Sam Altman, il CEO di OpenAI, ha invitato i giornalisti del Financial Times a pranzo, probabilmente per discutere della sua visione per il futuro dell’intelligenza artificiale. Quello che non si aspettava, però, è che l’intervista si trasformasse in una sessione di kitchen-shaming senza precedenti. Sì, avete letto bene: la sua cucina, quella che avrebbe dovuto essere il rifugio culinario di un uomo che ha tutto, ma proprio tutto, dalla tecnologia al denaro, è finita sotto la lente di ingrandimento. E il risultato è tutt’altro che lodevole.
La narrazione che ne è venuta fuori, tra l’altro, è quella di un uomo che non ha idea di come utilizzare tutta la sua roba costosa. Un po’ come un bambino che riceve una bici da corsa da mille euro, ma non sa nemmeno come pedalare. E a chi non piacerebbe essere nella posizione di Altman? Che se la prenda con i suoi chef privati, il problema non cambia. Ma, ehi, parliamo di questo.
La cucina di Sam Altman è il regno del paradosso. Oggetti costosissimi che sembrano lì solo per fare scena. L’olio d’oliva? Un’acquisto decisamente sopra il prezzo di mercato, ma utilizzato male. Dopotutto, se lo metti sopra una bistecca già cotta, c’è ben poco da fare. È come avere un supercomputer per fare calcoli elementari, sarebbe un vero spreco. E il caffè? Un’altra storia interessante. Sembra che Altman si affidi a una macchina da caffè che, guarda caso, ChatGPT stesso raccomanda, ma che, evidentemente, non è proprio la scelta ideale per un uomo che ha fondato una delle startup più innovative del secolo. La macchina, tra l’altro, è quella che ogni geek del caffè sa essere un acquisto che non vale mai il prezzo richiesto. Un po’ come comprare un Mac per scrivere codice, quando un PC fa lo stesso lavoro senza far lievitare il portafoglio.
Ora, non fraintendetemi. Non sto cercando di criticare Altman personalmente, anche se ammetto che c’è qualcosa di divertente nell’idea di un uomo che guida un impero tecnologico con la stessa abilità con cui un neofita affronta una ricetta di lasagne. La vera domanda che si pone, piuttosto, è: che ci fai con tutta questa tecnologia quando non hai idea di come usarla nel quotidiano?
Certo, possiamo parlare dell’utilizzo di ingredienti esotici e di attrezzature all’avanguardia come simbolo del successo e dello status sociale. Ma il problema è che, nella cucina come nel mondo della tecnologia, non conta quanto puoi permetterti di spendere. Quello che conta davvero è come usi ciò che hai a disposizione. E nel caso di Altman, sembra che, purtroppo, il “come” non sia stato ben curato.
In ogni caso, probabilmente non c’è bisogno che ci preoccupiamo troppo per il nostro caro Sam. La sua cucina potrebbe essere disorganizzata, ma è anche il riflesso di una realtà molto più grande: la gente con un talento speciale per l’innovazione raramente si preoccupa di avere un piano dettagliato per qualcosa di… meno brillante, come il preparare il pranzo. Dopotutto, non è che chi fa successo nel campo dell’intelligenza artificiale sia poi un maestro nella cucina tradizionale.
Ma la domanda più interessante è questa: che tipo di cucina avrà Mark Zuckerberg?