Dalla conoscenza dei trend di mercato tramite analisi predittive, al decision making e all’automazione di attività e di processi di routine, fino ai servizi alle persone e all’ottimizzazione delle risorse: sono solo alcuni degli ambiti in cui

Ormai è noto come l’Intelligenza Artificiale possa trasformare i modelli di business delle imprese, dall’automazione delle attività e dei processi all’analisi predittiva, dai servizi alle persone all’ottimizzazione nella gestione delle risorse e molto altro ancora.

Una rivoluzione che è già in atto anche se le aziende italiane sono in ritardo nell’implementazione di soluzioni di AI che possano aiutare a cogliere il potenziale di queste nuove applicazioni.

È quanto emerge dai dati dello studio realizzato da Minsait, società del gruppo Indra specializzata negli ambiti della Digital Transformation e delle Information Technologies, insieme al Centro di ricerca in Leadership, Innovazione e Organizzazione dell’Università Luiss Guido Carli. La ricerca “Intelligenza Artificiale in Italia – La rivoluzione che sta cambiando il business” analizza il grado di adozione delle nuove tecnologie da parte delle aziende italiane, fornendo un quadro delle motivazioni che spingono a investire nel settore, degli ostacoli che ne frenano una più ampia diffusione nel panorama nazionale nonché delle principali aree in cui l’AI sta già contribuendo al loro business.

L’analisi dei dati raccolti da oltre 500 realtà ha messo in evidenza che solo il 22% dispone di un piano di sviluppo sull’AI, coerente con le strategie aziendali. La maggior parte delle imprese non ha quindi ancora sviluppato piani di integrazione di questa tecnologia.

Il mondo dell’impresa italiana si dice comunque consapevole dell’importanza della sfida per guidare e sfruttare appieno il contributo della tecnologia. La motivazione principale alla base dell’applicazione dei nuovi modelli nelle aziende italiane è l’efficienza operativa, come leva per migliorare la propria competitività (25%), seguita dalla volontà di consolidare l’esperienza dei clienti e dei cittadini con cui interagiscono (20%).

Solo il 13% usa le tecniche di AI per la trasformazione del modello di business e/o dell’offerta di prodotti e servizi.

Molto interesse catalizzano i modelli basati sull’Intelligenza Artificiale nel settore legale (50%), nell’area marketing e vendite (45%), in ambito Information Tecnology (IT) e anche nel settore ESG Environmental, Social & Governance (45%).

I fattori che rallentano l’implementazione delle nuove tecniche sono principalmente il deficit di competenze e di professionisti specializzati nell’AI (19%) e la mancanza di fattori tecnologici abilitanti (16%). Le figure del ricercatore dell’AI e del data scientist sono infatti le più ambite sul mercato del lavoro: tra le aziende che hanno realizzato programmi specifici, 3 su 4 dichiarano di essere alla ricerca di questi talenti. Ancora una volta, quindi, sono le competenze e il fattore umano ad essere centrali nell’abilitazione dl cambiamento.

Tuttavia, a prescindere dalle dimensioni delle organizzazioni, il 65% delle aaiende non ha ancora un’infrastruttura tecnologica adeguata. Fa eccezione il se settore bancario, dove l’80% delle società è già fortemente abilitata.

Tema delicato anche quello del quadro normativo applicabile all’AI. Il 60% delle aziende intervistate infatti ammette di non avere una corretta conoscenza del quadro legislativo e il 13% ne teme l’instabilità.

Da questo punto di vista, la recente approvazione dell’AI Act dell’Ue rappresenta un primo, serio, intervento, conclude lo studio, anche se, più in generale, una AI responsabile non può essere solo compito del legislatore ma richiede una solida collaborazione tra tutti gli attori: pubblica amministrazione, imprese, mondo accademico, società civile e istituzioni pubbliche.


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