Donald Trump è tornato a far parlare di sé e stavolta con un’aura papale. Martedì, interrogato su chi vorrebbe vedere come prossimo pontefice, l’ex presidente ha risposto con la solita faccia tosta: «Mi piacerebbe essere papa. Sarebbe la mia prima scelta». Ma la boutade non è rimasta confinata al teatrino dei giornalisti. Sabato ha alzato il tiro, pubblicando un’immagine – evidentemente generata con l’intelligenza artificiale – che lo ritrae come sommo pontefice in pompa magna: bianco piviale, croce al collo e dito alzato in gesto benedicente o ammonitore, a seconda dell’interpretazione.

L’immagine, pubblicata senza alcun commento su Truth Social, Instagram e X, è rimbalzata subito sugli account ufficiali anche della Casa Bianca. Il dettaglio è surreale, considerando che Trump non è più presidente e che nessun portavoce ha fornito chiarimenti sulla scelta o sulla provenienza dell’immagine. Come spesso accade nel trumpismo, il confine tra parodia e propaganda, tra provocazione e culto della personalità, si fa volutamente indistinto. In questo caso, è l’IA a rendere ancora più spiazzante il tutto, trasformando una battuta in una narrazione visiva che richiama, neanche troppo velatamente, le immagini istituzionali della Santa Sede.

La scelta di pubblicare un simile fotomontaggio non è solo un’ulteriore tappa nel suo percorso di spettacolarizzazione della politica, ma anche una dichiarazione simbolica. Trump si appropria di un’immagine che rappresenta l’autorità spirituale più alta del pianeta e se ne riveste, in senso letterale, per comunicare una forma di superiorità morale e simbolica. La politica americana non è mai stata così vicina alla teocrazia dell’assurdo, dove l’iconografia sacra viene brandita come arma mediatica.

In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale ridisegna i confini del vero e del falso, Trump si dimostra ancora una volta maestro nell’uso del linguaggio visivo per generare attenzione, scandalo e, ovviamente, fidelizzazione. Non c’è bisogno di dichiarazioni, spiegazioni o programmi: basta un’immagine, meglio se virale, che rafforza il culto del leader. La sovrapposizione con il ruolo papale, poi, è tutto fuorché casuale. In un periodo in cui Papa Francesco si è più volte espresso contro i populismi e l’adorazione dei leader carismatici, Trump replica con un meme generato da un algoritmo, elevandosi – letteralmente – sopra la Chiesa stessa.

Ironia, farsa, o strategia? Tutte e tre. Ma soprattutto è l’ennesima dimostrazione che la campagna elettorale di Trump non si giocherà sui temi, ma sulle immagini, sulle provocazioni, sulla capacità di dominare il ciclo mediatico anche con una semplice foto artificiale. E se un giorno dovessimo trovare Trump in un affresco a fianco di San Pietro, non sarà colpa del Vaticano, ma dell’algoritmo.