
La chiamano “next-gen”. Lo scrivono ovunque. Lo dicono con voce ispirata nelle presentazioni digitali in stile Steve Jobs redivivo in salsa Cantonese. Ma dietro il sipario OLED e la pioggia di parole chiave AI, chip proprietario, guida autonoma L4 c’è una realtà molto più interessante di quanto sembri. No, non si tratta di un clone della Tesla Model 3. E nemmeno del solito “wannabe” elettrico partorito per inseguire la bolla ESG. La nuova XPeng P7 è una dichiarazione di guerra tecnologica. Con il silenziatore, ma ben oliato.
XPeng ha messo il turbo al proprio giocattolo di punta, il P7, infilandoci dentro una cosa che fa tremare Nvidia e, potenzialmente, Elon Musk: un chip proprietario, il Turing. Nome evocativo, potenza tripla rispetto all’ormai “vecchio” Drive Orin X, e soprattutto: made in-house. Questo non è solo un passo avanti tecnico. È un middle finger ben confezionato verso la dipendenza dalle architetture di terzi. È un messaggio chiaro: “non solo possiamo farlo, ma possiamo farlo meglio, da soli”. E in Cina, questa è la vera AI Revolution.
Il CEO He Xiaopeng lo dice chiaro: “la nuova P7 è la nostra risposta all’era dell’AI”. Ma attenzione, perché qui la parola “AI” non è fuffa da marketing. Il chip Turing punta al livello 4 di guida autonoma. Significa: occhi chiusi, mani libere, ma solo in aree designate. Il governo cinese frena ancora nessuna autorizzazione per L3+ sulle strade pubbliche ma nel frattempo Xpeng si prepara a essere il primo pronto quando il semaforo diventerà verde. Chi arriva secondo, nel deep tech automobilistico cinese, è già fuori.

L’auto esce quest’estate, prezzo di partenza intorno ai 300.000 yuan (poco più di 41.000 dollari), che la posiziona strategicamente tra la Model 3 (235.500 yuan) e l’enfant prodige Xiaomi SU7 (215.900 yuan). Ma il vero punto non è il prezzo. È la narrazione. La nuova P7+ non è solo un mezzo connesso. È un avatar stradale. E la guerra che sta combattendo non è contro Tesla troppo facile, troppo logora ma contro il prossimo ecosistema smart mobilità made in China, dove Xiaomi è già entrata a gamba tesa.
E infatti, Xpeng lancia l’Eagle Eye, il nuovo sistema di guida assistita basato su telecamere, e migliora la raccolta dati in tempo reale. La differenza? L’auto non interpreta la strada. La vede. E la vede con occhi cinesi, progettati, fabbricati e addestrati da ingegneri cinesi, in ambienti cinesi, su dataset cinesi. Questo è il vero gioco geopolitico: la sovranità digitale su strada. Altro che batteria più grande o accelerazione 0-100.
E se vi state chiedendo “ma in Europa quando?”: la risposta è nelle manovre di XPeng su Hong Kong e Sud-Est asiatico. Modelli a guida a destra già in produzione. Navigazione autonoma pilotata testata sul campo. Obiettivo: 2026, roll-out globale. Ma la Cina non aspetta il mondo. Lo progetta. E nel frattempo, lo guida.
Tutto ciò sarebbe solo fumo se il P7 non fosse anche un oggetto del desiderio. Coupé 5 posti, silhouette aggressiva, linee da astronave per millennials con il portafoglio benedetto da WeChat Pay. E dietro, un sentiment che odora di culto. Come se XPeng volesse diventare la Apple delle EV. E forse ci riuscirà, se continua a parlare di AI non come buzzword, ma come sistema operativo del mondo reale.
Curiosità da bar, tanto per far scorrere il feed: il chip Turing ha lo stesso nome del matematico che ha rotto Enigma nella Seconda Guerra Mondiale. XPeng sta cercando di fare lo stesso con il mercato EV: decifrare i codici di Tesla, rompere l’algoritmo di Nvidia, hackerare il futuro dell’autonomia. Con un chip. Con una visione. E con una macchina che non è più una macchina.
Chi si ostina a paragonare XPeng a Tesla sbaglia prospettiva. Non è una copia. È un sistema completamente nuovo, nato in un contesto dove AI, guida autonoma e infrastruttura sono progettati come un’unica sinfonia orchestrale. In Occidente, l’auto resta una somma di componenti. In Cina, diventa un’interfaccia. L’auto non ti porta da A a B. Ti collega al cloud. Ti integra con il sistema operativo della città. Ti anticipa i desideri prima che tu li articoli.
Ma attenzione, perché tutto questo ha un prezzo che non è solo in yuan. C’è l’illusione che un chip da solo basti a cambiare il gioco. C’è il rischio che il salto al L4 venga strozzato da una regolamentazione paranoide. E c’è soprattutto la domanda che nessuno pone: siamo sicuri che vogliamo davvero una macchina che pensa per noi? Che ci guida dove “vuole” in nome della nostra sicurezza?
Nel frattempo, XPeng corre. Xiaomi insegue. Tesla osserva. E il mercato occidentale, come spesso accade, commenta su LinkedIn, applaude, e intanto continua a guidare auto del 2019.
Questa non è la guerra dei veicoli elettrici. È la guerra delle intelligenze. Con le ruote. E la P7+, per ora, sembra avere il motore giusto per partire per prima.