Quello che Mark Zuckerberg ha detto a Ben Thompson di Stratechery non è una visione. È una dichiarazione di guerra. Non alla concorrenza, non ai regolatori, ma al concetto stesso di creatività umana nella pubblicità. Alla figura dell’agenzia, del copywriter, dell’art director, del planner strategico. Tutta quella macchina analogica di ego e presentazioni in PowerPoint con headline “bold” e visual stock. Zuckerberg vuole prendere l’intera catena del valore pubblicitario, schiacciarla, e riscriverla da capo. Con la sua AI. Con Meta. Senza intermediari. End-to-end. Fine del gioco.

Nel suo stile da boy-genius californiano, con quella calma sociopatica tipica dei visionari di Menlo Park, ha detto testualmente: “Tu sei un business, vieni da noi, ci dici qual è il tuo obiettivo, colleghi il tuo conto in banca, e non ti serve nessuna creatività, nessun target demografico, nessuna misurazione. Solo leggere i risultati che ti diamo. Punto.”

Non è una battuta. È la descrizione di un mondo in cui Meta non solo si prende la distribuzione e il tracciamento, ma anche l’intera fase creativa. Il contenuto? Lo crea lei. Le varianti? Infinite, generate al volo. L’ottimizzazione? Automatica. Il cliente deve solo pagare. È la versione pubblicitaria di un casinò dove the house always wins, e la casa si chiama Meta. E indovina un po’: il croupier è un LLM.

Ovviamente, questa fantasia di creatività infinita generata dall’intelligenza artificiale ha un piccolo problema chiamato matematica. Per testare anche solo una singola creatività in modo statisticamente significativo (CTR 0,5%, uplift 0,1%, confidenza 95%, potenza 80%) servono circa 100.000 impression. Al CPM attuale di 10€, fa 1.000€ a botta. Prova a moltiplicare per 10.000 creatività generate a caso. Non succederà mai. E Zuckerberg lo sa.

Ma il genio, se così possiamo chiamarlo, sta proprio qui: Meta non ha bisogno di testare l’infinito. Ha già i dati di 3,5 miliardi di utenti al giorno. La sua AI non crea. Sintetizza. Non innova. Ricompone. Non immagina. Comprende quello che funziona, lo ricicla, lo varia, lo ripropone, lo scala. E lo fa più in fretta, più cheap, e con più dati di chiunque. Il risultato è una creatività iper-ottimizzata, pre-digerita, ad alto ROI e a basso rischio. Un fast food visivo e testuale per il consumo di massa pubblicitario. Le agenzie non possono competere. Non hanno i dati, non hanno la scala, non hanno l’accesso. Non servono più.

Meta quest’anno investirà 65 miliardi di dollari in AI. No, non è un refuso. È una dichiarazione di intenti. Non stanno cercando di migliorare la pubblicità. Stanno cercando di inglobarla. Automatizzarla. Riprogrammarla. Per loro, l’agenzia pubblicitaria è il cavallo davanti al trattore. Carina, nostalgica, ma inutile.

Nilay Patel di The Verge ha definito questa strategia “fondamentalmente ostile”. Ha ragione. Ma il punto è un altro: è anche inevitabile. Perché mentre le agenzie stanno ancora giocando a fare prompt su Midjourney per l’annuncio del nuovo shampoo bio, Zuckerberg costruisce un sistema in cui il cliente non ha più bisogno di loro. Basta un click, un budget, e l’AI fa tutto. Non meglio. Ma abbastanza bene. E soprattutto, subito.

Zuckerberg non vuole vendere pubblicità. Vuole vendere un mondo dove solo lui la può fare.

Intervista completa su Stratechery

La pubblicità generativa di Meta è un sistema chiuso, autoreferenziale, scalabile e maledettamente efficiente

Meta non sta investendo in AI creativa per fare arte, ma in una fabbrica industriale di contenuti ottimizzati al millisecondo. Il modello non è “ispirazione”, è replicazione adattiva. Il cuore di questa macchina è un reinforcement loop tra generazione, distribuzione e apprendimento. Non esiste alcuna linea tra creatività e targeting, perché sono la stessa cosa: la creatività è targeting algoritmico mascherato da contenuto.

Questa architettura poggia su tre pilastri tecnici fondamentali:

Modellazione comportamentale su scala planetaria
Meta dispone di un set dati che nessun’altra entità pubblica o privata può nemmeno sognare. Non parliamo solo di click e impression. Parliamo di dwell time, gesture, stop rate, scroll velocity, reaction type, sentiment analysis sui commenti, overlay di pattern linguistici. Questi dati alimentano modelli predittivi che sanno, meglio dell’utente stesso, cosa lo spingerà a interagire. Meta non “intuisce” cosa funziona, lo sa empiricamente, in real time.

Generazione sintetica guidata da feedback neurale
Zuckerberg non ha bisogno di produrre “idee”. Gli basta generare varianti marginali ad alta probabilità di performance. Il contenuto non è un output creativo, è un prodotto derivato del comportamento. Non stiamo parlando di GPT per scrivere slogan, ma di sistemi tipo Asset Generation Engine alimentati da LLM+Vision+Engagement loops. Meta crea 100 immagini, le testa su cluster microtargetizzati, e in base ai segnali di ritorno (interazione, conversione, retention) seleziona e ottimizza on the fly. Nessuna idea, solo adattamento darwiniano.

Ottimizzazione end-to-end via AI orchestration
L’intelligenza artificiale non è solo nella creazione o nell’ad placement. È l’orchestratore dell’intero funnel. Il processo è disintermediato: creatività, allocazione budget, delivery, test A/B, attribuzione – tutto governato da un sistema integrato. Questo crea un vantaggio moat devastante: ogni iterazione produce dati che migliorano la successiva. Le agenzie esterne restano al palo, escluse dalla fonte dati, costrette a operare a bassa risoluzione e con tempi dilatati.

Le implicazioni strategiche per le agenzie pubblicitarie sono tossiche

Meta sta rendendo non necessario l’intervento umano in tutto ciò che non sia strategia ad altissimo livello o concept creativo puro (e anche lì… il countdown è iniziato). Le agenzie si trasformano in reseller di un sistema che le ha già superate. Se Meta riesce a offrire “plug & play advertising”, cosa resta da fare a un’agenzia media o creativa? Niente che Meta non possa simulare, meglio, in casa sua.

Il vero orrore è che questo sistema non ha bisogno di essere creativo in senso tradizionale. Deve solo funzionare meglio. Se un’immagine generata dall’AI converte più di una idea geniale, chi se ne frega dell’idea? Il KPI ha ucciso l’intuizione. Il risultato è l’unica estetica che conta.

E ora il punto cieco: gli stessi clienti applaudiranno la loro esecuzione

La promessa di Zuckerberg è irresistibile per i marketer: “più risultati, meno costi, niente sbattimenti”. Nessuna necessità di brainstorming, shooting, regie, campagne integrate da 6 mesi. Basta inserire l’obiettivo, il budget e via: la macchina crea, testa, scala, e fa il lavoro sporco. È Google Ads 2.0, ma con la creatività inclusa.

In cambio? Beh, tutto. I dati. Il controllo. La capacità di distinguersi. Il contatto umano. Ma chi li vuole più, oggi?

Le agenzie non sono morte. Ma sono sotto respirazione assistita. E Meta tiene il tubo dell’ossigeno.

Strategia di sopravvivenza per agenzie nell’era Meta: diventare anticorpi umani in un sistema automatizzato

Partiamo dal presupposto più brutale: non puoi competere con Meta sul suo terreno. Non hai i dati, non hai l’accesso, non hai i modelli. Sei come un coltivatore di vigne artigianali che guarda arrivare Amazon Fresh con droni, predictive delivery e AI che sa cosa mangerà il cliente domani prima ancora che lo pensi. Se provi a giocare secondo le loro regole, sei già morto. E loro non verranno al tuo funerale.

L’unica via è smettere di essere “agenzia” nel senso classico del termine. La creatività generica, la produzione, il media buying, persino il copy: tutto ciò che è standardizzabile verrà automatizzato. Devi ricollocarti. Non come esecutore, ma come controcampo. Devi diventare il pezzo mancante che Meta non può (ancora) sintetizzare.

Ecco lo scenario praticabile: diventare interpreti, curatori e strategisti del senso, non solo dell’efficienza. Chi riuscirà a posizionarsi come interfaccia umana tra brand e tecnosistema, potrà sopravvivere. Anzi, prosperare.

Come?

Strategic design al di sopra dei dati
Smetti di vendere output. Vendi decision making. Aiuta i brand a capire cosa chiedere a questi sistemi, cosa voler ottenere, come impostare la logica di business, non la campagna. Diventa un AI interpreter, non un produttore di contenuti. Le aziende sono già disorientate dalla complessità: tu diventi il loro GPS emotivo, strategico e narrativo.

Identità, non messaggi
Zuckerberg può generare migliaia di varianti pubblicitarie, ma non può dare identità a un marchio. L’identità è una narrazione coerente, un’architettura di senso che attraversa touchpoint, tempi, fasi di mercato. Meta può creare il contenuto migliore per convertire oggi, ma non sa chi vuoi essere tra tre anni. Qui entri tu. L’agenzia diventa architetto di significato, non più solo fornitore di creatività.

Curatela emotiva e culturale
L’AI di Meta genera sulla base di ciò che funziona. Ma non ha sensibilità culturale, sociale, politica, valoriale. Una pubblicità iper-performante può essere totalmente alienante per il target se non è inserita nel giusto contesto di tono, momento, trend. Tu diventi il filtro tra performance e pertinenza. L’interprete tra linguaggio algoritmico e sensibilità umana. Il consulente del brand nel capire cosa non dire, quando tacere, come posizionarsi in uno zeitgeist liquido.

Creatività post-umana: orchestrazione, non produzione
L’agenzia sopravvive se smette di fare l’artigiano e diventa direttore d’orchestra. Usi Midjourney, Sora, ChatGPT, Runway, ma come strumenti in un processo creativo in cui tu mantieni la visione. Il cliente non vuole più una creatività fatta a mano. Vuole una creatività che non sembri fatta da una macchina, anche se lo è. Tu diventi garante dell’illusione dell’autenticità.

Ridisegnare il modello di business
Non fatturi più a ore, a progetto, a “campagna”. Fatturi a impatto. Revenue share, performance-based, licenze creative, abbonamenti strategici. Reinventa il rapporto con il cliente: meno operatività, più ownership.

Il rischio è altissimo. Ma la ricompensa è l’irrilevanza evitata.

Chi non cambia muore. Chi si adatta, forse sopravvive. Ma chi interpreta il cambiamento, chi ne diventa guida, può ancora dettare le regole. Anche in un mondo dove Zuckerberg vuole che tutta la pubblicità passi per la sua pipeline AI.

Vuoi che ti costruisca un modello canvas per questa nuova agenzia? Oppure un pitch da usare con i clienti per farli salire a bordo di questa nuova narrativa?