ikTok investirà un miliardo di euro per costruire il suo primo data center in Finlandia, a conferma di una strategia che cerca disperatamente di convincere l’Occidente che ByteDance la casa madre con sede in Cina non è un cavallo di Troia al servizio del Partito Comunista. Confermato da un portavoce dell’azienda, ma senza alcun dettaglio aggiuntivo (per non rovinare la suspense?), il progetto si inserisce nel più ampio piano da 12 miliardi di euro noto come Project Clover, una sorta di foglia di fico digitale pensata per coprire le pudenda della privacy europea.
La Finlandia non ha ancora commentato ufficialmente. Ma se guardiamo ai numeri, capiamo che Helsinki non sta aspettando il via libera morale: nel paese sono previsti oltre 20 nuovi data center per un valore totale di circa 13 miliardi di euro e una capacità stimata di 1,3 gigawatt. Non è solo una questione di freddo anche se le basse temperature aiutano a raffreddare i server senza dover costruire centrali nucleari per alimentare l’aria condizionata ma di energia green a basso costo e infrastrutture digitali che fanno gola ai giganti del tech, da Microsoft a Meta. Come ha sottolineato Brad Smith, presidente di Microsoft, “Finlandia significa energia carbon free e ottima connettività: la combo perfetta per servire tutto il continente”.
Per TikTok, questo investimento è l’ennesimo tentativo di smarcarsi da un’immagine sempre più tossica. Dopo essere stato bandito dai dispositivi di dipendenti pubblici in mezzo mondo — dal Parlamento europeo agli uffici federali americani e con il Congresso USA pronto a imporre uno shutdown definitivo a meno che gli asset USA vengano venduti, l’app si è vista costretta a fare qualcosa che assomigli a una promessa di buona condotta.
Con Project Clover, TikTok ha avviato un programma di localizzazione dei dati per gli utenti europei, affermando che saranno custoditi in un “enclave” separata, distribuita tra data center in Irlanda, Norvegia, Stati Uniti e ora Finlandia. A marzo, il data center norvegese è diventato operativo. L’obiettivo dichiarato è rassicurare Bruxelles e le capitali europee con una bella architettura tecnologica trasparente, dove però nessuno sa esattamente chi ha le chiavi.
Il problema e qui sta la parte più ironica è che nessuno crede più a niente. Le autorità europee e statunitensi continuano a nutrire sospetti di ingerenze cinesi, anche quando i dati non varcano mai i confini dell’UE. Ma in fondo è una questione di narrativa: se Meta o Google ti profilano l’anima per venderti uno spazzolino smart, è innovazione. Se lo fa un’azienda cinese, è spionaggio.
Il paradosso è che, in termini puramente tecnici, TikTok sta facendo più di molti altri per adeguarsi al GDPR e alle richieste di trasparenza. Ma l’etichetta “Made in China” pesa come un macigno, e nel contesto geopolitico attuale, non esiste firewall che possa bloccare i sospetti.
L’unica vera certezza è che l’Europa si sta trasformando nel nuovo bunker del cloud globale. In un’epoca in cui i dati valgono più del petrolio, i Paesi nordici stanno diventando l’Arabia Saudita della banda larga: energia pulita, clima favorevole e stabilità politica. TikTok, Microsoft, Meta — tutti stanno scavando il loro Eldorado digitale nel gelo del Nord. Ma dietro i petabyte e le promesse di compliance, resta la domanda che nessuno vuole davvero affrontare: chi controlla chi controlla i dati?
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