È ormai chiaro come l’Europa abbia mancato anche l’appuntamento con la rivoluzione dell’intelligenza artificiale. Adesso rischia di perdere anche il prossimo treno perchè l’innovazione nel vecchio continente continua ad essere soffocata da norme, frammentazione e una buona dose di miopia strategica.
Un’analisi impietosa, condivisa da Mario Draghi che, in occasione del XVIII summit sull’innovazione di Cotec Europa, a Bruxelles, ha sottolineato come la rivoluzione del cloud e dell’AI abbia ormai preso piede mentre l’Europa, dal canto suo, ne è rimasta fuori.
La diagnosi è chiara: troppe norme, troppo frammentate, troppo poco coraggio nel cambiare. E nel frattempo, mentre la Silicon Valley macinava modelli generativi e la Cina investiva miliardi su AI e chip, l’Europa si perdeva nel labirinto normativo delle buone intenzioni, bloccando le proprie startup con regole pensate (forse) per frenare i giganti d’Oltreoceano.
“Abbiamo permesso che la regolamentazione crescesse di pari passo con l’espansione dei servizi digitali, senza considerare l’effetto sulle piccole imprese tecnologiche europee”.
“Ci troviamo di fronte a un quadro normativo eccessivo e frammentato”.
MARIO DRAGHI
270 regolatori, zero visione comune
È forse la frase che meglio fotografa il paradosso europeo: oltre 270 autorità di regolamentazione attive nel settore digitale, ciascuna con le proprie interpretazioni, priorità e velocità di reazione. Un mercato che si definisce “unico”, ma nei fatti si presenta come una costellazione di micro-regimi normativi, dove è impossibile scalare in modo competitivo.
La conseguenza è sotto gli occhi di tutti: le startup tecnologiche europee non riescono a raggiungere la massa critica necessaria per imporsi, e il continente continua a rincorrere le innovazioni nate altrove. Le sue politiche di concorrenza, concepite per un’altra epoca industriale, si sono rivelate completamente inadeguate alla trasformazione digitale in atto.
“L’innovazione avrebbe dovuto svolgere un ruolo maggiore nelle decisioni in materia di concorrenza. Invece ci siamo limitati a proteggere lo status quo, ostacolando il nuovo”.
MARIO DRAGHI
Un’Europa innovativa? Serve un cambio di rotta radicale
Le parole di Draghi, non le prime in realtà sulla necessità di dare una scossa, devono essere prese per quello che sono: un appello a ripensare tutto. Dalla governance del digitale alla politica industriale, dal mercato unico alla visione strategica sulla tecnologia. Perché senza infrastrutture comuni, senza interoperabilità normativa, senza fiducia nelle proprie capacità di innovare, l’Europa resterà per sempre il posto delle buone intenzioni e un mercato per le innovazioni altrui.
L’intelligenza artificiale oggi rappresenta il motore della competitività futura. Chi la guida, guida il mondo. Chi la subisce, ne paga il prezzo in termini di occupazione, sovranità tecnologica e crescita economica.
L’Europa non può più permettersi di restare a guardare. Serve una politica del digitale che non sia solo regolamentazione, ma sia soprattutto visione, investimento, semplificazione, integrazione. Serve un’Europa capace di dire “noi ci siamo” nella corsa globale all’innovazione perché, dovremmo capirlo prima o poi, un’eccessiva regolamentazione appesantisce la crescita, blocca gli investimenti, ritarda l’innovazione e rallenta la crescita economica.