprio mentre l’auto dei protagonisti sterza per evitare un precipizio, l’inquadratura si ferma per fare spazio a una pubblicità. Ma non una pubblicità qualsiasi: no, questa è un’opera d’arte dell’intelligenza artificiale. La macchina riconosce il contesto e, come per magia, ti propone un’auto sportiva che scivola sulle curve con la stessa grazia del tuo protagonista preferito. Amazon, ovviamente, è all’avanguardia in questa follia.

Google punta su un’AI da Pinterest, ma con una marcia in più

Quando si parla di Google, non c’è mai da stupirsi: l’azienda ha la capacità di rivoluzionare tutto, sempre. L’ultimo rumor che circola riguarda la possibilità che Google stia sviluppando un agente software basato sull’intelligenza artificiale che potrebbe sembrare un incrocio tra la magia dell’AI e l’intuizione di Pinterest. Ma perché dovrebbe interessarci? Perché, come spesso accade con Google, non si tratta di un semplice tentativo di imitazione, ma di una mossa strategica che potrebbe riposizionare il gigante tecnologico nel futuro dei motori di ricerca e nell’ecosistema digitale.

Google I/O 2025: il circo dell’IA arriva allo Shoreline e non è più uno spettacolo, ma un assalto al futuro

Comincia il 20 maggio, sotto il sole accecante della California, l’evento annuale in cui Google smette di fingere di essere un motore di ricerca e si mostra per quello che è davvero: un’azienda che vuole colonizzare la tua giornata con intelligenze artificiali, API seduttive e sistemi operativi che ti leggono nel pensiero. Benvenuti al Google I/O 2025.

Gemma, l’AI da 150 milioni di download: il cavallo di Troia di Google per conquistare l’open-source

Google ha appena piazzato un colpo da maestro (o da illusionista, dipende da quanto sei cinico): i modelli Gemma, la loro linea di AI open-source “lightweight”, hanno superato i 150 milioni di download. Un numero che fa scena, attira le luci dei riflettori e fa impazzire le dashboard degli sviluppatori su Hugging Face, Kaggle, Colab e compagnia cantante. Ma prima di far partire la ola, respiriamo un attimo. Perché dietro il marketing ben oleato, c’è ben altro da dire.

Il nuovo linguaggio del denaro non è umano Transactional Structure Models: Stripe ha appena riscritto le regole con un transformer per le transazioni

Ne avevamo parlato appena 3gg fà. (in fondo all’articolo) ora dimentica GPT per un attimo. Qui non si parla di frasi o poesie, ma di milioni di transazioni finanziarie che scorrono ogni secondo nel sistema nervoso del capitalismo digitale. E invece di “parlare”, questa nuova bestia di AI pensa in numeri, modelli di comportamento, e sospetti algoritmici. Stripe ha appena svelato un modello foundation per i pagamenti, un transformer addestrato non su libri, ma su miliardi di movimenti di carte di credito. Sembra banale. Non lo è. È l’inizio di una rivoluzione silenziosa che farà sembrare la “AI generativa” una demo per bambini.

La sostenibilità digitale non è un optional: è una strategia di potere

In un mondo dove la CO₂ vale più del petrolio, parlare di green computing non è più una favoletta per bambini cresciuti a TED Talk e Netflix. È geopolitica pura, è vantaggio competitivo, è sopravvivenza economica. E Seeweb lo ha capito — molto prima di tanti altri.

Dal 2005 questa azienda ha iniziato a monitorare le emissioni prodotte dai propri Data Center, ben prima che le multinazionali si facessero il lifting verde con paroloni vuoti e piani “net zero” spalmati su trent’anni. Loro, invece, hanno messo mano agli impianti, fatto scelte ingegneristiche solide, implementato tecnologie efficienti e stretto alleanze con fornitori capaci di pensare oltre il margine di profitto trimestrale. Il risultato? 233.502 chilogrammi di CO₂ eliminati dall’atmosfera in un solo anno. Non offsettati con piantine esotiche in Africa. Eliminati.

Huawei UBTech Robotics e i robot umanoidi: l’ultima arma per colonizzare la fabbrica e il salotto

Se ti stavi ancora chiedendo se i robot umanoidi avessero un futuro fuori dai laboratori e dai video virali su Weibo, Huawei ha appena risposto con un sorriso sornione e un assegno. L’alleanza tra Huawei Technologies e UBTech Robotics, annunciata in quel laboratorio geopolitico chiamato Shenzhen, non è solo un comunicato con foto in posa davanti a un banner in PowerPoint. È la dichiarazione di un’egemonia industriale programmata, dove le macchine non solo eseguono, ma pensano con le gambe.

Marketing predittivo, storytelling algoritmico e notizie progettate: l’era Idji Simo inizia con la dissolvenza del concetto di notizia

Idji Simo, la manager col pedigree da big tech (Facebook, Instacart, ora OpenAI), prende le redini delle “applicazioni” di OpenAI, in un passaggio tanto ordinato quanto sospetto. Lascia il consiglio di amministrazione dell’azienda nello stesso istante in cui ne assume un ruolo operativo cruciale. La notizia – se così possiamo ancora chiamarla – è stata confermata da un portavoce, che è come dire “niente da vedere, tutto sotto controllo”, mentre nel frattempo cambia il volto della governance di una delle entità più potenti e opache del tech moderno.

Klarna si pente dell’IA: dal licenziare 700 persone al riscoprire l’umano

Sapevamo che prima o poi sarebbe arrivato il contraccolpo. L’ubriacatura collettiva da intelligenza artificiale, quella che ha fatto brillare gli occhi a ogni CFO in cerca del Santo Graal del risparmio sui costi, sta mostrando le prime crepe. La notizia è di quelle che fanno rumore: Klarna, la fintech svedese campionessa del buy now, pay later, ha messo il freno. L’intelligenza artificiale, quella che avrebbe dovuto rivoluzionare il servizio clienti e rimpiazzare 700 persone con un chatbot, improvvisamente non basta più. Serve il vecchio, caro, caro nel senso di “stipendiato”, operatore umano.

Google paga 1,375 miliardi per la privacy: un bel risarcimento per una causa già persa

Quando si parla di privacy, Google non è certo estraneo a sollevare polveroni, ma stavolta il gigante della Silicon Valley ha dovuto fare i conti con la giustizia texana. Il procuratore generale del Texas, Ken Paxton, ha annunciato che Google ha accettato di sborsare ben 1,375 miliardi di dollari per risolvere una causa che l’accusava di violare la privacy dei dati dei propri utenti. Una somma che fa sembrare “piccolo” l’importo che ha dovuto pagare Meta lo scorso luglio, in un caso simile riguardante il riconoscimento facciale.

Chrome ti legge le notifiche, ma per il tuo bene (forse)

Il mondo digitale, come ogni bar malfamato di Caracas, ha i suoi borseggiatori. Solo che qui non usano le mani, ma le notifiche. Quelle stesse notifiche che ti compaiono sullo smartphone alle tre di notte con promesse oscene di guadagni facili, antivirus miracolosi e principi nigeriani in cerca d’amore. Google ha deciso di affrontare questa fiera del click truffaldino con una mossa che sa di rivoluzione (ma con il solito retrogusto di controllo totale): Chrome su Android ora usa intelligenza artificiale on-device per analizzare le notifiche e sputtanare in tempo reale quelle truffaldine. Tutto questo, ovviamente, senza mandare nulla ai server centrali. Giurano.

iPhone di vetro curvo: la resurrezione di Apple o la sua ennesima distopia di lusso?

Apple 2027: vent’anni di iPhone, due decenni di rincorsa verso un’utopia hi-tech che sa sempre di déjà vu. L’ultima? Un “iPhone quasi interamente in vetro”, curvo, senza fori, senza bordi, senza più niente, se non l’ego di Cupertino riflesso su una superficie lucida. No, non è il concept di un designer sballato su Behance. È ciò che Bloomberg, tramite il solito Mark Gurman, ci spaccia come “vision futurista”, ma puzza già di vetro appannato.

Generatore di video da immagini AI di Google debutta sugli smartphone Honor

Hai presente quando pensavi che l’AI mobile fosse solo una scusa per filtri da influencer? E invece Google piazza un colpo da ko con il suo generatore di video da immagini, integrato direttamente nei nuovi smartphone Honor. Un lancio che sa di bivio tra “wow” e “mah, serviva proprio?” e che promette di trasformare ogni foto in un mini‐film da festival.

Cervello unico cercasi: la Cina crea robot umanoidi, ma dimentica l’intelligenza

L’industria cinese dei robot umanoidi sta correndo. Ma, come spesso accade quando si corre troppo, si inciampa. O meglio, ci si dimentica qualcosa di fondamentale: l’intelligenza. E non parlo di quella strategica, geopolitica o industriale, ma proprio dell’intelligenza artificiale, quella vera, quella “end-to-end”, quella capace di far fare a un robot qualcosa senza dovergli installare ogni volta un nuovo programma come si faceva con i Nokia nel 2005.

Alibaba stravolge l’AI search: il trucco è non cercare più – ZeroSearch

Hai presente quando ti dicono che per diventare saggio devi smettere di fare domande? Ecco, Alibaba ha preso questa perla da bar e l’ha trasformata in una strategia per rivoluzionare l’intelligenza artificiale, schiaffeggiando al contempo il modello economico delle Big Tech occidentali.

La notizia è semplice da riassumere, ma disarmante nelle implicazioni: Alibaba ha annunciato un metodo chiamato ZeroSearch, una tecnica che permette agli LLM (Large Language Models) di migliorare le proprie capacità di search senza nemmeno interrogare un motore di ricerca esterno. Sembra un paradosso zen, eppure funziona: riduzione dei costi fino al 90%, meno dipendenza dalle API commerciali tipo Google Search o Bing, e una capacità sorprendente di generare risposte pertinenti basandosi solo su simulazioni interne.

L’intelligenza artificiale non è una democrazia: OpenAI vuole tagliare la quota di Microsoft, e il capitalismo tecnologico mostra i denti

Nel teatrino ipocrita della Silicon Valley, dove tutti “vogliono migliorare il mondo” mentre si spartiscono miliardi su server raffreddati a liquido, la vera trama si svolge dietro le quinte. E non è certo una fiaba. OpenAI, la creatura postmoderna partorita da idealismo open-source e fame di profitti, sta cercando di riscrivere le regole del suo patto faustiano con Microsoft. La parola d’ordine? Potere. Quella nascosta? Marginalità. E in mezzo, come sempre, c’è il denaro.

Il tramonto del libro: come Amazon e l’AI stanno seppellendo il pensiero umano sotto un mucchio di byte

C’erano una volta i libri. Non nel senso nostalgico da bibliofilo con il monocolo, ma nel senso sostanziale: oggetti carichi di tempo, fatica, dubbio, riscrittura. Monumenti miniaturizzati del pensiero umano, faticosamente scolpiti uno per uno da menti reali, con mani tremanti e notti insonni. Oggi? Oggi il libro è un file .mobi assemblato da un modello generativo in mezz’ora, taggato con parole chiave furbe, impacchettato in una copertina accattivante e sparato su Amazon come un detersivo in offerta.

Il vangelo secondo Nvidia: l’intelligenza artificiale vale 2 trilioni, parola di Wedbush

Se la Silicon Valley fosse una religione, oggi il suo dio si chiamerebbe Jensen Huang, il suo vangelo sarebbe il chip H100 di Nvidia, e il suo profeta sarebbe Daniel Ives di Wedbush. Secondo la sua ultima rivelazione agli investitori, 30 nomi tech guideranno la nuova crociata digitale: quella dell’AI Revolution, un’ondata tecnologica che promette di riscrivere le regole della produttività, dell’economia e del potere geopolitico. In altre parole, benvenuti nella Quarta Rivoluzione Industriale: stavolta non servono motori a vapore, bastano GPU e Large Language Models.

OpenAI AI Enterprise come l’intelligenza artificiale sta trasformando il business: da Morgan Stanley a Klarna, la rivoluzione è già in ROI

Mentre il mondo ancora si interroga su quanto l’intelligenza artificiale possa cambiare il futuro, alcune aziende hanno smesso di filosofeggiare e hanno iniziato a incassare. Il passaggio da hype a margine operativo è già avvenuto in alcuni dei brand più iconici Morgan Stanley, Klarna, BBVA, tra gli altri che stanno traducendo i modelli linguistici in performance da CFO. Non si parla di “potenzialità” ma di processi industrializzati. È il momento in cui l’AI smette di essere un esperimento di laboratorio e diventa una funzione aziendale stabile, tracciabile e soprattutto: redditizia.

Space Oddity generativa: l’epilogo del primo atto dell’intelligenza artificiale

Houston, abbiamo un problema. E non è un bug. È un’intera industria che si è convinta di poter decollare con la sola spinta della narrazione. Oggi l’intelligenza artificiale generativa non è in panne, ma in orbita instabile. Come l’astronauta Major Tom in Space Oddity di David Bowie: fluttua, elegante e seducente, ma scollegata dalla base operativa, cioè dalla realtà.

In queste settimane, tre headline hanno fatto da sveglia alla Silicon Valley, e a chi ancora sognava un’AI che scrive codice da sola, genera arte, risolve ogni inefficienza e nel tempo libero salva anche il mondo. Il problema è che mentre il sogno cresceva, i conti andavano in direzione opposta. E il valore percepito, come spesso accade nei deliri da bull market, ha fatto il salto quantico: da potenziale a miraggio.

Google Assediata: Antitrust, AI e il tramonto del monopolio della ricerca

Questa estate a Mountain View non serviranno solo condizionatori. Serviranno avvocati, lobbisti e un discreto quantitativo di ansiolitici. Nella sede centrale di Google, l’aria si sta facendo densa di preoccupazioni, non solo per l’aria condizionata mal tarata, ma per il rischio concreto di un ridimensionamento epocale del suo core business: la ricerca.

Dopo un processo durato tre settimane, che si è chiuso a Washington con toni da processo storico (perché in effetti lo è), Google è in attesa della decisione di un giudice federale che potrebbe stravolgere le fondamenta economiche su cui l’azienda ha costruito il suo impero. Non è più questione di se, ma di quanto e come il giudice vorrà tagliare le unghie al colosso della Silicon Valley. E non parliamo di dettagli tecnici, ma del cuore pulsante di Alphabet: il motore di ricerca.

THE STANFORD EMERGING TECHNOLOGY REVIEW 2025

La guerra fredda della tecnologia: Stanford lancia il suo manifesto strategico sul futuro dell’innovazione globale

Nel cuore di Silicon Valley, tra cattedre lucide e startup che nascono più spesso delle proteste studentesche, Stanford sforna un documento che somiglia più a un proclama geopolitico che a una recensione tecnologica. Si chiama The Stanford Emerging Technology Review 2025, ma potrebbe tranquillamente intitolarsi “Come dominare il mondo con i chip, i geni e i laser (meglio dei cinesi)”.

Chrome dichiara guerra alle notifiche truffa: arriva l’IA locale che le intercetta prima che ti freghino

Google ha finalmente fatto una mossa che sa di resa dei conti tra la privacy e la sicurezza, tra il fastidio e la truffa conclamata. Con l’ultimo aggiornamento di Chrome per Android, è stato introdotto un sistema di difesa basato su intelligenza artificiale on-device, capace di identificare e bloccare notifiche sospette direttamente sul telefono, prima che possano trasformarsi in furti di dati o click su software da incubo.

Google Security Box

Stripe sfida il futuro: intelligenza artificiale, stablecoin e Nvidia per dominare i pagamenti globali

Non è un keynote, è una dichiarazione di guerra. Stripe, il gigante silenzioso del fintech da mille miliardi di dollari in transato annuale, ha aperto il sipario al suo evento Stripe Sessions con una raffica di annunci che sembrano usciti da una roadmap del 2030. Ma no, è tutto qui, oggi, e ha il sapore di una piattaforma che non solo vuole processare pagamenti, ma diventare l’infrastruttura dominante per ogni bit che si muove nel mondo del denaro digitale.

Il cuore della rivelazione è il nuovo foundation model AI per i pagamenti. Non un LLM da salotto, ma un colosso addestrato su decine di miliardi di transazioni reali. Emily Glassberg Sands, responsabile dati di Stripe, non si è trattenuta nel vantarsene: il modello “cattura centinaia di segnali sottili che altri non vedono”. Tradotto: Stripe adesso vede prima degli altri dove sta il rischio, chi bluffa e chi fa sul serio.

OpenAI e il trucco del non-profit: la missione dell’umanità diventa una clausola contrattuale

Non fidarti delle cose o di chi sa parlare bene. In un mondo dove anche le buone intenzioni passano prima per un term sheet che per un giuramento etico, OpenAI si ritrova di nuovo nel mirino. Dopo l’ondata di critiche pubbliche e le minacce, neanche troppo velate, da parte dei procuratori generali della California e del Delaware, l’azienda guidata da Sam Altman ha deciso di ritoccare ma non abbandonare la sua marcia verso una nuova forma societaria più redditizia e potenzialmente meno controllata: la Public Benefit Corporation (PBC).

Meta richiama Robert Fergus il cofondatore di FAIR da Google: ritorno strategico o disperato tentativo di rinascita?

Robert Fergus, uno dei padri fondatori del laboratorio FAIR (Fundamental AI Research) di Meta, torna a casa dopo cinque anni trascorsi come direttore della ricerca presso Google DeepMind. La sua nomina arriva in un momento critico per Meta, che cerca di rilanciare la propria leadership nell’intelligenza artificiale dopo l’uscita di Joelle Pineau e una fuga di talenti verso startup e il gruppo GenAI interno.

Fergus, che aveva lasciato Meta nel 2018 per unirsi a DeepMind, ha ora il compito di guidare FAIR in una nuova fase di sviluppo. Il laboratorio, noto per aver sviluppato i primi modelli LLaMA, ha recentemente perso terreno a favore di GenAI, responsabile del più avanzato LLaMA 4. La sfida per Fergus sarà quella di riportare FAIR al centro dell’innovazione AI di Meta, in un contesto in cui la concorrenza è più agguerrita che mai.

Il ritorno di Fergus rappresenta un tentativo di Meta di recuperare terreno nel campo dell’AI, puntando su una figura di comprovata esperienza e conoscenza dell’azienda. Tuttavia, resta da vedere se questa mossa sarà sufficiente a invertire la tendenza e a riportare FAIR ai fasti di un tempo.

Nvidia applaude la revoca delle restrizioni AI di Trump: opportunità o illusione?

Nvidia ha accolto con entusiasmo la decisione dell’amministrazione Trump di revocare la controversa “AI Diffusion Rule”, una normativa introdotta sotto l’amministrazione Biden che avrebbe limitato l’esportazione globale di chip AI avanzati. La mossa è stata salutata come una “opportunità irripetibile” per guidare la prossima rivoluzione industriale e creare posti di lavoro ben remunerati negli Stati Uniti .

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