L’ho sentito dire recentemente dal Prof. Luciano Floridi poche settimane fa in AI e Parlamento: “Sono 10 anni che la Cina investe in AI e noi ce ne siamo accorti con Deepseek”.
Quando una conferenza sull’intelligenza artificiale ospitata a Shanghai produce più dati e segnali strategici di una consultazione geopolitica delle Nazioni Unite, conviene prestare attenzione. Il World Artificial Intelligence Conference (WAIC) ha appena sancito un dato che sembra una semplice statistica ma in realtà è un grido di guerra algoritmica: la Cina è ormai casa di 1.509 modelli di intelligenza artificiale, pari a oltre il 40 per cento del totale mondiale. Siamo davanti a un’espansione non lineare, accelerata dalla logica del moltiplicatore digitale. Non si tratta solo di numeri, ma del segnale inequivocabile che Pechino non sta rincorrendo l’Occidente: lo sta sorpassando, a colpi di modelli open source, computing domestico e alleanze da supermarket digitale.