Nel mondo di oggi, la tecnologia ha reso la sorveglianza di stato più facile e pervasiva che mai. Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, dei droni e delle telecamere di sicurezza dotate di riconoscimento facciale, i governi di tutto il mondo hanno accesso a una quantità di informazioni senza precedenti sui loro cittadini. In questo contesto, il concetto di privacy è diventato sempre più un lontano ricordo.

Questa situazione ci porta a chiederci se non stiamo vivendo in un incubo orwelliano, dove lo stato controlla ogni aspetto della nostra vita. Nel suo famoso romanzo “1984”, George Orwell descriveva un mondo in cui il governo aveva il controllo totale sulla vita dei cittadini, monitorando ogni loro movimento attraverso telecamere di sorveglianza e microfoni nascosti. Oggi, sembra che quella visione distopica si stia avverando.

In Cina, ad esempio, il governo ha implementato un sistema di sorveglianza di massa che utilizza l’intelligenza artificiale per monitorare i cittadini. Il sistema, noto come “credito sociale”, assegna a ciascun cittadino un punteggio in base al loro comportamento sociale ed economico.

Il Piano di sviluppo dell’IA di nuova generazione, pubblicato nel 2017, e altri proclami ufficiali dichiarano l’intenzione della Cina di guidare il mondo nell’intelligenza artificiale entro il 2030 e ottenere un “first mover advantage” attraverso l’AI per generare un divario sempre più ampio tra Pechino e le nazioni meno capaci. In sostanza, Pechino andrebbe alla ricerca di un software in grado di funzionare in circostanze nuove, con maggiore autonomia ed efficacia, in grado di assomigliare sempre più all’intelligenza umana.

Ricordiamo anche il  Basic security requirements for generative artificial intelligence service è un documento che il TC260 cinese, l’organismo nazionale di definizione degli standard sulla sicurezza delle informazioni, ha pubblicato per fornire i requisiti di sicurezza che i fornitori di servizi basati su gAI dovranno seguire.

Tali iniziative prevedono una ricerca associata di alto livello concentrata su tre aree disciplinari:

  • l’AI “ispirata al cervello” che modella aspetti della cognizione umana;
  • i “microfoni connettivi” o mappatura del cervello;
  • le interfacce cervello-computer che collegano le due “piattaforme”, con i chip ibridi digitale-analogico “neuromorfici” che svolgerebbero un ruolo in tal senso.

Ma la Cina non è l’unico paese ad aver adottato misure di sorveglianza di massa. Negli Stati Uniti, l’NSA (National Security Agency) ha raccolto milioni di record telefonici e dati internet dei cittadini americani senza il loro consenso. Anche in Europa, alcuni governi hanno introdotto leggi che permettono la sorveglianza di massa in nome della sicurezza nazionale.

AI ACT fa riferimento all’ identificazione biometrica in tempo reale utilizzata nei luoghi pubblici. Sebbene l’uso di questa tecnologia sia considerato controverso e sia stato proibito in alcune circostanze, l’Europa ha permesso eccezioni in determinati casi. L’Europa consente ancora a ciascuno Stato membro di stabilire regole più rigide o vietare del tutto l’uso di tali sistemi.

La domanda è: dove tracciamo la linea tra la sicurezza nazionale e la privacy individuale? In un mondo in cui la tecnologia avanza a un ritmo sempre più veloce, è fondamentale trovare un equilibrio tra la necessità di proteggere i cittadini e il rispetto dei loro diritti fondamentali.

Come ha scritto Orwell, “La libertà è il diritto di dire agli altri ciò che non vogliono sentire“. Se non siamo disposti a difendere la nostra libertà e la nostra privacy, rischiamo di perdere entrambi. È giunto il momento di prendere sul serio la minaccia della sorveglianza di stato e di lavorare insieme per creare un futuro in cui la tecnologia sia utilizzata per proteggere i diritti umani, non per violarli.

Fonte immagine: Pixabay https://pixabay.com/it/illustrations/cina-cinese-bandiera-occhio-5089721/. Immagine non soggetta a Copyright.


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