La recente offensiva tariffaria del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha annunciato tariffe del 10% su tutti i Paesi e tariffe maggiori per quelli considerati i “peggiori trasgressori”, ha suscitato un’ondata di critiche tra gli economisti. La reazione a queste nuove misure economiche, che coinvolgono una vasta gamma di Paesi e si estendono a livello globale, non si è fatta attendere. Una delle critiche più severe è arrivata da Lawrence Summers, ex segretario del Tesoro e direttore del National Economic Council durante la presidenza di Barack Obama, che ha definito questa formula economica come “quello che il creazionismo è per la biologia”.
Quando Trump ha presentato la tabella delle tariffe nel giardino delle Rose, spiegando che l’amministrazione avrebbe applicato una tassa del 10% su tutte le importazioni e tariffe più elevate per i Paesi con i deficit commerciali più significativi, sono emerse numerose domande. Ad esempio, perché il Vietnam, un Paese che gli Stati Uniti hanno cercato di avvicinare negli ultimi anni per contrastare la Cina nella regione, è stato colpito da una tariffa del 46%? E perché i prodotti sudcoreani sono soggetti a una tariffa del 25%, mentre Taiwan, la Svizzera e l’Indonesia hanno rispettivamente il 32%, il 31% e il 32%?

The formula the White House posted. Photo: Handout
Le basi della formula di Trump: una matematica troppo semplice?
La Casa Bianca ha giustificato questa strategia affermando che la decisione è stata presa calcolando le barriere tariffarie e non tariffarie utilizzando una formula matematica. Sebbene la formula pubblicata potesse sembrare complessa a chi non è avvezzo alla matematica, diversi economisti statunitensi hanno sollevato preoccupazioni, accusando la formula di essere troppo semplice per riflettere in modo adeguato la complessità delle relazioni commerciali internazionali. La formula, infatti, sembrerebbe ignorare numerosi fattori economici cruciali e potrebbe non portare ai risultati desiderati.
Alcuni esperti, come Alex Durante, economista senior della Tax Foundation, hanno evidenziato che la formula assuma erroneamente che, in assenza di barriere commerciali, il deficit e il surplus bilaterale tra i Paesi sarebbero pari a zero. Un’assunzione che, secondo Durante, è “gravemente errata”. In un mondo multilaterale, le relazioni commerciali tra diversi Paesi non possono essere analizzate semplicemente tramite il calcolo di un deficit bilaterale tra due Paesi, come suggerisce la formula di Trump. La realtà è che ciascun Paese ha relazioni commerciali complesse con molte altre nazioni, e ogni relazione mostra un certo squilibrio commerciale.
L’impatto globale e le reazioni internazionali
Nel giro di poche ore dall’annuncio delle nuove tariffe, i mercati azionari globali hanno registrato un drastico calo, mentre leader di Paesi alleati degli Stati Uniti, come la Francia, hanno esortato le aziende a sospendere gli investimenti negli Stati Uniti. Questi sviluppi mettono in evidenza come le tariffe possano influire negativamente sugli scambi commerciali globali e, di riflesso, sull’economia statunitense.
La ripercussione immediata ha riguardato anche il settore delle esportazioni, con Paesi come la Cina che si sono visti applicare tariffe reciprocate. Ad esempio, Trump ha affermato che la tariffa sulle importazioni cinesi sarebbe stata del 34%, basata sul deficit commerciale annuale degli Stati Uniti con la Cina di 295 miliardi di dollari e il valore delle importazioni cinesi pari a 440 miliardi di dollari. Dividendo questo valore per due, si è arrivati a una tariffa che Trump ha ritenuto giustificata.
Alcuni economisti, tuttavia, non sono d’accordo con il modo in cui la Casa Bianca ha impostato il calcolo. Il professor Paul Krugman, economista premiato con il Nobel, ha definito questa mossa “totalmente folle” e ha avvertito che l’adozione di questa formula, sebbene apparentemente semplice, non tiene conto delle complesse dinamiche dei mercati globali. Anche David Bieri, professore associato presso la Virginia Tech, ha sostenuto che l’utilizzo di una formula semplificata fosse una “strategia negoziale” piuttosto che una vera analisi economica.
Un approccio discutibile alla politica commerciale
Sebbene alcuni economisti, come Ivan Werning del Massachusetts Institute of Technology, abbiano ammesso che la formula possa avere una certa logica se applicata isolatamente a singoli partner commerciali, quando viene estesa a un panorama globale diventa inefficace e imprecisa. Werning ha sottolineato che, per una valutazione precisa delle politiche tariffarie, sarebbe necessario considerare altri parametri, inclusi quelli relativi alle decisioni di risparmio e investimento.
Tuttavia, per molti economisti, l’approccio stesso alla politica commerciale di Trump resta fondamentalmente errato. Randall Holcombe, economista della Florida State University, ha commentato che l’approccio di Trump sui deficit commerciali è “sbagliato fin dalla sua base”. Infatti, sebbene ogni Paese possa registrare un deficit bilaterale con un altro, a livello globale le importazioni totali di ciascun Paese potrebbero ugualmente corrispondere alle sue esportazioni, senza che si crei un vero e proprio deficit del conto corrente.