L’intelligenza artificiale creativa non esiste. O meglio, non esisteva. Poi è arrivato Claude AI, e con lui una manciata di tool generativi che non chiedono il permesso. Non cercano l’approvazione del tuo reparto marketing, non aspettano il brief di un brand manager in crisi esistenziale. Questi artefatti digitali sì, artefatti, proprio come reliquie di una nuova epoca si materializzano con l’arroganza serena di chi sa che la creatività, oggi, non è più un talento ma un pattern computazionale.
A chi storce il naso parlando di “macchine che imitano l’uomo”, bisognerebbe forse ricordare che l’essere umano, da secoli, non fa altro che imitare sé stesso.La piattaforma Claude.ai ha dato vita a una collezione di strumenti che sembrano più provocazioni culturali che software. Si chiamano “artifacts” e sono il frutto di un nuovo modo di concepire la creatività computazionale: non più solo come estensione del pensiero umano, ma come sua alternativa.