Ecco il colpo di scena che mancava nella soap opera della Silicon Valley: Intel, un tempo il re indiscusso dei semiconduttori, è pronto a falciare oltre il 20% della sua forza lavoro, con una manovra che puzza di panico e disperazione strategica, ma che viene venduta come “snellimento” e “ritorno alla cultura ingegneristica”. Un taglio che segue i 15.000 licenziamenti dell’anno scorso e che porterà il colosso di Santa Clara a ridursi come una maglietta dopo un lavaggio sbagliato.
L’uomo dietro la scure è Tan Lip-Bu, fresco CEO da meno di un mese, già in modalità bulldozer. L’ex boss di Cadence Design Systems non ha perso tempo: prima ha venduto il 51% di Altera a Silver Lake, e ora affila la lama contro una burocrazia che, a suo dire, ha trasformato un gigante tecnologico in un pachiderma paralizzato. L’obiettivo? Semplificare la catena di comando, eliminare il middle management zavorra e rimettere gli ingegneri al centro del motore.
In effetti, c’era bisogno di una sterzata brutale. Intel è in caduta libera da anni, incapace di rispondere alla rivoluzione AI che ha incoronato Nvidia come sovrano assoluto del settore. L’azienda ha chiuso tre anni consecutivi con vendite in declino e bilanci sempre più rosso sangue. Ha tentato la via del foundry model, cercando di diventare una fonderia su misura come TSMC, ma ha perso il treno già in partenza.
Il progetto dell’impianto in Ohio, un tempo destinato a diventare la Mecca della produzione di chip su suolo americano, è stato messo in pausa. Un bel guaio, soprattutto se si considera che Intel era il nome più gettonato per intascare i miliardi del Chips and Science Act varato nel 2022, ora a rischio revisione sotto la presidenza di Donald Trump.
E come se non bastasse, le trattative con TSMC sembrano essersi arenate: il CEO C.C. Wei ha chiarito che l’azienda taiwanese non ha intenzione di fare da stampella a nessuno, nemmeno a Intel. Il messaggio tra le righe? “Siete da soli, arrangiatevi”.
Tan Lip-Bu ha detto che il rilancio sarà lento e doloroso. Ha ragione. Perché non si tratta solo di licenziare o vendere asset: bisogna riscrivere il DNA di un’azienda che si è addormentata nella sua gloria passata, mentre il mondo correva verso il futuro. Serve nuova linfa ingegneristica, ma anche una visione che sappia guardare oltre il prossimo trimestre. E per ora, quella visione resta più una promessa da palco che un piano concreto.
Il pubblico, alias Wall Street, resta scettico: anche se il peggio sembra passato, nessuno si aspetta un ritorno ai fasti pre-2020 in tempi brevi, se mai accadrà. Il rischio più grande? Che Intel, nel tentativo di snellirsi, si svuoti del tutto. E che, quando si guarderà allo specchio, non riconosca più nemmeno il proprio riflesso.
Ecco dove puoi seguire gli sviluppi ufficiali, in attesa della trimestrale di giovedì e della strategia completa di Tan: Intel Newsroom