Il paradosso delle macchine intelligenti e degli esseri umani disillusi
L’Intelligenza Artificiale avanza. L’umanità, un po’ meno. Questa, in sintesi brutale, è la conclusione del nuovo Human Development Report delle Nazioni Unite. Un pugno nello stomaco ben assestato nel momento in cui l’Occidente si accalca nei corridoi lucenti dei laboratori di frontiera, intenti a misurare lo spessore semantico di GPT-5 mentre il mondo reale implode per cause meno glamour: disuguaglianze crescenti, fiducia erosa, stagnazione post-pandemica e una generazione che ha smesso di credere nel futuro. La sorpresa? Proprio nel mezzo di questa stagnazione arriva lei: l’AI.
Ma non quella mitologica, con coscienza autonoma e occhi rossi da Skynet. No, quella vera: l’AI “così così”, mediocre, pervasiva, incompresa, già nei nostri smartphone, nei software aziendali, nelle call center di Nairobi e nei moduli di assunzione automatica in Texas. Il problema non è la superintelligenza. È l’intelligenza di medio livello, priva di etica, visione e contesto, che silenziosamente distrugge lavoro senza aumentare produttività. Il capitalismo ama gli automatismi, ma non sempre i risultati.