Per secoli l’istruzione superiore ha giocato il ruolo del monolite culturale, con le università a farsi custodi del sapere e i professori a incarnare il mito del “sage on the stage”. Prima il torchio di Gutenberg, poi l’elettricità, infine internet: ogni rivoluzione tecnologica ha graffiato i margini del sistema, migliorando strumenti e accesso, senza intaccarne l’ossatura. L’intelligenza artificiale non sta ripetendo quel copione. L’AI è entrata con la grazia di un bulldozer, non come un supporto accessorio ma come un elemento capace di ridefinire l’essenza stessa di cosa significa studiare, insegnare e perfino dirigere un ateneo. Chi crede che si tratti di un upgrade di lusso ha già perso il treno.