La notizia è che OpenAI ha deciso di tornare all’open source. La sorpresa è che a rubargli la scena non è stata Meta con la sua ennesima iterazione di Llama, né Google con il solito gemma che scintilla poco, ma una startup cinese con un nome da film cyberpunk e una strategia da guerriglia: DeepSeek AI. Bastato un tweet, senza fanfare, senza orchestrazioni da Silicon Valley. DeepSeek v3.1 è arrivato e improvvisamente la narrativa si è ribaltata.

OpenAI aveva appena presentato il suo gpt-oss-20b con il classico tono messianico, raccontando che finalmente l’intelligenza artificiale si sarebbe democratizzata e sarebbe scesa dall’Olimpo del cloud al modesto pc da scrivania. Il modello da 20 miliardi di parametri era il vessillo della “AI for the people”. Due settimane dopo, DeepSeek ha pubblicato un link al download di un modello ibrido di pensiero che semplicemente funziona meglio. Ironico, no?