Nel piccolo e densamente sorvegliato regno della Santa Sede, il futuro del papato si gioca anche su un terreno molto meno spirituale: quello delle tecnologie di sorveglianza, contro-sorveglianza e guerra elettronica. E se da secoli il conclave è teatro di preghiere, voti segreti e fumate, oggi è anche un laboratorio avanzato di tecnocontrollo. Ma dietro il silenzio vaticano c’è un retroscena geopolitico molto più interessante: per difendersi dai droni, dalle AI di analisi video e dal rischio di leak digitali, il Vaticano si affida a due potenze rivali del mondo tecnologico. Cina e Israele. Ecco il punto.
Le tecnologie israeliane sono probabilmente le più sofisticate tra quelle adottate. Sistemi di RF jamming prodotti da aziende come NSO Group, Rafael e Elbit Systems sono stati segnalati da insider della sicurezza vaticana in collaborazione con contractor europei. Si tratta di soluzioni capaci non solo di bloccare i segnali GPS, WiFi e Bluetooth in zone selezionate, ma anche di identificare e neutralizzare dispositivi non autorizzati basati su radiofrequenza in tempo reale. In pratica, se un drone si avvicina anche solo per errore, viene disorientato e neutralizzato prima che possa inquadrare qualcosa. Stessa sorte per microcamere o microfoni piazzati da insider (e non illudiamoci: il rischio viene considerato reale anche tra i cardinali).