Il solito gioco a incastri tra potere, energia e tecnologia si arricchisce di una nuova mossa: Sam Altman, il CEO visionario (e sempre più ubiquo) di OpenAI, ha appena lasciato la presidenza del consiglio di amministrazione di Oklo, una startup nel settore dell’energia nucleare avanzata. La notizia, riportata dal Wall Street Journal, ha il profumo di quelle mosse silenziose che anticipano un’espansione strategica più ampia, potenzialmente più pericolosa, sicuramente più redditizia.
Oklo non è l’ennesima creatura del tech che gioca con l’atomo per hobby. Sta sviluppando reattori nucleari di nuova generazione, quelli “modulari”, che sulla carta promettono miracoli: più piccoli, meno costosi, trasportabili, in teoria anche più sicuri. Insomma, la versione compatta e siliconata della centrale nucleare classica. L’obiettivo? Alimentare le prossime cattedrali digitali del XXI secolo: i data center. Non quelli dei social, ma quelli della fame di calcolo dell’intelligenza artificiale.
La decisione di Altman di abbandonare la presidenza non è un passo indietro. È il classico passo laterale per spianare la strada a qualcosa di più grande, probabilmente una futura sinergia OpenAI-Oklo, finora limitata dai possibili conflitti d’interesse. Con lui fuori dalla stanza dei bottoni, il matrimonio fra chi genera l’intelligenza (OpenAI) e chi promette di alimentarla con energia pulita, concentrata e potenzialmente infinita (Oklo), diventa improvvisamente praticabile.
Il quadro diventa ancora più interessante se si guarda ai movimenti degli altri colossi. Google e Amazon si sono già messi in fila per flirtare con aziende che producono reattori modulari. Perché? Perché i nuovi modelli linguistici, come GPT, non vivono di solo codice: divorano energia, e non poca. Se ieri l’oro erano i dati, oggi è l’elettricità. E domani? Probabilmente l’indipendenza energetica dei modelli.
Ma non si tratta solo di alimentare server farm in mezzo al deserto. È anche una partita geopolitica: l’AI è il nuovo fronte caldo della supremazia tecnologica, e chi controlla l’infrastruttura che la fa girare ha in mano una leva di potere enorme. Altman questo lo sa benissimo, e la sua exit da Oklo ha il sapore di una mossa preparatoria per una scacchiera globale molto più vasta.
Certo, tutto questo assume contorni ancora più ambigui se si guarda alla recente ondata di “greenwashing tech”: aziende che ammantano iniziative iper-capitalistiche con una patina verde di sostenibilità. Un reattore modulare che alimenta l’intelligenza artificiale può sembrare una soluzione brillante, ma è anche il perfetto manifesto di un mondo in cui l’energia serve a creare cervelli sintetici invece che salvare quelli biologici.
In ogni caso, il messaggio è chiaro: chi possiede la chiave dell’energia nucleare del futuro controllerà non solo i processi produttivi, ma anche il destino dell’intelligenza artificiale. E se Altman ha deciso di stare in cabina di regia anziché nel consiglio, vuol dire che lo show è appena cominciato.