Non fidarti delle cose o di chi sa parlare bene. In un mondo dove anche le buone intenzioni passano prima per un term sheet che per un giuramento etico, OpenAI si ritrova di nuovo nel mirino. Dopo l’ondata di critiche pubbliche e le minacce, neanche troppo velate, da parte dei procuratori generali della California e del Delaware, l’azienda guidata da Sam Altman ha deciso di ritoccare ma non abbandonare la sua marcia verso una nuova forma societaria più redditizia e potenzialmente meno controllata: la Public Benefit Corporation (PBC).

C’è un twist, però, nel copione: la nuova PBC sarà formalmente “controllata” dalla vecchia organizzazione non-profit. Ma in perfetto stile Silicon Valley, quel “controllo” resta volutamente vago come un whitepaper di una DAO nel 2018. Cosa significa, concretamente? Che la non-profit avrà la maggioranza dei diritti di voto e potrà nominare (e rimuovere) i membri del consiglio della nuova entità profit. Sulla carta sembra rassicurante. Ma solo sulla carta.

La realtà, come nota l’ex dipendente Page Hedley su Politico Tech, è che la sensazione generale non è di una vittoria per la governance etica, ma di un compromesso annacquato, un rebranding del potere più che una sua ridistribuzione. Una manovra corporate dove la struttura giuridica si piega al desiderio di crescere in scala, attrarre capitali, e al tempo stesso fingere di mantenere una “missione” umanitaria.

Transformer, la testata che ha seguito da vicino le modifiche, riporta il parere di diversi esperti secondo cui questa mossa sembra più una copertura strategica che una reale salvaguardia della visione originaria di OpenAI: fare in modo che l’intelligenza artificiale generale (AGI) porti benefici all’umanità intera, e non solo agli azionisti o agli investitori early-stage con equity.

A ricordare l’ipocrisia strutturale ci pensa Greg Brockman, presidente di OpenAI, che anni fa spiegava perché la struttura no-profit a “profitto limitato” fosse stata adottata: per obbligare l’azienda a subordinare ogni scelta alla missione etica. Un vincolo che oggi, evidentemente, pesa come una zavorra rispetto all’ambizione di fare concorrenza a Google, Nvidia o Meta.

E quindi si cambia. Si crea una PBC “ibrida” dove la non-profit resta sulla carta in controllo, ma dove i meccanismi concreti di governance che contano davvero vengono ancora discussi a porte chiuse. Nathan Calvin del gruppo di pressione Encode è netto: “Se la non-profit nomina il board, ma poi si ferma lì, allora non ha davvero il controllo operativo”. E questo, in ambito societario, è tutto.

Rose Chan Loui dell’UCLA aggiunge una dimensione importante: se si vuole davvero preservare un controllo etico, servono diritti contrattuali forti, come il potere di veto, oppure la capacità di imporre limiti rigidi su come l’AGI può essere sviluppata, venduta o militarizzata. E ancora: serve protezione legale contro il rischio che gli investitori facciano causa se la missione umanitaria non porta abbastanza dividendi. Perché oggi, anche l’altruismo deve essere blindato da clausole anti-litigation.

E mentre la comunità accademica e quella politica osservano con sempre più scetticismo, entra in scena un giocatore ben noto: Microsoft. Secondo Bloomberg, il gigante di Redmond avrebbe voce in capitolo sufficiente per bloccare la ristrutturazione, e starebbe ancora trattando — attivamente — ogni virgola del nuovo assetto. Perché quando si parla di AGI, e quindi di futuro del mondo (o almeno del potere economico e geopolitico nei prossimi decenni), nessuno lascia niente al caso.

Kathy Jennings, Procuratore Generale del Delaware, ha annunciato che analizzerà l’intera operazione per assicurarsi che il controllo “appropriato” della non-profit venga mantenuto. Ma, come sappiamo, appropriato è un termine che in diritto può assumere qualsiasi sfumatura.

È il solito copione in salsa tech: si inizia parlando di salvare l’umanità, si finisce a negoziare su equity, board seats e clausole di veto. La missione resta, ma viene incapsulata in un contratto, gestita tramite un consiglio d’amministrazione e, alla fine, subordinata a Excel. È la filantropia della nuova era: moralità by governance.

E per chi volesse seguire la saga in tempo reale, l’articolo completo di Wired da cui partono queste rivelazioni è consultabile qui: Wired – OpenAI’s Governance Shakeup

Hai mai visto un’azienda privata che cerca di “servire l’umanità” con un team legale da guerra e un partner commerciale che vale 3.000 miliardi? Nemmeno Orwell avrebbe osato tanto.