Nel silenzio ovattato dei data center di Redmond, si sta preparando un terremoto che rischia di ridisegnare l’intera mappa geopolitica dell’intelligenza artificiale. Microsoft, che già da tempo gioca su più tavoli nel casinò delle AI, avrebbe iniziato i preparativi per ospitare Grok, il modello sviluppato da xAI di Elon Musk, sulla sua piattaforma Azure AI Foundry. Non si tratta solo dell’ennesimo modello aggiunto al menù: questa mossa ha il potenziale per innescare un incidente diplomatico con un alleato strategico OpenAI e forse ridefinire per sempre gli equilibri tra i giganti dell’IA.

Satya Nadella, stratega spietato con l’eleganza di un CEO di scacchi tridimensionali, sembra intenzionato a trasformare Azure in l’hub mondiale per modelli di AI, qualunque sia la loro provenienza. La logica dietro la decisione è semplice e brutale: se non puoi produrre in casa il miglior motore, assicurati almeno che corra nel tuo circuito. Ed è proprio in questo spirito che Microsoft ha già abbracciato modelli di altri laboratori come DeepSeek, l’astro nascente cinese che ha fatto tremare la Silicon Valley con i suoi modelli ultra-economici.

Ma Grok non è un modello qualsiasi. È l’arma segreta di Elon Musk, un personaggio che nella Silicon Valley occupa un posto tutto suo: una figura mitologica tra Tony Stark e un personaggio di “Black Mirror”. Il fatto che Microsoft stia ora negoziando con xAI per ospitare Grok rappresenta un passaggio clamoroso, perché mette in luce quanto l’alleanza con OpenAI sia diventata fragile, se non già compromessa.

Musk, da parte sua, aveva già fatto capire di non voler più dipendere da Oracle per l’hosting dei suoi modelli, annullando un accordo da dieci miliardi di dollari con Larry Ellison. Ma il passaggio a Microsoft non è certo un abbraccio caloroso: è una scelta tattica. Azure offre la potenza, la scalabilità, e soprattutto la neutralità apparente di un fornitore infrastrutturale. In cambio, Musk ottiene ciò che vuole: ampia diffusione di Grok e indipendenza strategica.

Ma l’accordo potrebbe costare caro a Microsoft in termini di relazioni pubbliche interne e geopolitica aziendale. La tensione con OpenAI è ormai cronica. Altman e Nadella sono, secondo indiscrezioni del Wall Street Journal, sempre più distanti. L’assunzione di Mustafa Suleyman, cofondatore di DeepMind, è stata letta da molti come una polizza assicurativa contro eventuali fughe in avanti di OpenAI. Ma, ironicamente, i modelli sviluppati internamente dal team di Suleyman non sono riusciti finora a competere davvero con ChatGPT. E qui entra in gioco Grok, con il suo potenziale non ancora pienamente espresso ma carico di hype, narrativa e capacità tecniche da verificare sul campo.

La posizione ufficiale di Microsoft? Un silenzio glaciale. Nessun commento, nessuna conferma. Ma sappiamo che tutto questo si sta muovendo dietro le quinte e che un annuncio potrebbe arrivare già durante la conferenza Build del 19 maggio. Perfetto tempismo per una dichiarazione di guerra fredda tecnologica.

Nel frattempo, gli sviluppatori che usano Azure AI Foundry guardano con interesse crescente a questi nuovi arrivi. L’idea di poter scegliere tra modelli di OpenAI, DeepSeek, Anthropic, Google e forse Grok apre le porte a una vera app economy dell’AI, dove la differenziazione dei modelli sarà il nuovo vantaggio competitivo. In questo scenario, Microsoft non vuole solo essere uno tra tanti: vuole diventare il sistema operativo del backend di ogni agente intelligente, come dichiarato da Asha Sharma, VP della divisione AI.

Ma a quale prezzo? Se l’accordo con Musk andrà in porto, Microsoft si troverà a giocare un gioco pericoloso, tra la ricerca di egemonia infrastrutturale e il rischio di mandare all’aria la partnership con l’azienda che le ha fornito le chiavi del regno AI negli ultimi due anni.

Grok su Azure potrebbe essere una genialata strategica o un’arma a doppio taglio. Forse entrambe. Ma di sicuro, è un altro segnale che l’epoca delle alleanze stabili nel mondo dell’intelligenza artificiale è finita. Ora inizia la guerra fredda delle piattaforme