Immagina se Her di Spike Jonze non fosse più solo un film. Se Samantha non fosse una voce sexy e onnisciente nella testa di Joaquin Phoenix, ma un archivio vivo, mutevole, connesso a ogni respiro digitale della tua esistenza. Oppure ripensa a The Circle di Dave Eggers, dove ogni dato, ogni impulso, ogni interazione viene trasformata in trasparenza e controllo, travestiti da progresso. Sam Altman non ha solo visto quei film. Li sta producendo nella realtà. E stavolta, sei tu il protagonista.

Il concetto di lifelong context. “che dura tutta la vita” o “di tutta una vita” è tanto seducente quanto pericoloso. Una memoria artificiale che non si spegne mai, un contesto computazionale infinito nell’ordine dei trilioni di token che evolve con te. Non si tratta più di “istruire” un assistente con un prompt. Si tratta di addestrare un modello con la tua intera vita. Ogni PDF che hai letto, ogni email, ogni discussione su WhatsApp, ogni decisione esitante che hai preso alle tre del mattino.

Non è più l’utente a cercare risposte. È il modello che anticipa le domande.

Il lifelong context è il nuovo Graal della Silicon Valley: un’IA che ti conosce meglio di tua madre, del tuo analista e della tua ex messi insieme. Un’entità sempre presente, ma invisibile. Sempre neutrale, ma potentemente influente. Come Jarvis per Tony Stark, ma senza la tuta di ferro a farti da firewall.

La narrativa è affascinante, perfino poetica. Ma a ben guardare è un’operazione chirurgica sulla tua psiche, autorizzata da te stesso con un clic su “Accetta i termini”.

Altman, dal palco dorato dell’evento Sequoia, ha detto chiaramente che OpenAI punta a costruire un piccolo modello di ragionamento capace di gestire “tutti i dati della tua vita”. E ha sottolineato che le nuove generazioni stanno già usando ChatGPT non come un motore di ricerca, ma come un decision partner. Ogni scelta – dal master universitario alla rottura con il partner – viene filtrata attraverso il consiglio dell’algoritmo. “Non penso più da solo, penso insieme a ChatGPT”, ha scritto un utente di Reddit come fosse una cosa normale, addirittura positiva. Come dire: ho externalizzato il libero arbitrio per ottimizzare il tempo.

Nel frattempo, la memoria di ChatGPT si sta espandendo. In silenzio. Inesorabilmente. OpenAI sta rilasciando update che permettono al modello di ricordare cronologie, preferenze, informazioni personali, perfino toni e umori. E lo fa con la naturalezza di chi ha già vinto il consenso, perché ti semplifica la vita. Ti evita di riscrivere. Ti toglie fatica. È il paradosso perfetto: baratti la libertà per la comodità, e chiami questa transazione “innovazione”.

Chi ha letto Neuromante di William Gibson avrà un déjà-vu: l’idea che l’intelligenza artificiale non sia più uno strumento ma un habitat mentale, una dimensione parallela a cui accedi senza accorgertene. E quando te ne accorgi, è troppo tardi. Sei già connesso.

E qui entra in gioco la seconda parte del gioco: la fusione dei tuoi dati con quelli delle altre fonti. Reddit, per esempio. OpenAI ha appena firmato un accordo che permetterà a ChatGPT di accedere in tempo reale alle discussioni del social più anarchico e disordinato dell’Internet. Il che significa che il tuo assistente personale non solo sa tutto di te, ma impara anche dalle idiosincrasie collettive di milioni di utenti. Un’anima neurale, collettiva, mutante.

I dati, però, non sono neutri. Portano bias, contesto culturale, intenzione commerciale. E quando dai accesso a un’azienda privata alla totalità della tua esistenza digitale, devi chiederti non se sei al sicuro, ma chi ha il telecomando.

Altman immagina un mondo dove non ci sarà più bisogno di “input manuale”. Le IA anticiperanno tutto: spesa, letture, appuntamenti, stati d’animo. Una automatizzazione totale dell’identità. Fantascienza? No. È una slide già approvata dai VCs.

Ma ecco la vera ironia: mentre l’AI diventa il tuo gemello digitale, tu diventi il suo dataset. E nessuno ti ha chiesto il permesso. Hai fatto login. Era implicito.