Nel mondo a trazione algoritmica del 2025, anche guidare per vivere non è più un’attività a basso contenuto tecnologico. Lyft il fratello minore e meno arrogante di Uber ha appena lanciato in un nuovo strumento AI chiamato “Earnings Assistant”. Lo scopo dichiarato è quello di aiutare gli autisti a “ottimizzare il tempo sulla strada”. In realtà, sembra più un modo per tenere gli autisti in una bolla di efficienza iper-cinetica, dove ogni minuto è una commodity e ogni curva è monitorata da un’intelligenza artificiale dal sorriso sintetico.

Praticamente un chatbot AI capace di creare piani personalizzati basati su dati in tempo reale come gli arrivi agli aeroporti o gli eventi locali. In pratica, l’autista chiede: “Ho cinque ore, inizio da qui e finisco là, cosa faccio per massimizzare il guadagno?” e l’assistente risponde con una mappa a blocchi temporali in stile Tetris esistenziale, con tanto di segnalazione delle ore “Turbo”, ovvero le fasce in cui si guadagna di più.

È la versione driver dell’agenda del trader algoritmico: il tuo tempo è una matrice, la città una scacchiera. Solo che al posto delle azioni hai i passeggeri e al posto dei dividendi c’è la mancia digitale da quattro stelle e mezza.

L’assistente non solo propone piani, ma anche promemoria e suggerimenti quando il driver è “incerto su dove andare”. L’incertezza, si sa, è nemica dell’ottimizzazione. E così anche la spontaneità viene espulsa dall’equazione: l’autista non guida più, esegue.

Non è finita qui: Lyft ha recentemente lanciato anche un “Driver Accomplishment Letter”, ovvero una lettera motivazionale auto-generata da AI, con una lista di feedback positivi da parte dei passeggeri. Una sorta di pagella di fine trimestre per chi macina chilometri, come se per guidare ci fosse bisogno di rinforzo positivo generato da un modello linguistico che imita l’entusiasmo di un coach motivazionale da TEDx.

La sensazione generale è che Lyft stia cercando di rispondere alla crescente pressione economica degli autisti con strumenti più simili a palliativi digitali che a soluzioni strutturali. L’assistente AI non aumenta le tariffe base, non offre migliori condizioni contrattuali, non mitiga l’instabilità della gig economy. Ma ti dice dove andare per spremere al massimo le prossime cinque ore. Con uno smile.

Siamo davanti all’ennesima gamification del lavoro, dove l’algoritmo è la bussola e l’AI è il compagno di viaggio che ti fa da life coach, assistente logistico e cheerleader. Ma il guadagno reale, quello vero, resta incatenato alle stesse logiche di sfruttamento 4.0. L’efficienza è diventata la nuova morale, e il capitale, come sempre, ringrazia.

Vuoi davvero ottimizzare? Forse sarebbe il caso di chiedersi chi sta ottimizzando davvero.