Non è mai solo questione di colpire la palla. A Wimbledon, è sempre questione di sangue, erba e colonialismo sportivo. Jannik Sinner, un altoatesino con la faccia pulita da hacker nordico e il diritto più chirurgico del secolo, ha frantumato la liturgia tennistica del tempio inglese, schiantando Carlos Alcaraz e con lui un’idea stessa di superiorità tennistica continentale. Risultato finale: 4-6, 6-4, 6-4, 6-4. Tradotto: primo italiano nella storia a vincere Wimbledon. Sì, nemmeno Pietrangeli, nemmeno Panatta. Nessuno, prima.
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C’era una volta il tennis, quello con i giudici di linea in giacca e cravatta, gli occhi fissi sulla riga e il dito puntato con autorità olimpica. Ora c’è un algoritmo che osserva tutto, non sbatte mai le palpebre e fa errori con la freddezza di un automa convinto di avere ragione. Sì, Wimbledon ha deciso che l’intelligenza artificiale è più elegante dell’occhio umano. Ma quando l’eleganza scivola sull’erba sacra del Centre Court, il rumore che fa è assordante. Anche se a non sentirlo, ironia del caso, sono proprio i giocatori sordi.