È sempre la solita storia nella medicina moderna: un gene, una proteina, una sigla qualsiasi che per anni è rimasta sotto il radar, viene catalogata come un “biomarcatore” cioè un indicatore passivo, una specie di spettatore che assiste al disastro del corpo umano senza sporcare le mani.

Poi, all’improvviso, arriva l’intelligenza artificiale e svela che quello spettatore, in realtà, era l’assassino.

Così è accaduto con la PHGDH, una proteina che da tempo compariva nelle analisi del sangue dei pazienti con Alzheimer come una sorta di campanello d’allarme precoce. Niente di preoccupante, dicevano. Un semplice segnale. Peccato che fosse un segnale… d’azione. Uno che tira i fili nel backstage del cervello, manipolando silenziosamente l’espressione genica come un burattinaio impazzito.

I ricercatori dell’UC San Diego, aiutati da un modello di intelligenza artificiale, hanno sfogliato la struttura tridimensionale del PHGDH, come si sfoglia un faldone polveroso archiviato male.

Quello che hanno trovato è stato un dominio nascosto di legame al DNA: un pezzo di codice strutturale che trasforma la proteina da semplice enzima produttore di serina in un regolatore genico, roba che normalmente fanno i fattori di trascrizione.

In parole povere: il PHGDH decide quali geni devono accendersi o spegnersi, proprio là dove avviene la degenerazione neuronale dell’Alzheimer.

Se vi aspettavate che la serina, il solito aminoacido tirato in ballo da qualche biochimico entusiasta, fosse la chiave del mistero… mi dispiace. I tentativi di legare i suoi livelli al deterioramento cognitivo sono falliti miseramente.

La verità, come spesso accade, era altrove. O meglio, era nascosta dentro la molecola stessa.La svolta più cinica e interessante arriva quando gli scienziati decidono di passare all’attacco. Niente approcci poetici, niente immunoterapie romantiche a colpi di infusioni endovenose degne di un film distopico.

Una pillola. Si chiama NCT-503. Una molecola piccola, nota, discreta, ma in grado di colpire esattamente quella funzione anomala della PHGDH, lasciando intatta la sua produzione di serina. Il tutto senza alterare il metabolismo, senza guerre biochimiche collaterali.

L’intelligenza artificiale ha fatto quello che gli umani non erano riusciti a fare per decenni: ha guardato una proteina da un’altra angolazione. Ha fatto reverse engineering sulla natura, come un hacker che buca la BIOS della malattia neurodegenerativa più spietata della nostra specie.Cosa ci dice tutto questo?

Che la medicina del futuro non sarà più quella degli ipotesi lineari, delle pubblicazioni peer-reviewed e delle verità consolidate da comitati. Sarà una medicina probabilistica, computazionale, sovversiva.

Dove ogni proteina sarà colpevole fino a prova contraria e l’intelligenza artificiale farà da giudice, giuria e boia. Forse, finalmente, anche da farmacista.

Il tempo in cui i ricercatori erano ciechi davanti alla biologia 4D è finito. Le macchine hanno cominciato a leggere le pieghe della vita come un libro aperto. Non hanno pietà per le nostre debolezze e illusioni.

Accedi allo Studio.