Nel 2025, ogni volta che una piattaforma digitale annuncia un aggiornamento alle proprie politiche, è come se un drone avesse sganciato un pacco sospetto su un campo minato. È successo di nuovo. Stavolta è toccato a YouTube, che ha pensato bene di comunicare in modo vago – e forse volutamente ambiguo – un aggiornamento delle linee guida del Partner Program, quel meccanismo che regola la monetizzazione dei contenuti caricati. Il punto focale: una stretta contro i video “inautentici”. Parola chiave che, come prevedibile, ha fatto sobbalzare mezzo internet.
Perché se c’è una cosa che gli algoritmi non sanno ancora generare bene, è la fiducia. E nel momento in cui YouTube dice che aggiornerà le norme per contrastare contenuti “mass-produced and repetitive”, molti creatori si sono chiesti se la loro intera esistenza digitale sia a rischio demonetizzazione. Reazioni, clip remixate, voci narranti generate con ElevenLabs o altri tool di sintesi vocale, video-podcast costruiti su testi scritti con ChatGPT: cosa rientra ancora nel perimetro del contenuto “autentico”? E chi decide cosa lo è?