In questa tragicommedia geopolitica che chiamiamo tech war, l’ultimo atto ha per protagonisti Nvidia, Washington e una Cina che non solo non vuole restare indietro, ma rilancia pesante, e in contanti. Secondo The Information, l’annuncio (o meglio: il sentore) di un possibile divieto USA sui chip H20 di Nvidia sviluppati appositamente per rispettare le restrizioni precedenti e vendibili solo in versione “castrata” al mercato cinese –ha scatenato una valanga di ordini da parte delle big tech cinesi.

Parliamo di 16 miliardi di dollari, e no, non è un refuso.Il paradosso qui è perfettamente americano: nel tentativo di soffocare la capacità di calcolo cinese, la Casa Bianca potrebbe aver generato una domanda isterica anticipata che arricchisce Nvidia ben oltre le sue aspettative trimestrali.

Il colosso dei chip, preso in mezzo tra i diktat dell’amministrazione Biden e le pile di denaro che i suoi clienti orientali sono disposti a lanciargli addosso, si trova ora in una posizione imbarazzante. Incassare a mani basse o seguire la linea dura e “patriottica” dettata dal Dipartimento del Commercio?

Il chip H20, lo ricordiamo, è una versione adattata delle GPU per l’intelligenza artificiale progettata per rispettare i limiti di export, in pratica l’equivalente tech di una Ferrari senza motore, creata per aggirare l’embargo mantenendo una parvenza di competitività.

Ma ora anche questa trovata rischia di essere messa al bando, in nome della sacra crociata contro il progresso cinese. Le aziende cinesi non stanno certo a guardare. Alibaba, Tencent, ByteDance e Baidu si sono fiondate in modalità “acquisti pre-apocalisse”, ordinando in massa ogni singolo chip disponibile, come casalinghe disperate che svuotano gli scaffali prima dell’uragano.

Il problema, per Washington, è che questo tsunami di ordini rischia di rendere inutile la mossa. Per i prossimi 12-18 mesi, l’AI cinese continuerà a girare su hardware Nvidia, con buona pace degli sforzi di contenimento. Nel frattempo Nvidia fa spallucce, perché tra le preoccupazioni etiche e il fiume di denaro, indovinate cosa sceglie un’azienda da un trilione di dollari?

La risposta è sempre: shareholder value. Con una pipeline satura e un backlog che fa invidia all’agenda del Papa, Nvidia incassa ora quello che potrebbe non poter più vendere domani. E mentre lo zio Sam borbotta qualcosa sulla sicurezza nazionale, i numeri in borsa salgono, perché l’unico linguaggio che davvero conta a Wall Street è quello dei ricavi. Cosa significa tutto questo per il futuro?

Che la guerra dei chip si fa sempre più simile a una guerra dei nervi, dove ogni azione americana genera una contro-mossa cinese sempre più efficace. E mentre Nvidia è costretta a giocare su entrambi i fronti del Pacifico, gli unici veri perdenti in questo momento sembrano essere i regolatori stessi, che rincorrono una realtà che cambia più in fretta dei loro decreti.

La morale, se proprio ne vogliamo cercare una, è cinica ma inevitabile: nel capitalismo avanzato, il business trova sempre una via. Anche tra le sanzioni. Anche nel mezzo di una guerra fredda 2.0 mascherata da lotta per l’AI. Anche quando la partita è truccata, chi ha le carte migliori (e i chip più potenti) detta le regole. E Nvidia, oggi, le carte le ha tutte in mano.