La Silicon Valley è in piena transizione. Le buzzword si rincorrono, gli investimenti pivotano da un trend all’altro con l’agilità di un algoritmo impazzito, e oggi al centro della scena c’è Xai, startup blockchain e IA, uscita dal cilindro della scuderia Elon Musk-style, supportata da colossi come a16z e Multicoin Capital. Mentre la stampa generalista recita il rosario delle solite promesse – decentralizzazione, intelligenza artificiale, democratizzazione dell’accesso – dietro le quinte, gli investitori iniziano a porsi una domanda che pochi osano formulare ad alta voce: il reinforcement learning è già superato?
Il caso Xai è emblematico. L’azienda, che si definisce una “AI-native blockchain”, sta tentando di colonizzare un territorio che fino a ieri era dominato da soluzioni che impilavano modelli pre-addestrati e RLHF (Reinforcement Learning from Human Feedback). La promessa? Una rete progettata per agenti IA autonomi che interagiscono on-chain, senza umani a regolare il flusso. In teoria, un paradiso per chi sogna DAO alimentate da intelligenze artificiali, contratti intelligenti che si modificano da soli, ed economie algoritmiche dove l’umano è spettatore più che protagonista.