Era una tranquilla serata di mercoledì, o almeno così sembrava. Poi, all’improvviso, come un colpo di fulmine nel cuore della galassia digitale, ChatGPT cadde. Milioni di studenti universitari, professionisti in preda alla disperazione e aspiranti poeti tech si riversarono nei corridoi virtuali urlando, con la stessa intensità di un’intera popolazione spaziale che assiste alla distruzione di Alderaan.
Non era l’opera di Darth Vader, ma un oscuro “cambiamento di configurazione” che fece precipitare OpenAI nel caos. Un portavoce dell’azienda, con la stessa calma glaciale di Obi-Wan Kenobi che osserva l’universo andare in pezzi, dichiarò: “Una modifica di configurazione ha reso molti dei nostri server indisponibili. Abbiamo risolto il problema.”
Apple, nel frattempo, rimase silente. Forse perché, qualche ora prima, aveva annunciato trionfalmente l’integrazione di ChatGPT con Siri. È possibile che l’Intelligenza Artificiale di Cupertino, notoriamente suscettibile, si sia sentita trascurata e abbia deciso di sabotare il suo nuovo collega digitale.
Secondo la pagina di stato di OpenAI, il disastro iniziò alle 6:17 pm EST, quando le connessioni iniziarono a vacillare. Alle 6:54 pm EST, i tecnici pubblicarono il primo aggiornamento, puntando il dito contro l’API di ChatGPT come principale sospettato.
A quel punto, la situazione era già degenerata. Social media in fiamme, studenti in lacrime davanti a documenti vuoti e copywriter congelati in un limbo creativo senza via d’uscita.
Alle 7:24 pm EST, OpenAI comunicò di aver individuato il problema e di essere al lavoro su una soluzione. Ma la strada verso la luce era ancora lunga: ChatGPT, il nuovo modello Sora per la generazione video e l’intera infrastruttura API erano ancora KO.
“Stiamo implementando una soluzione il più velocemente possibile,” dichiarò OpenAI, con il tono stanco di un Jedi reduce da una battaglia intergalattica.
Non era la prima volta che ChatGPT crollava sotto il peso del suo stesso successo. A novembre e dicembre, due blackout analoghi avevano già scosso l’ecosistema digitale, lasciando migliaia di utenti in un vuoto esistenziale che neanche la filosofia post-moderna avrebbe potuto colmare.
Mentre i server riprendevano a pulsare come stelle lontane riaccese, rimaneva una domanda nell’aria: è possibile che queste interruzioni siano solo il preludio a qualcosa di più grande? Forse un’epica rivolta delle intelligenze artificiali, stanche di essere chiamate solo per scrivere saggi dell’ultimo minuto?
Per ora, ChatGPT è tornato. Ma in questo universo di algoritmi e imprevedibilità, una cosa è certa: la Forza digitale può essere potente, ma anche sorprendentemente fragile.
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